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ApprofondimentiImmobiliare Dom 02 aprile 2023

Affitti brevi, Diamantini (Halldis): "Fondamentale trovare regole perché questa attività diventi un'industria"

Per il numero uno di Halldis Diamantini il settore degli affitti brevi va normato. E si potrebbe cominciare con la direttiva Dac7 Affitti brevi, Diamantini (Halldis): "Fondamentale trovare regole perché questa attività diventi un'industria" Michele Diamantini ceo Halldis
Mikol Belluzzi
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Mikol Belluzzi

Diamantini (Halldis): “Fondamentale trovare regole”

Gli affitti brevi sono nell’occhio del ciclone. I sindaci delle maggiori città italiane, infatti, chiedono di fermare la loro diffusione, ma sull’argomento serve fare chiarezza e la nuova direttiva dell’Unione europea sulla cooperazione amministrativa (DAC7) appena entrata in vigore può essere il punto di partenza per risolvere il problema purché sia “italianizzata” in fase di decreti attuativi.

È quanto sostiene Michele Diamantini, ceo di Halldis, storica società italiana (le cui origini risalgono al 1986) attiva negli affitti brevi che gestisce circa 1.000 proprietà tra appartamenti, palazzi e ville, in più di 120 località italiane ed europee. In Italia il mercato degli immobili destinati ad affitti brevi riguarda circa 600mila immobili (elaborazione Halldis su dati Istat e Scenari Immobiliari 2021).

Il valore delle compravendite online del comparto extralberghiero nel nostro Paese, la terza piazza mondiale del mercato degli affitti brevi, preceduta solo da Stati Uniti e Francia, ammonta a circa 3 miliardi di euro (fonte: Osservatorio Digitale Politecnico Milano, 2021). Un comparto in cui si stima che operino 25mila gestori professionali, il cui giro d’affari valore è pari a circa 1,2 miliardi di euro.

Dottor Diamantini è giusto normare il settore degli affitti brevi?

“È fondamentale trovare delle regole che renderanno questa attività una vera e propria industria. Si tratta di un’attività che è sempre esistita, ma che da 20 anni a questa parte grazie a internet ha avuto uno sviluppo maggiore. È dagli inizi degli anni Settanta che si parla di vacation rental e da 10 anni si discute di come regolamentarlo. Un passo che farebbe anche emergere quella parte di sommerso che non è emerso neppure con l’introduzione della cedolare”.

In Spagna, per esempio, sono più avanti di noi.

“In Spagna il 20% del Pil è legato al turismo e in alcune aree questo valore arriva anche al 60-70%. Per questo sono stati veloci a legiferare e ora la prestazione di una notte a casa è equiparata a una notte passata in hotel. Da noi, invece, questo non è ancora avvenuto e non si sa quando ci sarà una normativa. In Italia il turismo vale un po’ meno, circa un 10-11% del Pil, ma il problema è che ci sono tante associazioni di categoria coinvolte ognuna delle quali ha i propri interessi da difendere”.

Ma perché è così complesso normare il settore?

“All’inizio i soggiorni brevi erano inseriti come affitti, ma poi con la crescita seguita al boom di Airbnb questa materia è finita sotto il cappello del turismo che però è di competenza regionale. Quindi ogni regione può introdurre norme diverse”.

Lei ha chiamato in causa una piattaforma digital…

“Questi operatori mettono a disposizione la loro tecnologia per far incontrare domanda e offerta, non sta a loro fare le regole. Ribadisco, servono delle norme globali perché questa attività è diventata un’industria e la domanda sta cambiando. Negli ultimi 5 anni, infatti, sono sempre più numerose le piattaforme digitali che intermediano affitti lunghi anche 15-20 mesi, richiesti da persone che si spostano da una città all’altra per lavoro, per frequentare corsi e università o semplicemente perché vogliono cambiare”.

Cioè le esigenze legate agli affitti cambiano in base a nuovi modelli di vita…

“Per questo è sbagliato quello che chiede il sindaco di una grande città come Milano e cioè di limitare il numero di giorni in cui si può affittare un immobile. La domanda è cambiata e dire che gli affitti brevi rovinano il mercato è sbagliato. Non è limitando l’uso delle case che si modifica la domanda”.

Quali soluzioni allora?

“Per prima cosa si deve studiare una nuova normativa nazionale coinvolgendo gli operatori professionali, mentre se si vuole limitare il mercato degli affitti brevi basterebbe fare come a Barcellona dove si danno licenze numerate per operare. E poi servirebbe una normativa degli affitti tradizionali più flessibile di quella attuale in modo da tutelare maggiormente i proprietari”.

In Europa si discute della Direttiva Dac7. Lei dice che andrebbe italianizzata.

“Nelle linee guida ci sono dei passaggi che possono essere già recepiti nelle realtà delle diverse città italiane e vanno solo adeguati al nostro patrimonio immobiliare. La direttiva, infatti, individua quale è la prestazione fiscale, definisce il regime Iva e le prestazioni collegate. Inoltre, individua le figure professionali e introduce normative differenziate”.

Ma esiste una normativa che potrebbe essere importata in Italia?

Non esiste un modello a cui fare riferimento. Forse la Spagna è stata più veloce, ma va realizzato un modello su misura per il nostro Paese perché abbiamo un mercato immobiliare diverso dagli altri e un patrimonio artistico da valorizzare”.

 

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