La raffineria italiana che rischia di chiudere senza il petrolio russo
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Imprese Sab 02 luglio 2022

La raffineria italiana che rischia di chiudere senza il petrolio russo

La chiusura della raffineria siciliana di Priolo gestita dall’Isab, particolarmente colpita dagli effetti delle sanzioni alla Russia. La raffineria italiana che rischia di chiudere senza il petrolio russo
Redazione Verità&Affari
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Redazione Verità&Affari

La chiusura della raffineria siciliana di Priolo

Un emendamento sottoscritto da tutti i gruppi parlamentari e votato nella notte tra giovedì e venerdì dalla Commissione bilancio e finanze della Camera proverà a scongiurare la chiusura della raffineria siciliana di Priolo gestita dall’Isab, particolarmente colpita dagli effetti delle sanzioni alla Russia.

L’emendamento è stato presentato dalla deputata di Forza Italia Stefania Prestigiacomo, che è originaria di Siracusa (nella cui provincia si trova Priolo), ed è stato inserito nel decreto aiuti. «Il testo approvato individua un percorso finalizzato a scongiurare la chiusura della raffineria di Priolo che non è più in grado approvvigionare greggio russo a seguito delle sanzioni imposte a Mosca dal Consiglio Europeo», ha spiegato ieri la Prestigiacomo.

L’emendamento alla legge

Ad occuparsi della non facile pratica saranno ora i ministri Giancarlo Giorgetti (Sviluppo economico), Roberto Cingolani (Transizione ecologica) e Daniele Franco (Economia), che apriranno un tavolo con i rappresentanti dell’azienda, che dà lavoro, direttamente e attraverso l’indotto collegato, a poco meno di 4.000 operai. Nel testo dell’emendamento si legge infatti che «in considerazione delle eccezionali criticità inerenti le condizioni di approvvigionamento per l’Isab e dei rilevanti impatti produttivi delle aree industriali e portuali collegate, anche per quanto riguarda la filiera di piccole e medie imprese, è istituito presso il ministero dello sviluppo economico un tavolo di coordinamento finalizzato a individuare adeguate soluzioni per la prosecuzione dell’attività dell’azienda, salvaguardando i livelli occupazionali e il mantenimento della produzione. Al tavolo partecipano i ministri dello Sviluppo economico, della Transizione ecologica e dell’Economia e delle finanze e i rappresentanti dell’azienda».

La situazione in cui versa la raffineria è particolarmente delicata, come aveva già scritto Verità&Affari lo scorso 31 maggio. La Isab di Priolo infatti appartiene al gruppo russo Lukoil dell’oligarca Vagit Alekperov, già viceministro del gas e del petrolio in un passato governo a Mosca. Anche prima che l’Europa decidesse l’embargo sul greggio russo per la fine di quest’anno, la raffineria era andata in crisi in quanto nessuna banca internazionale era più disposta a fornirle le linee di credito necessarie a fare gli ordinativi ai suoi fornitori tradizionali di petrolio in Africa. A dire la verità Alekperov e la Lukoil non erano sotto sanzioni, ma gli istituti occidentali avevano preferito girare al largo comunque per non compromettersi con un oligarca (il quarto uomo più ricco della Russia) che avrebbe comunque potuto finire nella lista nera in qualsiasi momento.

Sanzioni anticipate

A quel punto all’Isab non era rimasto altro da fare che rivolgersi alla Russia, l’unica disposta a fornirle petrolio (e quindi a mantenerla in piedi). Al punto che nel mese di aprile gli acquisti di greggio russo da parte dell’Isab (che in genere rappresentava il 20% degli approvvigionamenti ma che in quel momento era l’unico disponibile) erano aumentati a tal punto da far raddoppiare le importazioni italiane di greggio da Mosca. Un import “dopato” dagli acquisti di Priolo, che rappresentavano i due terzi del totale.

Con l’inasprirsi della guerra economica tra Russia ed Occidente e con la decisione degli europei di mettere l’embargo sul petrolio russo, la situazione per la Isab di Priolo era precipitata. Di qui l’intervento del Parlamento e, tra poco, del governo.

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