Poltronificio Draghi, quanto ci sono costati i suoi 719 consulenti
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ApprofondimentiGoverno Mar 20 settembre 2022

Poltronificio Draghi, quanto ci sono costati i 719 consulenti del governo

Un bel pacchetto di nomine, tra le 700 e le 800 poltrone da distribuire prima ancora di scendere in campo. Il costo del governo Draghi Poltronificio Draghi, quanto ci sono costati i 719 consulenti del governo
Antonio Satta
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Antonio Satta

Il costo delle nomine del governo Draghi

Un bel pacchetto di nomine, tra le 700 e le 800 poltrone da distribuire prima ancora di scendere in campo e cominciare la partita. Già la formazione stessa di un governo è il primo grande nominificio, che non riguarda solo gli scranni più importanti (presidente del Consiglio, ministri, viceministri e sottosegretari) ma la pletora di incarichi ad essi collegati, dai capi di gabinetto, ai responsabili dei vari uffici di diretta collaborazione, dai portavoce ai portaborse passando per un numero molto variabili di esperti di fiducia.

Il primo governo Conte, che aprì la legislatura appena conclusa, mobilitò in tutto 759 persone, leggermente più parco il secondo esecutivo guidato dall’Avvocato del popolo, solo 711 poltrone e poltroncine, una via di mezzo tra i due l’esecutivo Draghi, ancora in carica per gli affari correnti (719 nomine divise tra 1 premier, 23 ministri, 6 viceministri, 23 sottosegretari e 654 tra collaboratori, consiglieri, esperti e consulenti), in tutto 2.188 caselle occupate nell’arco di una legislatura e solo per far partire la macchina governativa, che poi di nomine ne produce molte, ma molte di più.

I magistrati nominati

A fare questi conti è stato il Gruppo Comar, società di consulenza nella comunicazione strategica e nelle analisi di mercato, guidata da Massimo Rossi. Comar da anni tiene il conto di tutte le nomine che spettano ai vari governi, ma per la prima volta ha voluto mettere sotto il riflettore il governo stesso e il quadro che emerge, restando all’esecutivo guidato da Mario Draghi, è che, per esempio, delle 719 persone che lo hanno composto ai vari livelli, le donne sono 279, ossia il 38,7 per cento, ma se nel conto si considerano solo le cariche politiche la percentuale sale al 43 per cento, le donne sono infatti 28 tra ministri, viceministri e sottosegretari. Una parte degli esperti e consiglieri hanno svolto il mandato a titolo gratuito (sono 104, ma tra loro c’è anche il premier, che ha rinunciato agli emolumenti spettanti per la carica). Dei restanti 615, 311 hanno percepito un emolumento eguale o inferiore ai 35.000 euro annui lordi).

Uscendo dalla ricerca e andando a compulsare le tabelle che, in omaggio ai principi di trasparenza, la Presidenza del Consiglio e i ministeri pubblicano on line, si può notare che le retribuzioni più alte, talvolta maggiori di quelle dei ministri stessi, quasi sempre vanno ai capi di gabinetto o ai responsabili degli uffici legislativi, visto che la scelta casca per lo più tra componenti del Consiglio o dell’Avvocatura di Stato o della Corte dei conti, che continuano a percepire l’indennità proprie del loro incarico. Draghi, per esempio, ha voluto come Capo di Gabinetto Antonio Funiciello, come Capo dell’Ufficio legislativo Carlo Deodato, e ha confermato come Segretario Generale Roberto Chieppa, tutti e tre consiglieri di Stato con una lunga esperienza nei ruoli governativi.

I ruoli chiave

Nello stesso modo si sono comportati quasi tutti gli altri ministri e sottosegretari, ma se sui ruoli tecnici chiave il ricorso ai grand commis de l’État sembra la scelta obbligata, nell’individuare consiglieri ed esperti la fantasia di molti ministri e sottosegretari si è liberata. Basta vedere il caso del titolare degli Esteri, Luigi Di Maio, che, fra i dieci collaboratori esterni alla Pubblica amministrazione che si è scelto, ha affidato a Pietro Dettori le «relazioni con le forze politiche inerenti le attività istituzionali del Ministero» (100 mila euro lordi l’anno), anche se il mestiere di Dettori è sempre stato un altro. Era, insieme a Rocco Casalino, uno dei comunicatori che la Casaleggio e associati aveva messo in campo per la campagna elettorale M5S del 2018 (di cui fu uno dei coordinatori) per poi sbarcare con Di Maio a Palazzo Chigi come responsabile della comunicazione del vicepresidente del Consiglio.

Da un settore all’altro

Più singolare ancora la nomina di Serena Angiola Di Nitto a «Consigliere del Ministro per i rapporti con le Aziende», visto che fino alla sua nomina si è occupata sì di «attività lavorative» ma quelle dei reclusi nelle carceri romane, in quanto funzionaria dell’amministrazione penitenziaria (infatti al ministero la Di Nitto guadagna solo 11.580 euro di indennità perché lo stipendio continua a erogarlo un altro dicastero, quello della Giustizia). Anche Teodoro Maria Fulgione, a occhio e croce, gioca un po’ fuori casa, visto che è Consigliere di Di Maio per la «valorizzazione del patrimonio culturale italiano all’estero» (80 mila euro lordi l’anno), ma la sua esperienza pregressa è di cronista parlamentare dell’Ansa, anche se in aspettativa dal 2016, anno in cui divenne portavoce di Virginia Raggi al Comune di Roma.

Lo staff Di Maio

Nello staff di Di Maio, che ha altri tre collaboratori per i rapporti con i media (per complessivi 240 mila euro lordi all’anno) il ruolo di Capo della segreteria è andato a Cristina Belotti (100 mila euro lordi l’anno), anche lei ex Casaleggio e coordinatrice del tour elettorale di Di Maio nel 2018, mentre «Consigliere del Ministro per le relazioni esterne in ambito nazionale» è Dario De Falco (80 mila euro lordi) che di quel tour era stato il tesoriere. In conclusione, per l’intero staff esterno del ministro degli Esteri, il costo annuale lordo è di circa 700 mila euro, quasi il doppio di quanto spendeva il precedente ministro Enzo Moavero Milanesi.

Di Maio, però, non è l’unico ad aver largheggiato nella scelta dello staff, la sottosegretaria al Sud e alle Politiche di coesione, Dalila Nesci, altra 5 Stelle passata a Insieme per il futuro – Impegno civico, ha una squadra di 16 persone, tre in più del suo ministro, Mara Carfagna. Più numeroso ancora lo staff di Maria Stella Gelmini, ministro per gli Affari regionali e le Autonomie (24 persone), che in squadra ha anche parlamentari in carica di Forza Italia, come Ugo Cappellacci (ex governatore della Sardegna), Roberto Novelli, Claudia Porchietto, o appena usciti dal gruppo come Annalisa Baroni (tutti e quattro, comunque, a titolo gratuito) e sempre fra i dipendenti del gruppo di Forza Italia (è tra l’altro responsabile per la Basilicata dei club Forza Silvio) la Gelmini ha scelto il Vice Capo di Gabinetto, Domenico Rosario Paternoster (85 mila euro lordi).

Come riciclare un ex parlamentare

Si affidano a parlamentari (in carica o ex) per i propri staff o per i gruppi di esperti anche ministri di sinistra come Roberto Speranza, che al ministero della Salute ha chiamato con sé Alfredo D’Attorre (consigliere per le questioni relative all’etica e alla bioetica, 36 mila euro lordi anno) che era con lui nella segreteria di Articolo 1, o Sandra Zampa, già parlamentare Pd e portavoce di Romano Prodi ora consigliere «in materia di comunicazione con particolare riguardo alle attività di pianificazione più significative, nonché delle relazioni internazionali e istituzionali di competenza del Ministero della salute» (48 mila euro lordi l’anno), mentre Andrea Orlando, ministro del Lavoro, ha affidato la «cura dei rapporti con il Parlamento, monitoraggio e l’analisi del Programma di Governo» al senatore Pd ed ex sottosegretario all’Editoria Andrea Martella (72 mila euro l’anno), mentre il suo predecessore Cesare Damiano si occupa di «materie giuslavoristiche e previdenziali» (a titolo gratuito).

Stessa linea hanno seguito anche altre ministri e sottosegretari della Lega, come Massimo Garavaglia che come esperti al ministero del Turismo ha voluto Manuela Di Centa, dirigente Coni e super-campionessa di sci con sette medaglie olimpiche nello sci di fondo, ma anche ex deputata di Forza Italia, che al ministero si occupa di valorizzazione e promozione del turismo sportivo e montano (70 mila euro lordi l’anno), mentre l’ex deputato leghista Nunziante Consiglio, già presidente delle Tramvie elettriche bergamasche è consigliere di Garavaglia per «gli affari parlamentari» (25 mila euro lordi l’anno). Un’altra ministra leghista, come Erika Stefani (Disabilità), nel suo pool di esperti ha voluto Marco Bussetti, ex ministro dell’Istruzione ai tempi del Conte I, nonché dirigente dell’ufficio scolastico territoriale di Milano (essendo in aspettativa retribuita per lui solo 15 mila euro lordi di indennità aggiuntiva).

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