Rete Tim: 20 miliardi non bastano, si muova il governo - V&A
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MercatiPrimo piano Gio 09 febbraio 2023

Rete Tim: 18-20 miliardi non bastano e il governo...

L'offerta è ritenuta bassa dal primo azionista Vivendi. Il governo potrebbe riconvocare il tavolo sulla rete coinvolgendo Kkr Rete Tim: 18-20 miliardi non bastano e il governo...
Tobia De Stefano
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Tobia De Stefano

Con una lunga esperienza nel settore economico, ha lavorato a Libero Mercato e Libero. Ora è alla Verità e scrive per Panorama e Verità & Affari

Le differenze di valutazione

Da una parte c’è un’offerta da circa 20 miliardi, quelle del fondo americano Kkr presentata già sul tavolo del cda di Tim. Dall’altra una potenziale controfferta, quella di Cdp e del fondo australiano Macquarie (primo e secondo azionista di Open Fiber), che con le enormi difficoltà del caso stanno provando a mettere sul piatto una proposta migliorativa. In mezzo la valutazione per la rete Tim (l’oggetto della contesa) da almeno 30 miliardi, quella del primo azionista dell’ex monopolista, Vivendi, che per adesso non sembra disponibile a indietreggiare.

La domanda sorge spontanea. Come se ne esce? Il tempo che porta al consiglio di amministrazione del 24 febbraio (questa la tempistica che i consiglieri si sono dati per rispondere a Kkr) scorre veloce e al momento di soluzioni non se ne intravedono. Partiamo dalle certezze. Sappiamo che l’offerta di Kkr inclusa Sparkle, la rete sottomarina internazionale, è di 20 miliardi. Poi ci sono degli earn out legati sembra anche agli eventuali incentivi del Tesoro, ma anche delle opzioni legati a un’eventuale fusione con Open Fiber. Comunque, restando sull’offerta base, sappiamo che c’è un “2” davanti e che l’altro numero è uno zero: 20 miliardi (ai quali andrebbero sottratti i 2 miliardi già pagati da Kkr per il 37,5% di Fibercop). Su questi parametri a oggi Vivendi non si è espresso. Di certo il primo azionista vede con favore l’accelerazione sul dossier rete pubblica impressa dall’offerta del fondo Usa, ma sembra difficile che possa dirsi entusiasta delle cifre messe sul piatto.

Il delicato compito del cda

Ecco che il compito dei consiglieri Tim appare quanto mai complicato. Dovrebbero accettare o bocciare un’offerta dai valori non altissimi in assenza di rappresentanti del primo azionista nel consiglio. E qui arriviamo al secondo punto. E’ possibile che sia l’offerta della Cassa a sparigliare le carte. Possibile, ma molto difficile.

Non passa giorno senza che spunti il nome di un nuovo fondo, non sempre focalizzato sulle infrastrutture tlc, pronto a partecipare all’operazione? Al punto che viene da chiedersi: se c’è già il fondo Macquarie, secondo azionista di Open Fiber dietro Cdp, a fare da socio finanziario e industriale, perché cercare altri private o istituzioni sovrane? Si è parlato di Blackstone, ma pare che il fondo, che in Italia ha già investito insieme a Macquarie in Aspi, non abbia mai messo davvero la testa sul deal, più concreti sembrano invece gli interessamenti di Gip (che controlla Italo) e soprattutto del canadese Brookfield.

Il ruolo di Macquarie

Ma più che il fondo interessato, conta capire la logica che c’è dietro. La Cassa ha difficoltà a finanziarsi? Non riesce a trovare le risorse per pareggiare (anzi superare) i 20 miliardi “base” proposti da Kkr? O ancora: è possibile che i soggetti che investono in Macquarie siano abbastanza “freddi” rispetto a un’operazione che li porterebbe a mettere dei soldi in una società (la rete Tim) che ha nel perimetro anche Fibercop (dove Kkr ha il 37,5%) che fa nella sostanza lo stesso mestiere (posare la fibra ottica in giro per l’Italia) di Open Fiber? Insomma se non si fa la rete unica – e qui ci sono grossi problemi di Antitrust – cosa succede?

Il rischio è che si arrivi al cda del 24 con due offerte “inaccettabili” perché non gradite al primo azionista e che nessun consigliere voglia prestare il fianco a una possibile azione di responsabilità. Si teme di trovarsi di nuovo nelle sabbie mobili e per questo dopo lo sprint di inizio settimana il titolo ha perso poco più dell’1,5% fermandosi sulla soglia di 0,30 centesimi. Al punto che oggi più di ieri diventa centrale il ruolo di ricucitura del governo. La Meloni ha assicurato di guardare da vicino il dossier e che a breve ci saranno delle risposte. Mentre non risulta a oggi nessun incontro tra il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e l’ad di Cdp (controllata dal Mef) Dario Scannapieco. Che può voler dir tutto o anche niente.

Mentre sono scomparse le tracce del tavolo (eravamo arrivati al quinto round) voluto dal governo per trovare una soluzione sulla rete pubblica e individuare i corretti incentivi (voucher, Iva al 10%, sostegno alle aziende energivore ecc.) per il settore delle tlc. Riconvocarlo, coinvolgendo a questo punto insieme a Palazzo Chigi, Mef Mimit, Vivendi e Cdp anche Kkr, potrebbe essere un’idea. 

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