Piazza Affari chiede a +2,49%, in attesa della decisione di Draghi
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In evidenzaMercati Mar 19 luglio 2022

Piazza Affari chiude a +2,49%, si aggrappa a Giggino in attesa di Draghi

La scommessa su Giggino Di Maio che potrebbe fare il pieno di grillini in fuga e la tenuta di Wall Street nonostante le banche. Piazza Affari chiude a +2,49%, si aggrappa a Giggino in attesa di Draghi
Nino Sunseri
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Nino Sunseri

Giornalista economico finanziario da oltre 50 anni, ha cominciato nel 1974 al Giornale di Sicilia. Ha lavorato rivestendo ruoli di caposervizio e inviato per il Corriere della Sera, La Repubblica e Libero.

L’andamento della Borsa di Milano con la crisi di governo

La scommessa su Giggino Di Maio che potrebbe fare il pieno di grillini in fuga e la tenuta di Wall Street nonostante l’appannamento delle banche danno forza a Piazza Affari. Un rialzo dell’1,13% riporta l’indice sopra quota 21 mila. L’apertura di Milano è in territorio negativo nella prima parte della mattina. La fiammata al rialzo arriva nel pomeriggio, trainata anche dagli entusiasmi delle borse americane. Alla fine Milano chiude portandosi a casa un +2,49%.

Cosa pensa la Borsa sul governo

L’insieme di questi elementi dimostra che Piazza Affari è convinta che alla fine una soluzione sarà trovata per evitare la caduta del governo e il ricorso alle elezioni anticipate. Tanto più che, come dice Gabriel Debach, analista per l’Italia della piattaforma eToro, la nuova crisi si inserisce in un copione italiano a lungo frequentato dalla nostra politica. «Le dimissioni di Draghi – dice – riportano alla luce una decisa instabilità governativa. Escluso il periodo del governo Renzi, la media di governo dal 2011 ad oggi di circa 479 giorni. Draghi, in carica da 520 giorni si classifica alla ventesima posizione su 67 nella classifica dei governi con maggiori giorni in carica».

Secondo Piazza Affari il premier avrà la fiducia dalle Camere. La pattuglia grillina, ormai decimata, potrebbe risultare azzerata dall’ultimo esodo verso il contenitore politico costruito dal ministro degli Esteri. Il trasferimento, secondo le indicazioni che circolano nelle sale operative, potrebbe essere massiccio all’interno del gruppo parlamentare della Camera che in questi mesi non ha mai fatto mancare la fiducia al governo. Una divergenza mai vista: gli eletti grillini a Montecitorio che vanno da una parte e i Senatori dall’altra. In queste condizioni difficile immaginare un futuro a M5s. Il richiamo della poltrona è molto forte.

Le elezioni subito metterebbero a rischio le pensioni, la cui maturazione arriverà solo a fine settembre. Per non parlare del mancato stipendio. Fino a marzo, scadenza naturale della legislatura ci sono ancora otto mesi. Andare via prima significherebbe rinunciare a un incasso di almeno centomila euro. Un sacrificio, ragiona cinicamente Piazza Affari, che nessuno degli attuali parlamentari intende correre. Tanto più che, con il taglio dei saggi non c’è più certezza di conferma. Troppo alto il costo per il Paese che le elezioni anticipate. Un assaggio di quello che potrebbe succedere si è visto giovedì quando, all’annuncio che Draghi stava salento al Colle, la Borsa ha bruciato in poche ore 17 miliardi mentre Btp e la forbice tra Btp e Bund si è aperta.

Lo scudo anti-spread

Per calmare i mercati la Bce intende varare lo scudo anti-spread. La Germania non nasconde le sue perplessità. Senza Draghi il progetto nasce morto con costi difficile da valutare per l’Italia. L’appuntamento decisivo è fissato per giovedì a Francoforte. Proprio la situazione di instabilità che attraversa l’Italia costringerà Christine Lagarde all’immobilità.

Come annunciare un intervento a garanzia dell’Italia se non è chiaro quale sarà l’orizzonte. Questo discorso vale anche per il Pnrr di cui l’Italia è il maggior beneficiario. A fine anno Bruxelles dovrebbe staccare il secondo assegno del 2022, che vale 21,8 miliardi. Per ottenerli bisogna centrare diversi obiettivi, che sono molto più specifici rispetto a quelli fissati nel cronoprogramma scaduto il 30 giugno.

Gli obiettivi di Piazza Affari

I target sono 16, contro uno solo del periodo precedente, assieme a 39 milestone (obiettivi più generici). Sicuramente i ministeri possono preparare i decreti attuativi anche senza un governo in carica, ma se si andasse a elezioni anticipate e non se ne dovesse formare uno entro novembre sarebbero guai. Entro il 31 dicembre va infatti raggiunto l’obiettivo annuo di 66 riforme, di cui 23 leggi e 43 decreti attuativi e finora l’Italia ha fatto circa la metà di quanto richiesto da Bruxelles. Fra questi provvedimenti c’è la legge sulla Concorrenza il cui percorso parlamentare rischia di trasformarsi in una risaia vietnamita.

Dovrà affrontare, fra l’altro due riforme molto divisive come le licenze ai taxi e le concessioni balneari. A confronto lo scontro sul termovalorizzatore di Roma diventa una scaramuccia. Bruxelles ha ripetuto la sua fiducia all’ex governatore della Bce nella convinzione che sono la sua determinazione potrà portare a casa cambiamenti così impattanti. Se fallisce lui è facile immaginare che Bruxelles chiederebbe un supplemento di istruttoria prima di concedere nuovi fondi all’Italia. I falchi olandesi affilano le unghia.

In caso di caduta del governo, certamente salterebbe il decreto di luglio contro il caro-energia e il caro-vita, con attesi interventi sull’Iva legata ai beni di largo consumo, nuovi aiuti per le bollette sindacati e Confindustria chiedono da settimane di stanziare almeno 15 miliardi per alzare i salari e abbassare il costo del lavoro per le imprese, con il ministero dell’Economia che ne aveva già trovati circa 5-6.

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