«Con Chiara Ferragni abbiamo avvicinato i giovani alla carta»
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Imprese Sab 02 luglio 2022

La svolta di Pigna: «Con Chiara Ferragni abbiamo avvicinato i giovani»

Il gruppo bergamasco Pigna, che fattura 40 milioni di euro, ogni anno produce fino a 50 milioni di quaderni. La svolta di Pigna: «Con Chiara Ferragni abbiamo avvicinato i giovani»
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L’ad di Pigna Paolo Fagioli

C’erano quelli con le cartine geografiche, con le regioni d’Italia, con la tavola pitagorica. A righe di prima, terza e quinta elementare, a quadretti. Ci hanno scritto, scarabocchiato, disegnato, sottolineato, preso appunti tutti gli italiani. Dalla scuola primaria fino all’università. E oltre. Non è un caso che Pigna, una P che era ed è una garanzia, sia considerata come un’opera d’arte di quelle da tutelare, riconosciuto brand storico di interesse nazionale.

Che significa che se la proprietà decidesse di vendere l’azienda a un gruppo straniero dovrebbe prima chiedere il permesso al ministero dello Sviluppo economico. 183 anni di storia sono tanta roba ed è fondamentale conservare quelle origini partite da Alzano Maggiore e che nel paese della bergamasca ancora si trovano. «L’iniziativa» spiega Massimo Fagioli, presidente e ceo di Pigna da sei anni «ha come obiettivo quello di tutelare la proprietà industriale delle aziende storiche italiane, valorizzando la produzione made in Italy in un’ottica di innovazione, sostenibilità e competitività internazionale».

Come è iniziato tutto?

«Il 30 aprile 1839, grazie all’ingegnere Paolo Pigna, nascono le Cartiere Paolo Pigna, società per la fabbricazione di carta. Nel 1850 viene fondato il nucleo originario ad Alzano Maggiore. Nel corso del secolo la società si amplia sempre più, assorbe altre realtà cartiere della zona e ricerca i macchinari più innovativi, raggiungendo una capacità produttiva di 25 quintali di carta al giorno. D’altronde la storia partiva ancor prima. Fin dai tempi della dominazione della Serenissima Repubblica di Venezia, la provincia bergamasca contava numerose cartiere, produttrici di carta di uso comune, ma anche destinata ad opere di grande pregio. Caduta la Serenissima, le “cartare”, appellativo con cui questi stabilimenti erano chiamati dalla comunità alzanese, si riducono, e verso la prima metà dell’Ottocento ne rimangono attive soltanto nove, di cui quattro con sede ad Alzano Maggiore».

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