I retroscena del caso Cimolai, dai derivati alle persone coinvolte
Menu

QUOTIDIANO INDIPENDENTE - Fondato e diretto da MAURIZIO BELPIETRO

Home/ Imprese
Imprese Sab 29 ottobre 2022

Tutti i retroscena del caso Cimolai, dai derivati alle persone coinvolte

Il caso Cimolai, azienda italiana leader nella progettazione, fornitura e montaggio di strutture complesse in acciaio che rischia di saltare. Tutti i retroscena del caso Cimolai, dai derivati alle persone coinvolte
Redazione Verità&Affari
di 
Redazione Verità&Affari

Cosa è successo alla Cimolai

Il caso Cimolai, azienda italiana leader nella progettazione, fornitura e montaggio di strutture complesse in acciaio che rischia di saltare in aria, ha due nomi e cognomi, quelli dell’ex responsabile amministrativo e finanziario della società Roberto Raggiotto, congiuntamente a un suo ex diretto collaboratore Leonida Roncoletta. Essi «hanno posto in essere in alcune operazioni relative a contratti aventi a oggetto strumenti derivati su cambi, poste in essere, in modo del tutto occulto e senza alcuna autorizzazione del consiglio di amministrazione».

È quanto si legge nelle 34 pagine della domanda di concordato prenotativo con annessa richiesta di ristrutturazione del debito ex art 64 del codice della crisi, depositata al tribunale di Trieste nei giorni scorsi. «Gli effetti economici e finanziari di tale attività sono emersi solo nella mattinata del 7 settembre 2022, quando il predetto responsabile ha improvvisamente reso edotto il presidente del consiglio di amministrazione (Ing. Luigi Cimolai) delle gravissime conseguenze del suo operato», si legge nelle carte predisposte dal pool di consulenti guidati dall’avvocato Ugo Molinari dello studio Molinari Agostinelli di Milano.

Attività senza procura

Cimolai è nata nel 1949, quando Armando Cimolai, dopo alcune esperienze di lavoro come operaio, decide di aprire un piccolo laboratorio per la costruzione di cancelli e infissi metallici a Pordenone. Oggi opera in 30 paesi con un valore della produzione realizzato nel 2021 per il 52,5% nel mercato italiano e per 11 47,5% in mercati esteri, principalmente verso le Americhe (28,4%) impiegando 838 dipendenti.

Naturalmente Raggiotto e Roncoletta sono stati subito licenziati. I primi accertamenti eseguiti si sono rivelati particolarmente difficili, sia per la riscontrata carenza di documentazione sia per la reticenza a collaborare nella verifica da parte dei due ex dipendenti che avevano effettuato le predette operazioni. Le operazioni «sono state poste in essere dai predetti soggetti in assenza totale di procura per ciò che concerne il dott. Leonida Roncoletta o eccedendo i limiti della procura e della delega conferita al dott. Roberto Raggiotto, la quale prevedeva il potere di operare solo con istituti di credito», prosegue la domanda di concordato. A seguito degli accertamenti compiuti da Lazard e dalla società di consulenza specializzata Ifa consulting è venuto fuori che «la maggior parte dei contratti derivati su cambi stipulati nell’ambito di tale anomala operatività, per struttura tecnica, hanno natura prettamente speculativa e non di copertura e in molti casi sono addirittura privi della benché minima razionalità».

Scommesse

Così la causa della crisi della società risiede nella natura dei contratti stipulati, costituiti da prodotti derivati non quotati o.t.c. (“over the wunt”), offerti in contropartita diretta dalla controparte e dalla medesima strutturati con componenti opzionali digitali e/o con barriere (es. “kuock in” e “knock out”), estremamente complessi e che nulla hanno a che vedere con gli strumenti comunemente utilizzati per una sana e prudente gestione del rischio di cambio. Molti dei contratti in essere non solo sono definibili come “speculativi” in quanto «scommesse del tutto slegate dalle rispettive quantità sottostanti», ma tali scommesse risultano «incomprensibilmente asimmetriche, a solo vantaggio del collocatore, fino al punto di essere prive di qualsivoglia alea razionale».

Le verifiche interne

Per quanto le verifiche siano tuttora in corso, in ragione e degli evidenti gravissimi elementi emersi, che inficiano la maggior parte dei contratti, Cimolai il 18 ottobre «ha inviato alle controparti straniere con le quali sono ancora pendenti i contratti derivati delle specifiche lettere con le quali ha contestato: l’assenza dei poteri di firma dei soggetti che hanno perfezionato i predetti contratti, la natura puramente speculativa, con riferimento a molteplici contratti, l’esistenza di costi “impliciti” inseriti dai rispettivi provider nella struttura dei relativi contratti, con riferimento ad alcune delle controparti, l’assenza di informazioni specifiche da parte delle controparti sulle caratteristiche e/o sui rischi effettivi delle operazioni».

Nella domanda si legge che lo stato di salute presenta un risultato economico positivo a livello di gestione caratteristica, mentre «si evidenzia un andamento fortemente negativo correlato a contratti derivati su cambi con differenziali negativi maturati al 31 agosto 2022 pari a circa 24 milioni, a cui si aggiungono accantonamenti a fondi rischi per mark to market negativi pari a circa 211 milioni di euro (importo determinato sulla base delle comunicazioni inviate dalle controparti nel corso del mese di settembre)».
Nella domanda vengono chiesti 60 giorni di tempo per la presentazione del piano di ristrutturazione.

Condividi articolo