Missili e navi militari schierate, Cina e Taiwan pronte alla guerra?
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Mondo Ven 05 agosto 2022

Missili e navi militari schierate, Cina e Taiwan pronte alla guerra?

Navi da guerra hanno nuovamente valicato la linea mediana dello Stretto. Ci avviciniamo ad una guerra tra Cina e Taiwan? Missili e navi militari schierate, Cina e Taiwan pronte alla guerra?
Redazione Verità&Affari
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Redazione Verità&Affari

La guerra tra Cina e Taiwan

Navi da guerra e velivoli militari delle forze armate cinesi hanno nuovamente valicato la linea mediana dello Stretto di Taiwan questa mattina. Lo ha riferito tramite una nota il ministero della Difesa di Taiwan, che ha definito la manovra “altamente provocatoria”. “Sino alle ore 11, successive ondate di aeroplani e navi da guerra cinesi hanno condotto esercitazioni nello Stretto di Taiwan e attraversato la linea mediana dello Stretto”, afferma la nota ministeriale. Siamo all’alba di una guerra tra Cina e Taiwan? Analisti della difesa taiwanesi confermano che le vaste esercitazioni militari intraprese da Pechino dopo la visita della presidente della Camera Usa Nancy Pelosi costituiscono la prova generale di un blocco armato dell’isola.

Dopo la visita di Pelosi a Taiwan

La Cina ha risposto da ieri, 4 agosto, alla visita a Taiwan della presidente della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, Nancy Pelosi. A partire dalle prime ore dell’alba, le forze cinesi hanno condotto intense esercitazioni militari in sei diverse zone marittime intorno all’isola, poi diventate sette nel corso della giornata. Le manovre sono eseguite anche in tratti delle acque territoriali taiwanesi e andranno avanti fino al 7 agosto, all’8 nel caso della zona di esercitazioni annunciata ieri. Non solo: le forze navali cinesi hanno oltrepassato in diverse occasioni la linea mediana dello Stretto, arrivando quasi al confronto diretto con quelle taiwanesi, e nella notte due droni in formazione hanno sorvolato l’area di Kinmen, un piccolo arcipelago pesantemente fortificato e controllato da Taipei al largo della città cinese di Xiamen.

Navi e aerei schierati

La preoccupazione ora è quella che possa scoppiare una guerra tra Cina e Taiwan. L’emittente di Stato orientale “Cctv” ha dato notizia dell’invio di “centinaia” di aerei da combattimento, bombardieri e altri velivoli da guerra per condurre operazioni congiunte nei cieli di Taiwan, e di più di 10 navi da guerra che hanno tenuto posizioni nelle acque intorno all’isola per “operazioni di contenimento congiunte” in quello che le autorità di Pechino definiscono un “esercizio di addestramento pratico di portata senza precedenti”. Lo sviluppo più preoccupante, tuttavia, è il lancio di missili balistici nelle acque attorno all’isola, iniziato nella mattinata di ieri. Missili Dongfeng sono caduti al largo delle coste nord-orientali e sud-occidentali di Taiwan a partire dalle 13:56 ora locale, le 7:56 in Italia. Più tardi il ministro della Difesa di Tokyo, Nobuo Kishi, ha fatto sapere che alcuni dei proiettili (cinque su nove) sono in realtà caduti all’interno della Zona economica esclusiva (Zee) del Giappone. Altri missili sono finiti nei pressi delle isole Matsu, situate anche in questo caso a poca distanza dalla costa cinese, ma secondo i media locali i proiettili erano in realtà diretti verso le acque al largo della costa nord-orientale di Taiwan.

La reazione del Giappone

Com’era inevitabile, il Giappone ha protestato formalmente con il governo cinese. “Si tratta di una questione grave, che riguarda la nostra sicurezza nazionale e quella della nostra gente”, ha spiegato Kishi. Già prima dell’incidente, però, nella giornata di mercoledì il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Hua Chunying, aveva sottolineato come la Cina non riconosca la Zee del Giappone, dal momento che i due Paesi non hanno mai “definito il proprio confine marittimo”. Il lancio di missili balistici verso il Giappone potrebbe dunque essere deliberato. Il ministero della Difesa cinese ha confermato i test missilistici in un comunicato, precisando che essi mirano a contrastare la “collusione” tra Stati Uniti e Taiwan. La dichiarazione afferma che le forze cinesi hanno condotto operazioni nei mari e nei cieli intorno all’isola, esercitazioni che includono test missilistici di precisione in diverse zone marittime al largo dei principali porti di Taiwan. Gli attacchi missilistici sono stati “un solenne deterrente contro la collusione Usa-Taiwan”, afferma la nota.

Taiwan, da parte sua, ha ribadito che non rinuncerà a difendere la propria sovranità, che “rafforzerà al vigilanza” ma che non intensificherà le tensioni con la Cina. In risposta a quello che ha definito un comportamento “irrazionale” da parte di Pechino, il ministero della Difesa nazionale di Taipei ha affermato su Twitter che l’esercito nazionale condurrà esercitazioni quotidiane “a tutti i livelli” ma non intende cercare alcuna escalation, accusando al contempo la Cina di voler cambiare lo status quo e destabilizzare la regione indo-pacifica. Il ministero della Difesa, afferma la dichiarazione, è determinato a “sostenere il principio di prepararsi alla guerra senza cercare la guerra”, con l’intenzione di “non intensificare i conflitti e non provocare controversie”. “Non cerchiamo alcuna escalation, ma non ci fermiamo quando si tratta della nostra sicurezza e sovranità”, ha affermato il ministero.

Tensione diplomatica

Nel frattempo la tensione si è alzata anche sul piano diplomatico, nel tentativo di scongiurare una guerra tra Cina e Taiwan. Il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha criticato duramente la dichiarazione congiunta con la quale mercoledì il G7 aveva invitato Pechino a “non usare la visita di Pelosi come pretesto per attività militari aggressive” nello Stretto. Secondo Wang, che ieri si trovava in Cambogia per la ministeriale dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (Asean), il comunicato ignora platealmente la provocazione degli Stati Uniti. Il documento “critica senza alcun fondamento la Cina per misure che sono ragionevoli e legittime, volte a salvaguardare la sua sovranità e integrità territoriale”, afferma il ministro in un comunicato. “Chi ha dato (al G7) tale prerogativa? È inspiegabile proteggere chi infrange i diritti e puntare il dito contro chi si difende”. Secondo Wang, la dichiarazione congiunta del G7 ha creato “grande indignazione” tra i cittadini cinesi.

Il tentativo di intermediazione

Anch’egli in Cambogia per la riunione Asean, il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha ribadito invece che Washington si oppone a qualsiasi tentativo unilaterale di cambiare lo status quo nello Stretto di Taiwan, specialmente attraverso l’uso della forza. Secondo Blinken, la stabilità nello Stretto “è nell’interesse dell’intera regione”. Il segretario di Stato si è anche detto pronto ad ascoltare le idee sul tema dei Paesi membri dell’Asean per scongiurare la guerra tra Cina e Taiwan. L’associazione ha diramato un comunicato nel quale ha avvertito che le forti tensioni nello Stretto di Taiwan potrebbero portare a “errori di calcolo”, a “un serio confronto” e finanche a “un conflitto aperto” tra le grandi potenze dalle conseguenze “impredicibili”. “L’Asean – si legge in una dichiarazione congiunta – è pronta a giocare un ruolo costruttivo nel facilitare un dialogo pacifico tra tutte le parti”. Il blocco ha invitato dunque le parti alla “massima moderazione” e ad “astenersi da qualsiasi provocazione”. 

La precisazione degli Usa

La presidente della Camera dei rappresentanti Usa, Nancy Pelosi, tracciando un bilancio del viaggio nella regione asiatica concluso oggi in Giappone, e culminato nella visita della speaker a Taiwan, mercoledì 3 agosto, ha cercato di gettare acqua sul fuoco. “Abbiamo detto sin dal principio che la nostra presenza qui non riguarda un cambiamento dello status quo a Taiwan o nella regione”, ha affermato Pelosi, commentando la durissima reazione militare attuata dalla Cina in risposta alla visita. “Il governo cinese non apprezza che la nostra amicizia con Taiwan sia solida”, ha aggiunto la speaker, secondo cui “alla Camera e al Senato (federali Usa) c’è un sostegno bipartisan per la pace e lo status quo a Taiwan”.

Pelosi ha difeso la sua decisione di fare tappa a Taipei nonostante gli avvertimenti rivolti da Pechino per settimane, ed ha criticato la Cina sul fronte dei diritti umani: “Il fatto è, e l’ho detto più e più volte, che se non prendiamo posizione per i diritti umani in Cina sulla base di interessi commerciali, perdiamo qualunque autorità morale per parlare in nome dei diritti umani in ogni altra parte del mondo”, ha affermato la presidente della Camera, secondo cui “la Cina presenta alcune contraddizioni: alcuni progressi in termini di elevazione delle condizioni di vita della sua gente, e alcune cose orribili che accadono agli uiguri: non a caso è stato definito un genocidio”.

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