E se il metaverso diventasse un enorme cimitero virtuale?
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Futurismi Lun 08 agosto 2022

E se il metaverso diventasse un enorme cimitero virtuale?

Continuiamo a immaginare il metaverso come il prossimo luogo d’incontro virtuale, in cui riproporre le dinamiche d’interazione. E se il metaverso diventasse un enorme cimitero virtuale?
Marco Morello
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Marco Morello

Il futuro del metaverso

Continuiamo a immaginare il metaverso come il prossimo luogo d’incontro virtuale, in cui riproporre le dinamiche d’interazione del mondo reale. Proprio per questa ragione ne comprendiamo a fatica il senso, l’opportunità. E se stessimo sbagliando prospettiva, o quella visione fosse parziale, un tassello di un insieme più complesso? Il metaverso potrebbe essere altro: il social network dell’impossibile. Non un ponte tra la vita quotidiana e quella di bit, ma tra questa e la prossima. Un aldilà progettato al computer, artificiale, credibile perché sospinto dall’onda dell’emotività.

I cimiteri rimangono luoghi arcaici, quieti, di confronto forzato con la morte. Residenze di preghiere, rimpianti e nostalgie. Sono immutabili, reazionari, l’antitesi del dinamismo. Qualcuno sta pensando non di soppiantarli – sarebbe una superba blasfemia – ma di replicarli in universi di bit, arricchendoli con il requisito dell’interattività. Un modo per «aumentare» il ricordo, dargli un linguaggio, conferirgli una duttilità espressiva. Provvedere a una resurrezione del caro estinto con il respiro di una finzione: una metempsicosi nella forma posticcia di un avatar. La piattaforma Somnium Space lavora a una promessa altisonante: «Live forever». Una pretesa d’immortalità. Da foto, video, messaggi audio, intende ricavare le informazioni essenziali di un soggetto, affinché l’intelligenza artificiale sappia trasformarle in una reincarnazione intangibile, da incontrare anche dopo il suo decesso tramite smartphone, computer, con un visore per la realtà aumentata sul naso.

Viene da storcerlo, il naso, pensando alle derive alla Black Mirror, ma è vero altresì che la morte scava baratri, produce scompensi, spinge a dialoghi e confessioni lanciate a un’immagine su una lapide. Ottenere una risposta da chi non c’è più, per giunta con il suo lessico, la sua gestualità, potrebbe essere, per tanti, una consolazione inaspettata. Di certo, un propulsore per il metaverso o il battesimo di una sua nicchia comunque logica.

Le avanguardie non mancano, condividono l’obiettivo di associare una scintilla d’esperienza alla morte altrui. O, finanche, consentono di premunirsi in vista della propria, lasciando in eredità ai familiari una prosecuzione di sé, buona per quando il tempo sarà scaduto. Ecco che «Marble town», la città di marmo (si poteva forse trovare un nome meno triste), mette in vendita lapidi, tombe, cripte, mausolei e monumenti digitali, ciascuno in edizione limitata. Si pagano in criptovalute, oscillano tra poche centinaia e varie migliaia di euro, sono a misura di tutte le tasche, dagli ego modesti fino agli spropositati, come nei cimiteri reali.

Popoleranno un metaverso aperto al pubblico, visitabile a partire dall’autunno del 2023, ricco di sfingi votive, cappelle intarsiate e altre esosità. La start-up Remember, considerata la capostipite del genere, ha fatto le cose in maniera più raffinata. Ha creato migliaia di opere-tomba affidandone il design a un gruppo di artisti, optando per tratti estetici in comune che però mantengono l’originalità, l’unicità di ognuna creazione. Poi le ha numerate, gli ha associato un Nft, un certificato di proprietà digitale, le ha messe in vendita. Una porzione è stata acquistata, altre si possono ancora comprare a tariffe che partono da poche decine di euro. È l’anticamera di un business, mentre quello delle onoranze funebri resta preistoria.

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