La maggioranza è già a rischio, in Senato si teme lo sgambetto
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GovernoPrimo piano Mer 02 novembre 2022

La maggioranza è già a rischio, in Senato il governo teme lo sgambetto

A Palazzo Madama la maggioranza necessaria per non finire sotto è di 104 senatori sui 200 eletti e i 6 a vita, il centrodestra ne conta 115. La maggioranza è già a rischio, in Senato il governo teme lo sgambetto
Riccardo Pelliccetti
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Riccardo Pelliccetti

Riccardo Pelliccetti, triestino, è stato caporedattore e inviato speciale per 20 anni de Il Giornale, dopo aver lavorato per diversi quotidiani, periodici e riviste web, occupandosi di politica estera e difesa. Ma è tornato alla sua passione: l’economia. Ha pubblicato i libri “La via dell’esodo” (1997), “I nostri marò” (2013) e “Le verità negate” (2020).

I numeri in Senato del governo Meloni

Il capitolo formazione della squadra di governo è chiuso, nonostante qualche mugugno sulle decisioni definitive della premier Giorgia Meloni. E così, dopo i ministri, altri 39 esponenti della coalizione di centrodestra sono entrati a far parte dell’esecutivo come vice ministri e sottosegretari. «Non ho mai temuto davvero di non riuscire a fare un governo anche se ho preso in considerazione l’ipotesi di presentarmi in Parlamento senza un accordo preventivo con tutti gli alleati, quando alcune proposte mi sono sembrate irricevibili», ha confessato Meloni a Bruno Vespa.

Alla fine ha trovato la sintesi, ma non pochi osservatori della politica rilevano che, per quanto il potere sia un potente collante, le spine nel fianco del neo nato governo non sono del tutto rimosse. Possono diventare dolorose nel cammino del centrodestra e della sua leader? Potenzialmente sì perché non sono poche, ma Giorgia Meloni sembra esserne consapevole e con ogni probabilità avrà già studiato come superare gli eventuali ostacoli.

I numeri in Senato

Il primo, più vistoso, è la decisione, magari dettata dalla necessità di avere persone preparate ma soprattutto affidabili, di nominare nove ministri e dieci sottosegretari che sono senatori. A Palazzo Madama la maggioranza necessaria per non finire sotto è di 104 senatori sui 200 eletti e i 6 a vita, il centrodestra ne conta 115. Se 19 sono al governo significa che puoi fare affidamento su 96 parlamentari. È vero che dei sei senatori a vita ne è presente solitamente soltanto uno, Mario Monti, e che quindi una maggioranza di 101 sarebbe sufficiente, ma non c’è. È altrettanto vero che in caso di emergenza i membri del governo possono votare, garantendo così i numeri necessari.

Ma bisogna tener conto delle eventuali missioni che potrebbero tenerli lontano dal Senato, dalle fisiologiche assenze anche dei normali senatori (queste però riguarderebbero anche le opposizioni). Insomma, Palazzo Madama potrebbe essere il posto dove il governo potrebbe inciampare se sottovaluta questo nuovo scenario e soprattutto se le opposizioni trovassero un accordo per organizzare agguati sui singoli provvedimenti. E poi c’è la questione delle Commissioni, per le quali entro la prossima settimana dovranno essere scelti i presidenti. L’asticella dei voti disponibili, quindi, potrebbe essere sempre sul punto di abbassarsi, con gravi conseguenze se il governo dovesse allentare la guardia.

Insomma, potrebbe essere una legislatura col brivido, a meno che Giorgia Meloni non abbia già in mano le carte da giocare. Quali? Non vi sono notizie o certezze, ma i boatos si susseguono da giorni. A fare l’eventuale stampella al governo potrebbe essere proprio il Terzo Polo. Matteo Renzi e il suo gruppo, durante il dibattito sulla fiducia al Senato, avevano fatto notevoli aperture sia sul tema riforme costituzionali sia su quello della modifica al reddito di cittadinanza. Ma non solo. Renzi aveva anche apostrofato sarcasticamente le altre opposizioni, in primo luogo il Pd. Difficile quindi che la minoranza al Senato trovi compattezza per fare sgambetti al governo, se qualche accordo ci sarà, riguarderà solo Pd e 5 Stelle che potrebbero trovare convergenze su qualche tema.

Escluso, almeno in questa prima fase della legislatura, che i centristi di Carlo Calenda e Matteo Renzi possano ammiccare a sinistra. D’altronde, non bisogna dimenticare che per le elezioni di vicepresidenti e questori delle Camere i partiti di Enrico Letta e Giuseppe Conte si sono pappati tutto quello che era disponibile per le opposizioni, lasciando all’asciutto il Terzo Polo. E poi chi non ricorda l’elezione di Ignazio La Russa a presidente del Senato? L’esponente di FdI fu eletto senza l’appoggio di Forza Italia, i cui senatori parevano essenziali, raccogliendo ben 19 voti in più. Chi sono? Non si sa, ma non è escluso che Meloni sappia che su alcuni di questi potrebbe contare ancora.

Il malcontento di Fi

D’altra parte, nonostante i proclami di lealtà e collaborazione da parte di Silvio Berlusconi e dei suoi, è sotto gli occhi di tutti la lacerazione del partito creato dal Cavaliere. Le due anime continuano a darsi battaglia, e le recenti nomine di sottogoverno non hanno pienamente soddisfatto Berlusconi né tantomeno l’ala ronzulliana. Ed è anche da queste diatribe che il governo dovrebbe stare in guardia.

Una resa dei conti tra gli azzurri, a cui si aggiungono i risentimenti per le richieste non esaudite nelle nomine al governo, potrebbe far esplodere Forza Italia. Ma su questo la leader di FdI ha già le contromisure: i centristi della maggioranza, grazie a Meloni, hanno potuto costituire un gruppo parlamentare, pronto a raccogliere eventuali transfughi.

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