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ApprofondimentiImprese Gio 02 febbraio 2023

Natali (AssoNEXT): "Grazie alla Borsa le pmi si finanziano azzerando l'impatto dei tassi"

Per il presidente dell'Associazione Italiana pmi quotate "in un periodo come questo bisogna stare lontani dal debito e aumentare i capitali". Natali (AssoNEXT): "Grazie alla Borsa le pmi si finanziano azzerando l'impatto dei tassi" Giovanni Natali, presidente di AssoNEXT
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

La stretta monetaria della Bce rischia mettere ko le pmi

Con l’aumento dei tassi d’interesse i finanziamenti diventano più cari e gli oneri finanziari aumentano. Per questo, secondo Giovanni Natali, presidente di AssoNEXT, l’Associazione Italiana delle pmi quotate, il collocamento in Borsa è oggi l’opzione più conveniente per le società che sono alla ricerca di mezzi freschi. Anche nel caso di piccole e medie imprese che possono finanziarsi sul mercato Euronext Growh di Piazza Affari dove la liquidità non manca. C’è bisogno però di “un cambiamento di mentalità da parte degli imprenditori perché non si può crescere solo con il debito bancario” come spiega il numero uno dell’associazione, che sul tema ha in programma un convegno a Montecitorio il prossimo 16 febbraio

“L’aumento dei tassi rischia di restringere la possibilità di finanziamento per le imprese. Ma anche se la stretta monetaria non si traducesse in una riduzione del credito alle imprese, il costo del denaro preso in prestito andrebbe comunque a conto economico, influenzando la redditività aziendale” spiega Natali. “Visto che siamo in uno scenario di tassi positivi e in crescita, forse allora le imprese farebbero meglio a rafforzarsi patrimonialmente e fare un aumento di capitale per quotarsi” aggiunge.

Ci sono alternative, ma non necessariamente valide

È possibile l’ingresso nel capitale di un private equity. Tuttavia, secondo l’esperto, si tratta di un tipo di investitore che punta poi ad uscire dal capitale nel giro di tre-cinque anni rivendendo all’imprenditore, oppure convincendo la proprietà a cedere la totalità dell’azienda o ancora procedendo alla quotazione. “Tanto vale allora andare direttamente sul mercato – precisa Natali -. L’impresa non ricorre così al debito, si rafforza patrimonialmente e ha un effetto positivo sul conto economico perché l‘aumento di capitale non è debito e non si pagano quindi oneri finanziari”.

Detta in altri termini “proprio in un periodo come questo bisogna stare lontani dal debito e aumentare i capitali“. Anche perché così si apre anche la possibilità di effettuare acquisizioni carta contro carta, oltre che di gestire i passaggi generazionali. “Una volta diventati più forti, allora si che le banche concedono finanziamenti a tassi migliori” precisa. Oggi, secondo le stime di Assonext, c’è un bacino da 50mila pmi che potrebbe aspirare a sbarcare sull’Euronext Growth Milan, mercato che in 10 anni ha raccolto 6 miliardi. “Denaro che ha creato crescita, sviluppo e occupazione sul territorio italiano” aggiunge Natali. Tutto questo mentre sul listino principale si assiste ad una sfilza di delisting. 

Gli Stati Uniti mostrano la strada da seguire

“L’Italia è ancora oggi un mercato bancocentrico – osserva Natali -. Oltreoceano il 40% del passivo è rappresentato da azioni. Noi qui siamo all’80% con il debito bancario”, cioè solo il 20% è finanziato dal mercato. Il problema dell’Italia è però che, a questo punto della storia, gli istituti di credito sono preoccupati dai crediti inesigibili e dal loro recente aumento. Proprio per questo sono particolarmente attenti nella concessione di nuovi finanziamenti. E anche sui vecchi finanziamenti cercano soluzioni alternative chiedendo al governo garanzie pubbliche per la rinegoziazione del debito delle pmi. Per non parlare del fatto che preoccupa anche la direttiva green che potrebbe incidere sul valore degli immobili nei portafogli degli istituti di credito

Lo sbarco in Borsa costa, ma la procedura per le pmi è semplificata e c’è un bonus fino a 500mila euro

Rispetto ad un collocamento tradizionale, la quotazione sul listino delle pmi è più facile. L’azienda, che deve portare in Borsa almeno il 10% del capitale, ha bisogno di un solo bilancio certificato sulla base dei principi contabili italiani contro i tre richiesti per il mercato principale (Mta) redatto con i principi contabili internazionali internazionali (Ias). Il processo di quotazione si conclude in quattro-sei mesi e non c’è di mezzo Consob per il prospetto informativo. 

Quanto ai costi, ce ne sono di fissi (avvocati, revisori etc per 350 mila euro) e di variabili pari al 5% del valore del collocamento. In pratica su una raccolta da 10 milioni, la matricola pagherà 350mila euro di costi fissi e circa 500 mila euro di costi variabili. Sulla cifra spesa (850mila euro), l’azienda potrà beneficiare del bonus per il collocamento per il 50% della somma entro la soglia di 500mila euro. Le spese sono inoltre deducibili. 

AssoNEXT è convinta che ci siano ulteriori spazi di crescita per il mercato e per aiutare le pmi

Per alimentare il mercato basterebbe un maggiore coinvolgimento dei grandi investitori italiani. “Oggi  i fondi pensione italiani investono più della metà del denaro in fondi stranieri che finanziano l’economia reale all’estero, non in Italia” spiega Natali. “Nelle assicurazioni, invece, ben oltre la metà delle riserve tecniche sono in titoli di Stato – conclude – Se invece una parte di queste risorse arrivasse sul mercato, le piccole e medie imprese potrebbero contare su una maggiore liquidità. Tutto questo andrebbe a vantaggio del nostro sistema produttivo ed è a costo zero per le casse pubbliche”.

Ci sono i numeri per creare una nuova classe di investitori

Secondo uno studio di Ambromobiliare, nel 2021, le assicurazioni italiane hanno investito solo il 5,9% del patrimonio in azioni e fondi azionari, mentre i Fondi Pensione dedicano meno del 3% del loro patrimonio alle imprese italiane. Nel 2021, il comparto assicurativo italiano ha effettuato investimenti finanziari per un totale di 1.044 miliardi di euro (+3,2% rispetto al 2020)  con il 71% piazzato in titoli di Stato. Se le compagnie portassero dal 5,9% al 10% l’esposizione azionaria delle riserve tecniche del ramo vita, arriverebbero sul mercato e, quindi all’economia reale in Borsa, 33,7 miliardi di euro.  Praticamente una finanziaria solo per le aziende. 

 

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