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ApprofondimentiImprese Gio 23 febbraio 2023

Acea, politica e conflitti d'interesse dietro al termovalorizzatore di Roma

Dopo il cambio ai vertici anticipato, il gruppo punta sull'ambiente come vuole il sindaco Gualtieri. E come piace ai soci Suez e Caltagirone Acea, politica e conflitti d'interesse dietro al termovalorizzatore di Roma Fabrizio Palermo Acea
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

La strategia di Acea è il pomo della discordia nel consiglio della multiutility

Altro che hostess maltrattate dall’amministratore delegato. L’oggetto del contendere in Acea è tutt’altro. Tirato per la giacchetta dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, il numero uno di Acea, Fabrizio Palermo, ha promesso di entrare nella partita per il nuovo termovalorizzatore di Roma. Del resto, il manager non avrebbe potuto fare altrimenti visto che proprio Gualtieri lo ha voluto ai vertici di Acea con un blitz a settembre dello scorso anno.

E cioè ad una manciata di mesi dalla scadenza del consiglio (con il bilancio 2022, il 14 aprile 2023) e prima che si insediasse il nuovo governo di centro-destra. Proprio lui che in Cdp era stato voluto dal Movimento 5 Stelle. Non a caso, dopo l’uscita di scena dell’ex presidente, Michaela Castelli, Palermo si è subito mosso per mettere assieme una cordata di imprenditori italiani per la realizzazione del nuovo impianto di Santa Palomba a Roma, come ha riferito il Messaggero, giornale del gruppo Caltagirone, socio della stessa Acea

Lo stato dell’arte

Arrivato in Acea, Palermo ha trovato una situazione florida e la prospettiva di nuovi investimenti. Il suo predecessore Giuseppe Gola, che aveva sostituito Stefano Donnarumma, manager vicino all’ex presidente Castelli, ha infatti lasciato una società con risultati in crescita. I ricavi del primo semestre 2021 hanno registrato un aumento del 29% a 2,35 miliardi e l’ebitda è lievitato del 10% a 682 milioni. Inoltre, la guidance è stata rivista al rialzo per l’intero 2022 con la prospettiva di un utile del 10% a 183 milioni, come aveva evidenziato il consiglio di amministrazione in una nota sulla semestrale. 

Per questo, nella comunità finanziaria, considerati i risultati di Acea, ha suscitato non pochi interrogativi il ricambio anticipato ai vertici. Fatto sta che il passaggio di consegne anticipato rispetto alla naturale scadenza del consiglio ha portato in dote anche un cambio di strategia.  Con una maggiore attenzione per l’ambiente e quindi con il progetto termovalorizzatore in prima linea. Tutto normale, nelle regole. Soprattutto quando in ballo c’è un impianto da 700 milioni di euro in grado di incenerire 600 mila tonnellate di rifiuti all’anno. Un grande affare per chi lo costruisce e chi lo gestisce.

E proprio qui sta il problema

Tuttavia Acea non è esattamente un operatore specializzato nel segmento rifiuti. Ma è piuttosto una società focalizzata sulla gestione del comparto idrico dove realizza imponenti risultati sia in ternini di fatturato che di marginalità. Basta dare un occhio ai risultati del gruppo per rendersene conto. Sui primi nove mesi del 2022, Acea ha registrato un margine lordo (ebitda) superiore al miliardo, in crescita del 7,8 per cento. Di questa cifra il 52% viene dal comparto idrico. Il 26% è attribuibile all’energia e appena l’8% al segmento ambiente. Il resto lo fanno il settore Generazione (8%) e Commerciale-Trading (6%). Detta in altri termini, l’ambiente è un settore di attività decisamente residuale. Per questa ragione, secondo alcuni osservatori, il gruppo potrebbe valutare seriamente la possibilità di concentrare gli investimenti sul grande business dell’acqua o, al massimo, concentrarsi sui due impianti che già ha: quello di Terni e quello di San Vittore. 

Perché allora il gruppo dovrebbe potenziare la divisione ambiente?

Certamente si tratta di un affare redditizio cui forse, oltre al Comune di Roma, sono interessati anche gli altri due soci di Acea, la multinazionale idrico francese Suez (23%) e il gruppo di costruzioni Caltagirone (5,4%). A conti fatti, quindi, c’è un grosso conflitto d’interessi per i soci della multiutility controllata dal comune di Roma con il 51%. Quanto basta a far fare un passo indietro a chi di governance se ne intende e sa anche che esistono molte regole nella gestione dei rapporti con le parti correlate.

Acea non è del resto nuova a situazioni complesse

Non è la prima volta che il tema del conflitto d’interese emerge con chiarezza in Acea. Ai tempi delle bollette pazze, buona parte delle attività dei call center di Acea 800 erano gestiti da E-care, società di cui il costruttore-editore era socio al 15 per cento attraverso la Caltagirone Editore, poco dietro alla Astrim (47,8%), controllata all’epoca da Unicredit.

All’epoca la gestione del surplus di telefonate dei clienti Acea, conquistata senza gara nel 2008, si rivelò una vera e propria gallina dalle uova d’oro consentendo alla E-Care di ritornare in utile, grazie anche alle commesse del call center di Acea. Manna dal cielo per i conti dell’azienda. E per i suoi azionisti, naturalmente. Come forse potrebbe esserlo anche il redditizio business dei rifiuti e della costruzione dell’impianto che Gualtieri vuole a tutti i costi per tamponare l’emergenza rifiuti nella Capitale. E non solo. 

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