Il boom dell’inflazione accende la miccia, meglio restare alla finestra
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Mercati Sab 02 luglio 2022

Il boom dell’inflazione accende la miccia, meglio restare alla finestra

Ormai la recessione appare inevitabile e l’Italia non potrà esserne risparmiata. Tuttavia ci sono alcuni elementi positivi da considerare. Il boom dell’inflazione accende la miccia, meglio restare alla finestra
Nino Sunseri
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Nino Sunseri

Giornalista economico finanziario da oltre 50 anni, ha cominciato nel 1974 al Giornale di Sicilia. Ha lavorato rivestendo ruoli di caposervizio e inviato per il Corriere della Sera, La Repubblica e Libero.

Le previsioni per le Borse 

Le principali Borse europee chiudono l’ultima seduta della settimana in lieve rialzo. Pizza Affari +0,23%, Francoforte +0,25%, Londra -0,02% e Parigi +0,14%. Con un’inflazione all’8,6%, di gran lunga superiore alla previsione della Banca centrale europea (il consenso era 8,4), si riapre la discussione sull’entità dell’aumento dei tassi di interesse a luglio. Secondo gli analisti però «alla fine il consenso su un aumento da 25 punti base reggerà». Restano comunque in calo i rendimenti delle obbligazioni della zona euro, dove il Bund a 10 anni scende all’1,22% e il pari scadenza italiano al 3,08%, portando lo spread a 186 punti base.

La recessione per l’Italia

Ormai la recessione appare inevitabile e l’Italia non potrà esserne risparmiata. Tuttavia – come spiegano gli analisti di Ref ricerca – ci sono alcuni elementi positivi da considerare. Innanzitutto la relativa solidità del settore manifatturiero, legata al lungo periodo di rafforzamento della posizione competitiva iniziato intorno alla metà degli anni duemiladieci. Da questo punto di vista, un segnale incoraggiante è rappresentato dal fatto che, pur in rapida accelerazione, la nostra inflazione ha mantenuto un divario di segno negativo rispetto all’area euro.

In generale, in Europa la risposta tradizionale a shock esterni sui prezzi ha visto storicamente modelli differenti nei Paesi mediterranei rispetto alle economie dell’area tedesca. Il rischio era evidentemente quello di una maggiore persistenza dell’inflazione nel primo gruppo, con conseguente perdita di competitività, minore crescita e aumento del premio al rischio sui titoli del debito sovrano. Questo schema, tuttavia, non sembra affermarsi nella fase attuale. L’Italia ha infatti mantenuto tassi di inflazione più bassi e anche il quadro dal lato delle retribuzioni non evidenzia un disallineamento rispetto ai Paesi europei del centro.

Il passaggio congiunturale

In conclusione, il passaggio congiunturale in corso è complesso perché lo scenario internazionale è difficile. La frenata del 2022 ci porta verso un 2023 problematico, con rischi di recessione legati all’evoluzione della pandemia e della crisi in Ucraina. Dopo l’emergenza sanitaria, la politica economica dovrà confrontarsi quindi ancora con altre urgenze.

Ma quanto durerà la recessione, si chiede Alessandro Fugnoli nella lettera settimanale per i clienti Kairos? Le ipotesi sui mercati, spiega, vanno da pochi mesi a due anni. Per alcuni è già iniziata, per altri sarà l’anno prossimo. La selettività significa che il punto di partenza per entrare sui mercati sarà il Treasury, prima a 5 e poi a 10 anni. Considerando il recupero recente, tuttavia, sarà prudente comperarli solo se il rendimento tornerà intorno al 3,6 per cento. Per tutto il resto non c’è fretta e bisogna almeno lasciare passare l’estate e vedere come si comporta l’inflazione.

Cosa aspettarsi per la fine dell’anno

Verso fine anno, se tutto va nel migliore dei modi, si potrà riparlare seriamente di azionario. Quanto alle aspettative, è usuale, quando si entra in un bear market, sentire che la ripresa, quando verrà, sarà lenta, modesta e faticosa. In realtà l’uso generoso degli stimoli monetari ha reso le riprese, negli ultimi decenni, forti e durature. Ora però l’impressione è che si sia rotto qualcosa in questo meccanismo e che le banche centrali, disorientate e confuse, saranno più caute nel reflazionare e nel tollerare bolle degli asset finanziari. Tempo al tempo, in ogni caso.

In autunno, verosimilmente, vedremo fiorire i primi germogli di disinflazione, ma perché i mercati ne traggano davvero una spinta non effimera bisognerà che la discesa dell’inflazione non sia accompagnata da una frenata troppo pesante del ciclo economico.

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