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ApprofondimentiImprese Mar 07 febbraio 2023

Tassi su, batosta per le imprese: un leasing da 10 milioni su 5 anni costerà 723mila euro in più

Secondo le stime della Fabi, i rialzi dei tassi imposti dalla Bce moltiplicheranno i costi per le imprese italiane Tassi su, batosta per le imprese: un leasing da 10 milioni su 5 anni costerà 723mila euro in più
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

L’aumento dei tassi d’interesse costa caro alle aziende

Non bastava  la pandemia, la guerra, la crisi economica e il rincaro delle bollette. Ci voleva anche l’aumento del costo del denaro. L’ennesima batosta per le aziende. Con il rischio di metter in ginocchio le imprese italiane già nel secondo trimestre di quest’anno. Soprattutto se ad aprile non ci saranno incentivi per tamponare l’aumento del costo dell’energia.

Il conto è presto fatto

Lo rivela la Fabi, il sindacato dei lavoratori bancari, che ha effettuato delle elaborazione sulla base di dati forniti da Bankitalia e dal ministero dell’Economia per il 2021 e il 2022. Supponendo che un’azienda abbia uno scoperto di conto corrente da 100mila euro su due anni, factoring per un milione su dieci anni, un credito immobiliare da 5 milioni su venti anni e un leasing strumentale da 10 milioni su cinque anni, l’aumento dei tassi registrato fra il 2021 e lo scorso anno sfiorerà i 2,8 milioni. Su base mensile si parla invece di circa di poco più di 21mila euro di spese in più

La cifra naturalmente si aggiunge agli altri costi aggiuntivi che le aziende stanno subendo per effetto dell’inflazione e dei rincari di materiali ed energia. Quanto basta per mettere in difficoltà un’impresa di piccole dimensioni che magari si scontra anche con un rallentamento della domanda causata dall’acuirsi della crisi. 

Gli oneri finanziari salgono su tutti i fronti

Lo scoperto di conto corrente, che nel 2021 aveva un tasso medio del 14,47%, ha registrato l’anno successivo un tasso d’interesse del 15,86%. In soldoni, su 100mila euro su due anni, il rialzo dei tassi è costato all’impresa 2.180 euro in più. Ma questo è l’incremento più bassi all’interno della voce oneri finanziari che grava sul bilancio societario. Per un leasing strumentale da dieci milioni su cinque anni, il rincaro del costo del denaro (dal 4,87% del 2011 al 7,11 del 2022) ha determinato un aumento da 723mila euro.

Nel caso di un credito immobiliare ventennale su un importo da 5 milioni, l’aumento dei saggi da 2,89 punti percentuali ha generato un aggravio di costi da oltre 1,9 milioni. Infine per un’operazione di factoring da un milione su dieci anni l’imprenditore ha sborsato 107mila euro in più. E questo perché il tasso è passato dal 2,33% del 2021 al 4,12% dello scorso anno.

Per la Fabi la strategia della Bce non è vincente

L’azione della Bce per abbassare l’inflazione non è stata un antibiotico, ma è stata un’operazione chirurgica in tempi molto stretti e molto brevi che ha prodotto un passaggio del costo del denaro dallo 0% al 3% troppo brusco e immediato, rivelatosi dannoso, in particolare, per gli effetti causati sugli interessi bancari” ha spiegato Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi

“Adesso, della comunicazione diretta sembra esserci stato un cambio di passo da parte della: la stessa presidente Lagarde si è resa conto che stressando i mercati e che la sua azione ha provocato incertezza. Così, è stato preannunciato, per marzo, un ulteriore aumento dei tassi di 50 punti base ed è stato detto che sarà probabilmente l’ultimo per il 2023” ha aggiunto Sileoni.

“Quello che va capito, quando si prendono decisioni di politica monetaria, è che nell’area euro abbiamo 20 Paesi con 20 economie fiscali completamente diverse, un aspetto cruciale, ma raramente considerato fino in fondo dal board dell’Eurotower. Il combinato disposto di queste situazioni ha portato allo stress della nostra economia, ha portato a mettere in crisi sia le famiglie sia le imprese” ha concluso il numero uno della Fabi.

Anche gli imprenditori italiani (Anpit) sono molto critici sulla politica monetaria della Lagarde

“Sin da quando la Bce ha avviato questa politica di aumento dei tassi, ai fini di un contenimento dell’inflazione, abbiamo manifestato le nostre perplessità poiché la riteniamo una misura che non può ottenere il risultato voluto visto che ci troviamo di fronte a un’inflazione non da eccesso di domanda ma da aumento dei costi delle materie prime e dell’energia” ha chiarito Federico Iadicicco, presidente nazionale di Anpit Azienda Italia. 

“Abbiamo già registrato un impatto gravissimo sulle imprese con un aumento esponenziale degli interessi sui mutui contratti, con l’aggravante che molte aziende nel periodo Covid avevano ottenuto finanziamenti attraverso il Fondo di Garanzia. Meccanismo che ha generato un aumento di accesso al credito – dovuto alla crisi pandemica – che ha sovraindebitato le nostre imprese, forti anche delle garanzie pubbliche” ha poi aggiunto

Ma il peggio è che questa situazione ha finito con incidere negativamente sulla solidità patrimoniale delle imprese. “Questo scenario si traduce in una sovraesposizione degli oneri finanziari sul totale dei costi con il rischio che se dovessero saltare tutte quelle imprese che hanno contratto mutui mediante garanzie pubbliche vi sarebbe un aggravio per i conti pubblici dello Stato” ha precisato.

Per il presidente di Anpit siano di fronte ad “un corto circuito che, come da noi annunciato, può essere evitato solo se il governo troverà altri 30 miliardi di euro per calmierare i costi dell’energia, perché una possibile discesa dei prezzi darà i suoi effetti solo alla fine del secondo trimestre e non prima. Il combinato disposto dell’aggravio dei costi dell’energia e l’aumento dei tassi d’interesse rischia di far saltare le imprese italiane, impossibilitate a contenere i costi di gestione, con evidenti ricadute sulle casse dello Stato”. 

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