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ImpreseIn evidenza Gio 16 febbraio 2023

Superbonus, il governo: "Stop a cessioni crediti fiscali e sconti in fattura"

Il Superbonus costa agli italiani 2mila euro a testa. E ora le imprese rischiano la crisi di liquidità. Per l'Ance è allarme rosso Superbonus, il governo: "Stop a cessioni crediti fiscali e sconti in fattura" Superbonus
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Non c’è pace per le imprese di costruzioni

Credevano di aver trovato una ciambella di salvataggio nel Superbonus 110%. E invece sono  in un mare di guai con il rischio di saltare per effetto della scarsa liquidità. Il consiglio dei ministri ha bloccato la possibilità di cessione di crediti fiscali e di sconto in fattura senza soluzione per il pregresso. Allo stesso tempo ha anche varato una serie di misure finalizzate ad accelerare il Pnrr. Ma il punto è che ora le aziende edili navigano a vista subendo l’effetto congiunto del blocco del mercato dei crediti fiscali, dell’aumento del costo del denaro e delle maggiori difficoltà di accesso al credito legate all’aumento dei tassi, oltre che al timore degli istituti di credito di nuovi crediti inesigibili. La tempesta perfetta. 

“Si è deciso di intervenire e bloccare in futuro questa cessione, perché c’è stata una lievitazione dei crediti e, ahimè è mancata nel governo precedente una pianificazione. Si è lasciato lievitare il numero dei crediti senza un controllo e delle verifiche. Ci siamo trovati di fronte a una situazione ormai praticamente quasi fuori controllo. Per questo è stato necessario intervenire” ha spiegato il vicepremier Antonio Tajani in conferenza stampa. Il governo ha poi annunciato che lunedì riceverà i rappresentanti delle associazioni di categoria per valutare eventuali proposte operative finalizzate a tamponare una situazione che è figlia di “una politica scellerata che costa a ciascun italiano 2mila euro a testa. Perchè questo è il bilancio di questa esperienza” come ha spiegato il ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti, annunciando anche la fine dello sconto in fattura. 

Nello stesso decreto, l’esecutivo ha anche chiarito poi per legge le responsabilità in solido dei cessionari stabilendo che, ferme restando le ipotesi di dolo, la responsabilità in solido è esclusa  per i cessionari che dimostrano di aver acquisito il credito di imposta e che siano in possesso di tutta la documentazione relativa alle opere che hanno originato il credito. La previsione tutela quindi gli intermediari, banche e Poste. 

Il governo si impegna a venire incontro alle aziende e risolvere il “bucone”

“Quello che è fondamentale è che si riattivi la possibilità da parte degli intermediari, in particolare finanziari, nell’acquisto di questi crediti che in questo momento era di fatto bloccato per incertezza normativa che noi in questo decreto risolviamo” ha aggiunto Giorgetti. Per il ministro, per risolvere la questione c’è bisogno di  ” tutto il sistema bancario e non solo (…) a questo punto dobbiamo agire di concerto come sistema per risolvere questo ‘bucone’ che si è formato in ragione di una normativa definita con leggerezza“.

Blocco per gli acquisti dei crediti fiscali da parte degli enti locali

Eppure proprio recentemente, i costruttori avevano visto la luce alla fine del tunnel: alcuni enti locali avevano iniziato ad acquistare dei crediti fiscali. Per prima si è fatta avanti la provincia di Treviso che ha acquistato 14,5 milioni di crediti da portare in comensazione nei prossimi anni. Poi si è mossa la Regione Veneto, la Basilicata e il Pieonte. Ma, sulla base di rilievi della Ragioneria, l’esecutivo ha deciso uno stop per gli enti locali per evitare un impatto sui conti pubblici. Per la  presidente di Ance, Federica Brancaccio, un passo falso che rischia di mettere in ginoccio il settore, 

“E’ da ottobre che aspettiamo di capire come si pensa di risolvere una situazione che è diventata drammatica: non ci rendiamo conto delle conseguenze devastanti sul piano economico sociale di una decisione del genere” spiega in una nota la presidente. A questo poi si aggiungono poi anche i ritardi el pagamento delle compensazioni (oltre 600 milioni) promesse dal governo di Mario Draghi per i rincari dei materiali.

A bocce ferme per l’Abi il mercato è fermo fino al 2027

Intanto gli acquisti di crediti fiscali da parte delle banche sono al palo. Secondo quanto riferisce l’Associazione bancaria italiana se non ci saranno correttivi normativi il blocco andrà avanti fino al 2027. “Il problema della saturazione della capienza fiscale si manifesterà in tutta la sua intensità” ha spiegato il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, nell’ultima audizione in commissione Finanze al Senato. “Le operazioni di acquisto effettuate nel 2021 si aggiungono a quelle del 2022, e perdurerà fino al 2026-2027 “, cioè l’ultimo dei cinque in cui si può effettuare la compnesazuione dei crediti derivanti dal superbonus. 

Per questo Abi ha chiesto di introdurre “una nuova modalità di utilizzo in compensazione ai crediti d’imposta” per gli istituti di credito e per le Poste. Ma finora l’opzione non è stata presa in considerazione dal governo.

Per ora il cerino resta in mano alle aziende edili

“Ogni miliardo di crediti incagliati produce il blocco di circa 6.000 interventi (tra unifamiliari e condomini), con rischio di fallimento di almeno 1.700 imprese di costruzioni e la perdita di circa 9.000 occupati” stima l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance). “In un’ipotesi prudenziale di uno stock di crediti fiscali incagliati di 15 miliardi, gli effetti macroeconomici potrebbero essere estremamente preoccupanti” prosegue l’associazione.

Il bilancio? Secondo l’Ance, a quesato punto della storia, si richiano 25.000 imprese fallite e 130.000 disoccupati in più nel settore delle costruzioni. “Tale stima non comprende i possibili fallimenti che potrebbero aversi nelle imprese della filiera delle costruzioni fornitrici delle imprese edili). Una simile situazione provocherebbe problemi su circa 90.000 cantieri, che si tradurrebbero in altrettanti nuclei familiari in crisi” precisa l’Ance. 

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