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ImpresePrimo piano Gio 09 febbraio 2023

Fusioni e acquisizioni, Bcg: nel 2022 l'Italia a quota 100 miliardi

Dall'analisi di Boston Consulting Group emerge che in Italia sono raddoppiate le operazioni di fusione e acquisizione nel 2022 Fusioni e acquisizioni, Bcg: nel 2022 l'Italia a quota 100 miliardi
Mikol Belluzzi
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Mikol Belluzzi

Bcg: nel 2022 l’Italia a quota 100 miliardi di euro

L’Italia sfiora quota 100 miliardi di euro. Nel 2022 il valore di fusioni e acquisizioni nel nostro Paese è più che raddoppiato, toccando i 99 miliardi di dollari e superando la media degli ultimi cinque anni. Il risultato è in controtendenza rispetto all’andamento globale delle operazioni M&A, scese del 39% a 2.622 miliardi di dollari dopo un 2021 da record. Secondo l’ultima edizione del Global M&A Report di Boston Consulting Group, l’elevata inflazione, il rialzo dei tassi d’interesse e il rallentamento economico hanno interrotto lo shopping frenetico seguito ai lockdown. Restano tuttavia ottime ragioni per comprare e vendere: per esempio, la volontà di abbattere il debito, la necessità di adattare le catene di fornitura al contesto geopolitico, l’urgenza di migliorare il proprio profilo di sostenibilità.

Operazioni raddoppiate da noi, in calo negli Usa

“Nel 2022″ spiega Edoardo Palmisani, managing director e partner di BCG, le operazioni di fusione e acquisizione in Italia ha visto raddoppiare il valore delle transazioni anno su anno. Il dato tuttavia è influenzato da alcune transazioni di dimensioni significative che da sole hanno rappresentato più del 50% del valore complessivo delle operazioni.” Nel 2022 il mercato M&A globale si è riallineato alla media storica dopo aver raggiunto nel 2021 il picco di 4.300 miliardi di dollari. Nel mondo sono state concluse 36.046 operazioni per un ammontare investito di 2.622 miliardi. L’attività è stata soprattutto intensa negli Stati Uniti, responsabili per il 30% degli affari e per il 50% del loro valore, e in Regno Unito.

Lontana ancora dai numeri pre-Covid resta invece la Cina, dove i lockdown hanno ostacolato la conclusione di transazioni. In modo controintuitivo, la guerra ha stimolato l’attività M&A, spingendo i gruppi occidentali a recidere i loro legami con la Russia e viceversa. Così, per esempio, l’oligarca Roman Abramovich ha venduto il Chelsea a un consorzio guidato dall’americano Todd Boehly per 3,1 miliardi, il prezzo più alto mai pagato per un club sportivo. Le grandi e mega-operazioni sono state del resto protagoniste del M&A nel 2022. Basti pensare ai 75,6 miliardi offerti da Microsoft per Activision Blizzard, ai 41,3 miliardi pagati da Elon Musk per Twitter oppure in Italia all’opa da 52 miliardi di Edizione e Blackstone su Atlantia.

Nel 2023 prevale l’incertezza 

“Guardando al 2023″ continua Palmisani “il clima di incertezza sull’evoluzione del contesto macroeconomico determinerà un approccio ancora prudente alle acquisizioni, mettendo ulteriormente alla prova la resilienza del mercato di fusioni e acquisizioni. D’altra parte è bene evidenziare alcuni trend strutturali che riteniamo continueranno a favorire l’attività di M&A, come ad esempio la revisione del portafoglio di business per ottimizzare la redditività o l’accesso a nuove forme di capitale per finanziare progetti di crescita.”

Il peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie ha infatti raffreddato l’entusiasmo, portando a un rallentamento delle operazioni sul finire del 2022 e all’inizio del 2023. Con il rischio di recessione globale le imprese stanno adottando un approccio più prudente agli investimenti, nel timore che i ricavi aggiuntivi non compensino le spese straordinarie. Il rialzo dei tassi d’interesse ha reso più costosa la leva del debito e quindi rallentato l’attività dei private equity e venture capital che pure dispongono di ingenti risorse da investire. Il calo delle valutazioni, specialmente nel settore tecnologico, ha aperto un divario fra le offerte dei compratori e le pretese dei venditori.

Tante opportunità da cogliere per le imprese

Il difficile contesto macroeconomico potrebbe però fornire anche una spinta all’attività del comparto, poiché le tensioni geopolitiche possono diventare un fattore di M&A, in entrata e in uscita. Basti pensare, per esempio, all’opportunità percepita da alcune multinazionali di tagliare i legami con la Cina oppure alla loro volontà di rilocalizzare la produzione in Paesi più vicini ai mercati di sbocco per evitare problemi logistici o di approvvigionamento. La digitalizzazione resta infine un imperativo di investimento per le aziende, così come la necessità di migliorare il proprio profilo Esg.

Più attenzione ai criteri ambientali Esg

Infine, i criteri ambientali, sociali e di governance (Esg) sono ormai da tempo una componente cruciale per valutare rischi e opportunità delle operazioni. Sempre più spesso, però, questi requisiti stanno diventando il movente principale delle fusioni e acquisizioni al fine di allineare il profilo Esg di un’azienda alle attese degli investitori. Secondo l’analisi di Bcg, il numero di operazioni giustificate principalmente da considerazioni ambientali è raddoppiato negli ultimi 20 anni, con un’evidente accelerazione negli ultimi due-tre anni. La leva “green” va però maneggiata con cura e consapevolezza, evitando di sopravvalutare le aziende obiettivo o di sceglierne di incompatibili con il piano industriale. In Europa, calcola Bcg, le acquisizioni verdi hanno faticato non poco a creare valore nel lungo termine.

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