Jysk, l’Ikea danese punta sull'Italia, pronta ad aprire 350 negozi
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Imprese Gio 16 giugno 2022

Jysk, l’Ikea danese punta sull'Italia, pronta ad aprire 350 negozi

Si chiama Jysk, una parola che in danese designa qualsiasi cosa o qualsiasi persona che provenga dalla penisola dello Jutland Jysk, l’Ikea danese punta sull'Italia, pronta ad aprire 350 negozi
Mikol Belluzzi
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Mikol Belluzzi

Il piano di aperture di Jysk

Si chiama Jysk, una parola che in danese designa qualsiasi cosa o qualsiasi persona che provenga dalla penisola dello Jutland, ma in Italia (e in altri 48 Paesi) è anche il nome della catena di arredamento d’ispirazione nordica fondata da Lars Larsen nel 1979 e che oggi conta 3.100 negozi e 28.500 dipendenti sparsi in mezzo mondo. In Italia, venerdì prossimo, aprirà il suo terzo punto vendita in Umbria, a Trevi, il settantesimo nel nostro Paese, nell’ambito di un piano di espansione molto aggressivo. «Secondo noi c’è spazio per almeno 350 negozi», racconta Cesare Bailo, country manager di Jysk Italia. «Il nostro obiettivo è quello di spingere sulle aperture di nuovi punti vendita e di rinnovare tutti i negozi esistenti entro il 2024».

Quando è iniziata la vostra avventura in Italia?

«Siamo arrivati nel 2010 con un negozio all’interno del fashion outlet di Serravalle Scrivia, in provincia di Alessandria, e poi da lì è iniziata la nostra espansione nel Nord Italia. Attualmente ci mancano solo tre regioni, ma con la prossima apertura di un punto vendita in Campania e di uno in Puglia saremo fuori solo dal Molise, dove abbiamo già in mente un progetto».

La pandemia ha rallentato i vostri progetti?

«Nel 2021 abbiamo inaugurato 11 punti vendita e quest’anno ne apriremo altri 10. Più che la pandemia, oggi siamo rallentati dalla mancanza di materie prime. Le spiego meglio: i proprietari dei negozi che prendiamo in affitto non riescono a consegnarceli perché non trovano i materiali per finirli dagli infissi alle caldaie.

Avete problemi anche a livello di prodotti?

«Con 10 centri distributivi i mobili non ci mancano, ma certamente non tutti sono disponibili. I nostri fornitori, infatti, sono posizionati anche nel Sud est asiatico o nell’Est Europa e i lockdown di alcuni Paesi ci hanno creato ritardi».

E sul fronte delle assunzioni, avete problemi a trovare i lavoratori?

«In azienda siamo 500 dipendenti e attualmente abbiamo un centinaio di posizioni aperte tra cui figure come lo store manager, il sale assistant, il manutentore. Siamo in forte espansione e devo dire che in alcune zone della Penisola è davvero complesso trovare personale o comunque serve più tempo per reperirlo. Noi siamo attrattivi, ma ci scontriamo con una tendenza mondiale».

Qual è la vostra storia?

«Il gruppo Jysk è stato fondato oltre 40 anni in Danimarca dall’imprenditore Lars Larsen: partito con il suo negozio, ha costruito un impero che oggi vale 4,4 miliardi di euro ed è in continua crescita. Jysk Italia, invece, nel periodo dal 1° settembre 2020 al 31 agosto 2021 ha ottenuto il suo miglior risultato, con un fatturato pari a 64,9 milioni di euro che rappresenta un incremento del 33% sull’esercizio precedente».

In tanti vi chiamano «l’Ikea danese». Le piace questo paragone con il colosso svedese dei mobili?

«Ikea è un’azienda molto diversa da noi, ma trovo che sia normale che ci paragonino a loro, visto che lo stile dei nostri mobili è quello. Detto questo, siamo due gruppi molto diversi. In questo momento, Ikea è in difficoltà per via delle dimensioni dei suoi negozi e poi sono anni che non aprono un magazzino in Italia, preferendo puntare tutto sull’espansione dell’online».

Per voi, invece, i negozi fisici restano fondamentali…

«I nostri punti vendita hanno una dimensione di 950-1.000 metri quadrati, quindi sono classificati tra quelli di medie dimensioni. All’interno si trovano 2 mila prodotti che racchiudono il mondo dello Scandinavian sleeping & living. Si va dall’arredamento per la casa (senza la cucina, che non produciamo) ai mobili da giardino, passando per la decorazione, il tessile, il bagno e le tende. Per dare un tocco hygge alla propria casa».

Un’altra parola impronunciabile… Che cosa vuol dire?

«È un’espressione tipicamente danese, si pronuncia hüghe – con l’h iniziale un po’ aspirata – e rappresenta la ricerca di una felicità quotidiana, una filosofia di vita basata sulla sensazione di benessere, sul senso di comunità e comodità».

In questi mesi anche un colosso come Amazon sta entrando pesantemente nel settore dell’arredamento con alcuni marchi propri. Cosa ne pensa?

«Che Amazon è un concorrente sull’online, ma che il nostro concetto di negozio di prossimità è vincente. Se vuoi comprare una sedia di solito preferisci sedertici sopra, lo stesso vale per un materasso o per oggetti d’arredo che poi staranno per anni in casa tua. Anche sui mercati più evoluti gli acquisti di arredamento online restano bassi, mentre vince il modello ibrido».

Prima la pandemia, ora l’inflazione e quella che molti hanno ribattezzato un’economia di guerra. Cosa pensa di questo 2022?

«Siamo soddisfatti dei risultati italiani, perché abbiamo fatto un grande salto di qualità in questi ultimi anni e continuiamo a investire anche nella ristrutturazione dei nostri negozi più vecchi. Certo, siamo in una situazione abbastanza particolare, ma quel che è certo è che una grande voglia di ritorno alla normalità. Il nostro, comunque, durante la pandemia è stato uno dei settori privilegiati: nel 2021 siamo cresciuti del 33% e quest’anno ancora di più».

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