Quando comprare le azioni per il dividendo è davvero un affare
Quali sono gli elementi da valutare prima di comprare le azioni per godere del dividendo. Non sempre è convenienteA Piazza Affari cedole generose, ma…
Gli appuntamenti da non dimenticare sono due: 24 aprile e, soprattutto, 22 maggio. Sono le due date in cui, gran parte delle società quotate a Piazza Affari stacca il dividendo che verrà pagato un paio di giorni dopo. La sorpresa di quest’anno è proprio l’abbondanza delle cedole che ha superato ogni aspettativa. La guerra, la crisi energetica e il rialzo dei tassi d’interesse sembravano aver formato una miscela velenosa per i bilanci delle aziende quotate.
In realtà il sistema ha dimostrato una capacità di resistenza superiore ad ogni pronostico. Così le interruzioni sono davvero poche. La più dolorosa è certamente lo stop di Avio. Non c’entra però la recessione quanto il fallimento delle ultime missioni causato dall’irregolare funzionamento del lanciatore prodotto in buona parte dall’azienda italiana. Dall’altra parte si segnala il ritorno della cedola in casa Moratti attraverso la Saras.
In molti casi i rendimenti sono davvero interessanti. A renderli così appetibili è stato il calo delle quotazioni delle ultime settimane. Quota 28 mila dell’indice Ftse Mib si è dimostrata insuperabile e adesso Piazza Affari lotta attorno a quota 27 mila. Così il dividend yeld (il rapporto fra ammontare della cedola e quotazione del titolo) ha assunto ampiezza molto rilevante. Società di primissimo piano come Mediobanca e Stellantis viaggiano attorno all’8%. All’incirca il doppio di un Btp decennale. Enel rende il 7% così come Generali.
Dividendi molto meglio delle cedole dei titoli di Stato?
Entusiasmo forse eccessivo anche se non del tutto immotivato. La prima differenza è data proprio dalla variabilità del rendimento. Nel caso del Btp è stabilito al momento dell’emissione mentre il dividendo è legato all’andamento del listino. Seconda differenza: il trattamento fiscale. Le cedole dei Btp pagano solo il 12,5% e non ci sono problemi al momento dell’eventuale successione. Il dividendo è tassato al 27% e le azioni da cui derivano rientrano nell’asse ereditario. Quindi obbligo di dichiarare tutto.
Nonostante questi ostacoli il dividendo mantiene una sua mistica. Soprattutto in momenti di alta volatilità come gli attuali. Le ragioni sono diverse. La prima: il mercato dei Btp non è così stabile come si crede. L’improvviso rialzo dei tassi sta penalizzando le quotazioni. Nessun problema per chi ha la pazienza di portare il titolo alla scadenza magari fra dieci anni. Chi invece è costretto a vende può andare incontro a perdite pesanti tanto più amare perché inattese (altro che titoli a reddito fisso!).
Secondo elemento: l’inflazione è in Italia è arrivata al 9%. I Btp, nella migliore delle ipotesi rendono il 4%. Se i prezzi al consumo non scendono rapidamente il risparmiatore subirà una lenta ma costante erosione del suo capitale. Terzo elemento dedicato a chi si aggira a Piazza Affari: bisogna essere investitori molto ordinati. Il giorno dello stacco del dividendo la quotazione perde l’equivalente della cedola, Per massimizzare i rendimenti bisognerebbe avere la disciplina di comprare investendo l’esatto ammontare del dividendo che verrà pagato due giorni dopo. Quarto elemento: scegliere le azioni non solo in base al dividend/yeld ma sempre con l’attenzione alle capacità di rivalutazione del titolo. Perché poi ce la possiamo raccontare come si vuole ma il rialzo delle quotazioni resta la vera spinta che porta a Piazza Affari.