Ordini a picco, l’industria europea peggio ora che con i lockdown
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Imprese Gio 03 novembre 2022

Ordini a picco, l’industria europea sta peggio ora che con i lockdown

Il trend è consolidato e il punto d’arresto non si intravede ancora, anzi il calo dell’attività manifatturiera proseguirà anche nel 2023. Ordini a picco, l’industria europea sta peggio ora che con i lockdown
Redazione Verità&Affari
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Redazione Verità&Affari

Gli ordini dell’industria europea

Il trend è ormai consolidato e il punto d’arresto non si intravede ancora, anzi il calo dell’attività manifatturiera proseguirà molto probabilmente anche nel 2023. Per il quarto mese consecutivo, nel mese di ottobre appena trascorso l’indice S&P Global Pmi per il settore manifatturiero dell’Eurozona ha registrato un valore inferiore alla soglia dei 50 punti (quella che separa la crescita dal calo della produzione), segnalando un forte peggioramento delle condizioni dell’industria del continente.

Attestandosi a 46,4 punti, l’indice principale, che si basa sui sondaggi compilati dai responsabili acquisti delle aziende, ha perso ben due punti dalla soglia di 48,4 toccata a settembre e ha raggiunto il livello minimo dal maggio del 2020, quando nel vecchio continente la maggior parte delle attività era ferma a causa dei lockdown. Gli analisti si attendevano un calo più contenuto, a 46,9 punti. «La forte contrazione di ottobre è stata causata dal nuovo, e più veloce, calo della produzione e dei nuovi ordini», si legge in un comunicato.

Tra i paesi dell’area euro monitorati, soltanto l’Irlanda si è mossa in controtendenza, facendo registrare a ottobre un miglioramento. Tutte le altre economie hanno non soltanto messo in mostra contrazioni profonde ma hanno anche in maggioranza riportato cali più radicali di quelli accusati nella prima metà del 2020. La Spagna è stata l’economia che ha fatto registrare la performance peggiore, seguita subito dopo dalla Germania. In Italia l’indice è diminuito a 46,5 punti, dai 48,3 di settembre.

«Il settore produttore di beni dell’eurozona si è spostato in una contrazione più profonda all’inizio del quarto trimestre. Le indagini Pmi stanno adesso chiaramente mostrando che l’economia manifatturiera è in recessione», ha spiegato Joe Hayes, Senior Economist presso S&P Global Market Intelligence. «Ad ottobre, i nuovi ordini sono diminuiti ad un tasso che raramente abbiamo osservato nel corso dei 25 anni di raccolta dati. Contrazioni maggiori sono state riportate solo durante i mesi peggiori della pandemia e all’apice della crisi finanziaria globale tra il 2008 e il 2009».

Ad aggravare la situazione è stata in particolare «l’inflazione, che rimane ostinatamente elevata malgrado le continue prove di una riduzione della pressione sulla catena di distribuzione», ha aggiunto Hayes. Secondo il quale, peraltro, le prospettive per i prossimi mesi restano molto cupe. Nessun rimbalzo in vista, insomma. «Ad ottobre, rimangono ancora una volta prettamente negative le aspettative per il futuro dei manifatturieri, suggerendo che le aziende si aspettano che queste difficili condizioni si protrarranno nel 2023. Gli sviluppi del mercato energetico continueranno ad avere un’importanza fondamentale per i manifatturieri dell’area euro nel periodo invernale. L’ondata di temperature miti in Europa sinora fa ben sperare e ha aiutato a contenere i prezzi all’ingrosso del gas. Dobbiamo però rimanere consapevoli dei rischi che temperature fuori dall’ordinario potrebbero portare al razionamento dell’energia, causando problemi su vasta scala alla produzione manifatturiera».

Meno gas

Una conferma della intensità della crisi che sta colpendo l’industria europea viene dall’Agenzia Internazionale per l’Energia secondo la quale la domanda di gas industriale nel vecchio continente è scesa del 25 per cento nel terzo trimestre rispetto all’anno precedente. Un calo, fanno notare gli analisti, che va per forza di cose attribuito allo stop di molte produzioni, visto che gli aumenti di efficienza da soli non produrrebbero risparmi di tale entità. Questa riduzione della domanda industriale ha certamente contribuito a spingere verso il basso i prezzi del gas. D’altro canto, però, le industrie ad alta intensità energetica, come l’alluminio, i fertilizzanti e i prodotti chimici, stanno ora prendendo in considerazione il trasferimento permanente della produzione in luoghi dove l’energia è a buon mercato, come gli Stati Uniti.

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