Con la crisi, in Italia a rischio fallimento 70 società dell'energia
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Imprese Mar 04 ottobre 2022

Con la crisi, in Italia a rischio fallimento 70 società dell'energia

Il timer sta esaurendo la sua corsa: dal primo ottobre salteranno almeno 70 utilities dell'energia in Italia. Con la crisi, in Italia a rischio fallimento 70 società dell'energia
Carlo Cambi
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Carlo Cambi

La situazione delle utilities dell’energia

Il timer sta esaurendo la sua corsa: dal primo ottobre salteranno almeno 70 utilities. É una bomba a gas pronta a esplodere che rischia di creare enormi difficoltà alle imprese e un buco nei conti di Snam. L’Arera ha cercato di correre ai ripari per evitare che i default ricadano sul gestore della rete, su Hera ed Enel che hanno i contratti di servizio di default, quelli che assicurano comunque la fornitura di metano. Se ne è accennato appena quando Arera ha chiesto al governo di aumentare le garanzie sui contratti, ma poi è stato solo silenzio. Eppure è uno dei punti di maggiore fragilità del sistema. Se ieri gli aderenti del movimento «io non pago» sono andati in piazza a bruciare le bollette da Bologna a Torino, da Napoli a Cagliari, dal primo ottobre a non pagare saranno le utilities.

L’allarme di Utilitalia

L’Sos è venuto da Utilitalia che raccoglie 450 società che gestiscono l’erogazione di gas, elettricità e acqua. Secondo l’associazione almeno un centinaio di aziende non sono in grado di compare e quindi distribuire gas perché il sistema di rifornimento è rigido. I contratti con cui queste aziende comprano dai «grossisti» tipo Edison o Eni, che pure ha alimentato per un mese i subfornitori, sono scaduti a fine settembre con l’inizio del nuovo anno termico e l’incertezza sui prezzi determina l’impossibilita per i «dettaglianti» del metano di impostare piani tariffari. In più questi distributori sono nell’impossibilità di accedere direttamente al mercato del metano e ci sono interi pezzi d’Italia che rischiano di restare a secco. Le loro difficoltà si riflettono sul sistema produttivo. Non sapendo quali prezzi applicare non fanno i contratti di fornitura oppure li subordinano a fideiussioni che sovente le aziende clienti non sono in grado o non vogliono prestare. A questo punto s’innesca un circuito perverso: il distributore non acquisisce contratti di vendita, non compra a sua volta il metano e va in default. Il suo fallimento si scarica sul sistema che è tuttavia costretto a garantire comunque l’erogazione.

La richiesta di Arera

Da qui la richiesta di Arera di aumento delle garanzie. Ma è come curare una patologia ignorando la diagnosi. Nessuno si è posto questo problema eppure si è già ampiamente manifestato. Di solito Snam che gestisce il tubo chiude entro il 9 settembre i contratti di trasporto o dichiarazioni di nomina con un’occupazione della rete pari al 95%. Quest’anno a settembre solo il 45% della capienza del tubo è stata occupata tant’è che i termini sono stati riaperti in via eccezionale in due successive tranche, una a fine settembre e una ulteriore che scade la prossima settimana ad anno termico già ampiamente iniziato. Eppure non è stata saturata le rete. Per Assogas – aderente a Confindustria, riunisce i piccoli operatori – «Su un totale di 1,2 miliardi di metri cubi per cui abbiamo assunto impegni contrattuali – ha dichiarato Gianpaolo Russo direttore generale – a oggi il 40% resta scoperto».

I metri cubi di gas

Così si è già creato un ammanco di 480 milioni di metri cubi che non si sa se e da chi saranno distribuiti. Secondo rilevazioni di Utilitalia però il buco è assai più rilevante: ci sarebbero circa 20 miliardi di metri cubi di metano ancora incerti nella distribuzione. La ragione è che gli operatori finali, soprattutto quelli più piccoli, non sufficiente liquidità per comprare spot e non hanno accesso al punto di scambio virtuale (sarebbe l’ingrosso del gas in Italia, quello dove l’Arera ha fissato il prezzo delle bollette che sono diventate mensili). E’ chiaro che la non distribuzione di questa quantità di gas sarà ammortizzata prima da Snam (ha l’obbligo di garantire la fornitura per 6 mesi, ma questo peserà molto sui suoi conti) e poi dai fornitori ultima istanza (Hera ed Enel) ma si tradurrà inevitabilmente in un ulteriore aggravio di tariffa per gli utenti. E’ una situazione sinora sottovalutata sia in Italia che in Europa eppure Helge Haugane, vicepresidente di Equinor l’azienda energetica norvegese pubblica al 67%, è stato chiarissimo nelle scorse settimane: le utilities rischiano un fallimento continentale da 1500 miliardi. Ce n’è abbastanza per far saltare il banco in Europa.

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