Riforma fiscale, entro tre anni flat tax per tutti
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AperturaGoverno Ven 10 marzo 2023

Riforma fiscale, entro tre anni flat tax per tutti e svolta sul federalismo

La prossima settimana il consiglio dei ministri sarà chiamato a dare il via alla riforma fiscale: in tre anni flat tax per tutti Riforma fiscale, entro tre anni flat tax per tutti e svolta sul federalismo MAURIZIO LEO VICEMINISTRO MEF
Claudio Antonelli
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Claudio Antonelli

Riforma fiscale, testo verso il cdm

La prossima settimana il consiglio dei ministri sarà chiamato a dare il via alla riforma fiscale redatta dal vice ministro Maurizio Leo. Come tutte le leggi delega prevede dopo il parto governativo un passaggio alle camere e poi un percorso di almeno due anni che servirà per mettere a terra i decreti attuativi. L’obiettivo nel breve periodo è individuare tre scaglioni e aliquote più basse per l’Irpef e a regime, quindi da gennaio 2026, la flat tax vera per tutte le partite Iva e per i lavoratori dipendenti quella incrementale. Per capirsi lo stesso schema adesso concesso agli autonomi che fatturano meno di 65.000 euro e versano di Irpef il 15%.

La bozza

A fronte delle sforbiciate ci sarà anche la tosatura delle oltre 600 voci di tax expenditures. Sono le detrazioni e deduzioni che oggi valgono 165 miliardi di minori imposte. A oggi il testo non prevede né la percentuale di aliquota secca né il dato esatto del taglio delle agevolazioni fiscali. Si limita specificare che ci saranno delle forfettizzazioni per scaglioni di reddito. Ovviamente è corretto così. I dettagli saranno frutto del lavoro successivo, lo stesso che dovrà unire i puntini dell’altro pilastro della riforma. La delega mette nero su bianco anche la volontà di attuare il federalismo fiscale.

Come? Accelerando il processo di autonomia finanziaria delle Regioni a statuto ordinario. I trasferimenti statali saranno sostituiti dalla compartecipazione diretta al gettito Irpef e a quello Iva secondo il cosiddetto principio di territorialità. Si andrà a tracciare il luogo in cui avviene la cessione dell’imposta. Nello stesso tempo saranno riorganizzati i tributi regionali e sarà consentita anche la possibilità di introdurre con leggi locali l’accertamento esecutivo e la definizione agevolata. È chiaro che una volta messo mano a quelli regionali, il Parlamento potrà garantire ai Comuni e alle Città metropolitane di gestire in autonomia la definizione agevolata delle rispettive entrate. Dalla compensazione dei tributi locali sino alla gestione dell’Imu a livello territoriale.

Linea di governo

Ovviamente tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e il percorso della legge delega è lungo e come sempre a rischio imprevisti. C’è però una differenza di fondo rispetto al tentativo (per fortuna non andato in porto) del governo guidato da Mario Draghi. La maggioranza parlamentare è frutto di elezioni e quindi rispecchia una coalizione di governo scelta dai cittadini. La maggioranza precedente era una sorta di accozzaglia politica con dentro Lega, ma anche gli esponenti più vicini a Nicola Fratoianni.

Non lo citiamo a caso. Tutte le proposte di patrimoniale lo vedono in prima fila e su temi come questi non c’è mediazione possibili. C’è solo un punto di caduta, in ogni caso pessimo. È vero che Lega, Forza Italia e Fdi hanno idee non del tutto sovrapponibili sul fisco, ma la base filosofica e ideologica è la medesima. Per questo vogliamo pensare che gli altri punti della riforma fiscale, quelli che richiamano direttamente il tentativo della precedente legislatura, potranno essere gestiti con un approccio di difesa del contribuente. Scorrendo la bozza della riforma si nota infatti che sarà prevista la ristrutturazione dell’Iva un po’ alla stregua dei suggerimenti europei.

Presto per capire se il rimodellamento risentirà delle direttive green e del diverso impatto ecologico. Chiaro vista la linea dell’attuale governo ci aspettiamo una postura completamente diversa da quella del precedente. Per il resto la riforma prevederà una riduzione complessiva del carico fiscale, incentivi per i nuovi investimenti con capitali esteri e l’idea di rendere lo statuto del contribuente una legge generale tributaria. Certo sarebbe stato meglio inserire le direttive in Costituzione, ma meglio che niente. Rendere la tutela di chi paga le tasse una legge significa rendere molto più difficile proseguire con la pratica della deroga.

Statuto contribuente

Da almeno una dozzina di anni oltre la metà dei testi di matrice fiscale hanno una postilla. Sono cioè scritti in deroga al testo dello statuto del contribuente, testo che – giusto per capirsi – prevederebbe sempre un nesso tra prelievo fiscale e servizi correlati. Invece è diventata prassi l’idea di creare nuove tasse per tappare buchi di bilancio. Un dettaglio non da poco dentro il mare magnum dell’intera riforma che ci porta a ben sperare. Al di là del fatto che il magazzino di arretrati e di cartelli difficilmente riscuotibili ci dicono da tempo che c’è tanto da rimettere a posto.

“Bisogna cambiare verso sul versante degli accertamenti”, ha detto Maurizio Leo, alla presentazione dei risultati 2022 dell’Agenzia delle Entrate. “Il numero di interpelli è spaventoso quindi va assolutamente rivisto il meccanismo dell’interpello per concentrarlo su casi particolari. Poi bisognerà mettere mano al mondo delle sanzioni”, ha concluso il professore vicino a Fdi. Il cammino è appena iniziato, gli effetti si vedranno dopo il 2025.

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