Con Ueda meno investimenti giapponesi all'estero V&A
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MercatiPrimo piano Mer 15 febbraio 2023

Occhio al Giappone: "Nell'era Ueda meno investimenti all'estero"

Il Giappone ha più di 2.000 miliardi di dollari di investimenti oltreconfine, di cui circa la metà sono obbligazioni sovrane statunitensi Occhio al Giappone: "Nell'era Ueda meno investimenti all'estero" SIGLATO ACCORDO DI LIBERO SCAMBIO TRA UE E GIAPPONE
Gianluca Baldini
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Gianluca Baldini

Dopo i grandi rifiuti la nomina di Ueda

Kazuo Ueda è stato nominato nuovo governatore della Bank of Japan per default, dopo che i candidati più probabili (e attesi) hanno rifiutato la nomina. Cosa cambierà dunque ora con la sua politica monetaria? “Ueda ha frequentato il MIT per una parte della propria carriera accademica, nello stesso periodo dell’ex capo della FED Ben Bernanke, quando Stanley Fisher era docente, prima di diventare egli stesso membro della Fed diversi anni dopo”, ricorda Frederic Leroux, membro dello Strategic Investment Committee di Carmignac.

Si può quindi affermare che, a 71 anni, Ueda abbia una visione accademica della teoria monetaria e del central banking. I banchieri centrali occidentali hanno imparato a proprie spese che ora è di nuovo l’inflazione a decidere il livello dei tassi di riferimento o il mantenimento di politiche monetarie non ortodosse come il controllo della curva dei rendimenti”, dice l’esperto. “E l’inflazione sta prendendo piede anche in Giappone. I giorni del controllo della curva dei rendimenti sono contati, così come quelli di una curva dei tassi che è stata troppo a lungo lontana dalla realtà economica. In questo contesto, il leader scelto passa in secondo piano. Ciò che conta è il rispetto del mandato dell’istituzione che rappresenta: la stabilità del sistema finanziario giapponese”, ribadisce.

“Normalizzazione della politica monetaria”

“Una rapida normalizzazione della politica monetaria è all’orizzonte ed è tutt’altro che certo che il conseguente aumento dei tassi di interesse e dello yen sarà dannoso per l’economia giapponese e per la valutazione degli asset rischiosi giapponesi. La normalizzazione monetaria in corso in Giappone è una svolta epocale dopo 30 anni di pressioni deflazionistiche quasi ininterrotte. Merita tutta la nostra attenzione e il nostro interesse”.

“Il Giappone si trova in un momento cruciale su più fronti”, aggiunge Eric Lascelles, Chief Economist, RBC Global Asset Management. “Il tasso di inflazione è salito ben oltre il target del Paese. Tuttavia, a differenza di quasi tutti gli altri Paesi, questo dato è ancora visto in modo positivo, vista la lunga lotta di Tokyo per sostenere un’inflazione positiva”, continua. “La Bank of Japan è contemporaneamente alle prese con le distorsioni del suo mercato obbligazionario sovrano. A causa del forte intervento della banca centrale– oggi possiede la metà dell’intero stock di obbligazioni sovrane del Paese – il mercato è altamente illiquido. Inoltre, la curva dei rendimenti è distorta dall’acquisto concentrato dei titoli a dieci anni da parte della BoJ, che ha creato una spaccatura in quel punto della curva”, dice.

“La BoJ ha già ampliato una volta il range del suo target per il rendimento dei titoli di Stato a dieci anni ed è sempre più probabile che debba farlo di nuovo, dato che i suoi sforzi non hanno ancora alleviato le pressioni del mercato né risolto i problemi di liquidità. L’intero framework di controllo della curva dei rendimenti potrebbe essere abbandonato del tutto”, continua. “La prospettiva di un ulteriore aumento dei rendimenti dei titoli sovrani è di enorme importanza per il Giappone. Il Paese ha il più grande carico di debito sovrano al mondo rispetto alle dimensioni del suo motore economico, pari a circa il 260% del Pil. Circa l’8% del bilancio nazionale viene speso per il pagamento degli interessi, che aumentano sensibilmente per ogni incremento di 25 punti base dei costi di finanziamento. Una stima sostiene che ogni aumento di questo tipo pesi per un ulteriore 10% sul bilancio del governo”.

Per questo motivo la politica monetaria di Ueda sarà cruciale per l’economia del Paese. “Naturalmente, metà di questo debito è detenuto dalla banca centrale, che riporta i suoi profitti (compresi i guadagni da interessi) al governo. Ma la stessa BoJ subisce perdite massicce su queste partecipazioni quando i rendimenti aumentano. Queste perdite rimangono sulla carta se la banca centrale detiene le obbligazioni fino alla scadenza, ma se è costretta a iniziare a ridurre i suoi acquisti, queste perdite possono diventare reali, con conseguenze per le finanze pubbliche”, continua. “Le banche giapponesi detengono 1.100 miliardi di dollari di debito sovrano giapponese e sono destinate a perdere ingenti somme di denaro con l’aumento dei rendimenti (e il conseguente calo dei prezzi delle obbligazioni)”.

Capitale che rientra in patria

Con l’arrivo di Ueda, “anche i flussi internazionali potrebbero risentirne in modo significativo. Il Giappone ha più di 2.000 miliardi di dollari di investimenti all’estero, di cui circa la metà sono obbligazioni sovrane statunitensi. Via via che i tassi di interesse diventano più interessanti in Giappone, parte di questo capitale ritorna in madrepatria, aumentando i costi di prestito altrove e riducendo l’offerta di capitale internazionale”.

Difficile dire, insomma, come si comporterà Ueda. “Nel migliore dei casi, il Giappone riuscirà a sostenere un’inflazione leggermente positiva, sfuggendo alle catene dei tassi negativi e del suo sistema di controllo della curva dei rendimenti. Nel peggiore dei casi, con l’aumento dei rendimenti sorgeranno significativi problemi fiscali e finanziari. Nello scenario più probabile, il Giappone continuerà a tirare avanti in qualche modo”.

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