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ImpreseIn evidenza Mer 07 dicembre 2022

Lo Stato pronto a mettere altri soldi per salvare l'ex Ilva. Crescono le voci sul coinvolgimento di un altro socio italiano

Il ministro Urso: prima di stanziare nuovi soldi per l'ex Ilva lo Stato vuol contare di più. Voci su contatti con Arvedi e Marcegaglia Lo Stato pronto a mettere altri soldi per salvare l'ex Ilva. Crescono le voci sul coinvolgimento di un altro socio italiano
Redazione Verità&Affari
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Lo Stato mette altri soldi per salvare l’ex Ilva ma vuol contare di più

Altro rinvio, altra attesa: il nuovo appuntamento in assemblea è fissato per il 9 dicembre quando forse si saranno diradate un po’ di nubi sul futuro dell’Ilva. Al momento la situazione è questa: il ministro del made in Italy Adolfo Urso ha detto e fatto intendere in tutte le salse che prima di spostare nuove risorse pubbliche – si parla di due miliardi di euro tra fondi del Pnrr e aumento di capitale previsto dal decreto aiuti – pretende dei cambiamenti nella governance. Insomma se lo Stato ci mette i soldi vuol contare di più per avere poi voce in capitolo sul modo in cui verranno spesi questi fondi. Questo vuol dire che l’ex Ilva, oggi Acciaierie Italia, diventerà pubblica? Non è detto e sul punto si sono registrate posizioni non chiarissime da parte del governo. 

Conta anche l’atteggiamento del primo azionista. Cosa intende fare Arcelor Mittal che oggi detiene il 68% del colosso siderurgico contro il 32% di Invitalia? Vuol uscire il prima possibile? Pensa di fare altri investimenti nel gruppo? Da questo punto di vista Urso è stato abbastanza chiaro: noi siamo pronti a ricapitalizzare l’impresa e ci auguriamo che possa fare lo stesso anche l’azionista privato. Il punto è che la nuova liquidità serve nel più breve tempo possibile e quindi lo Stato che si è detto pronto a iniettarlo chiede garanzie anche la primo azionista.

Altre trattative in corso

Ma visto che di garanzie ne arrivano ben poche, sta prendendo forza anche un’altra strada, quella che porterebbe a un coinvolgimento – difficile al momento ipotizzare le modalità – di un altro azionista privato, questa volta italiano. Si parla di contatti in corso sia con gli Arvedi – che dopo l’acquisizione di Acciai speciali Terni è diventato un colosso da 6.500 dipendenti, circa 8 miliardi di fatturato potenziale e 5,5 milioni di tonnellate di acciaio prodotte in un anno – che con il gruppo Marcegaglia. Insomma, alla fine tutto torna: i percorsi dell’acciaio italiano sempre a Taranto vanno a finire. Ma senza un chiarimento, soprattutto economico, con gli attuali primi azionisti dell’ex Ilva qualsiasi altra soluzione è destinata a restare sulla carta. 

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