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QUOTIDIANO INDIPENDENTE - Fondato e diretto da MAURIZIO BELPIETRO

 

La storia della Banca Monte dei Paschi di Siena

Tra crisi e tentativi (falliti) di risanamento la Banca Monte dei Paschi di Siena (nota Mps) tiene le prime pagine della finanza italiana da quindici anni. Da quello sciagurato (per gli azionisti) giorno del 2007 in cui lo stato maggiore della banca guidata dal presidente Giuseppe Mussari decise di acquistare Antonveneta a un prezzo oltre dieci miliardi di euro. Un valore di oltre il 50% maggiore rispetto a quanto pochi mesi avevano speso gli spagnoli del Banco Santander. Sulle ragioni di un’operazione così spericolata molto si è discusso in questi anni (anche nei tribunali) senza arrivare ad una risposta definitiva.

I vertici del gruppo senese hanno spiegato che l’acquisto di Antonveneta rappresentava l’ultimo treno per restare nella Serie A del credito italiano ed europeo. Nessuna spiegazione però sul prezzo, decisamente elevato né sulle ragioni che avevano spinto Emilio Botin, gran capo del Santander a liberarsi della banca padovana. Forse aveva visto i conti ed era scappato a gambe levate? Secondo un’altra spiegazione, più complottista, fu un affare architettato ai piani alti del sistema finanziario internazionale per irrobustire il gruppo spagnolo che rischiava molto visto che stava arrivando dagli Usa l’incendio provocato dalla crisi dei mutui subprime. Incerta anche la data di inizio del collasso. Secondo alcuni bisogna retrodatarla al 2002 con la sottoscrizionei delle operazioni Santorini e Nota Italia, e poi, nel 2005, con l’acquisto del bond Alexandria.

In Mps entra lo Stato 

Attualmente il Tesoro è l’azionista di maggioranza di Mps con quasi il 70%, anche se il piano di ristrutturazione, approvato dalla Ue nel 2017 prevede l’uscita dal capitale. Inizialmente l’appuntamento era stato fissato per la fine del 2021. Il fallimento della trattativa con Unicredit ha imposto il rinvio Antonveneta.

A novembre 2007, Mps acquista, a sorpresa, dal Santander la banca Antonveneta per 10,3 miliardi, pagata dagli spagnoli 6,6 miliardi pochi mesi prima. Nel 2009 viene deciso di vendere a Nomura i titoli Alexandria che stanno provocando ingenti perdite. In cambio Nomura spalma il ‘rosso’ su un arco di trenta anni e la banca prenota 1,9 miliardi di Tremonti bond promettendo il rimborso nel 2012. A ottobre Bankitalia intensifica la sorveglianza sula banca.

L’intervento della Vigilanza

Nel 2010 la Banca d’Italia avvia una prima ispezione e chiede a Mps un aumento di capitale. A ottobre scatta il ‘commissariamento dolce’ con una richiesta di aggiornamento quotidiana della liquidità. Nel luglio 2011 la Fondazione Mps sottoscrive la sua quota (oltre un miliardo) nell’aumento di capitale da 2 miliardi di euro. Ma la situazione precipita con la crisi dello spread. A settembre la Banca d’Italia chiede il cambio della governance. A novembre la Fondazione Mps ha un miliardo di debiti con le banche che hanno finanziato l’acquisto di Antonveneta. Per trovare un accordo è costretta a vendere diversi asset tra cui il 15% della banca. Nel corso del 2012 scende al 33% (nel 2007 era al 56%). A marzo 2012 si chiude la seconda ispezione con pesanti rilievi.

L’abbandono di Mussari

La banca archivia il bilancio 2011 con una maxi-perdita da 4,69 miliardi. Ad aprile Giuseppe Mussari lascia la presidenza, al suo posto Alessandro Profumo. A maggio la Procura di Siena apre un’inchiesta sul caso Antonveneta. A gennaio 2013 scoppia lo scandalo e a novembre la banca vara un business-plan
Che prevede un maxi-aumento di capitale da 3 miliardi di euro. Il bilancio 2015 è in rosso per di 5,3 miliardi. Nel 2015, varato un nuovo aumento di capitale fino a 3 miliardi, il Tesoro diventa azionista del Monte come pagamento degli interessi pari 243 milioni di euro per i Monti bond acquistati dalla banca.

Stress test

A luglio 2016 Mps è la peggiore fra le 51 banche del Vecchio continente sottoposte allo stress test della Bce. Il patrimonio è negativo. Alla fine dell’anno il governo salva il Monte con 5,4 miliardi (di cui 1,5 di rimborso agli obbligazionisti) nell’ambito del decreto Salvabanche da 20 miliardi di euro. La banca chiude il 2017 in rosso di 3,5 miliardi di euro. L’anno dopo torna in utile per 279 milioni. Nel 2019 il tribunale di Milano condanna a 7 anni e 6 mesi di carcere Giuseppe Mussari, a 7 anni e 3 mesi il direttore generale Antonio Vigni e a 4 anni e 8 mesi il direttore finanziario Gian Luca Baldisseri.

La ristrutturazione

Nel 2020 Mps cede ad Amco 8,1 miliardi di crediti deteriorati. Profumo e Viola sono condannati sui derivati. Entrambi chiedono la revisione radicale della sentenza. L’anno si chiude con il varo di un piano strategico che prevede un fabbisogno patrimoniale tra i 2 e i 2,5 miliardi di euro per far fronte alla carenza di capitale e ai costi di ristrutturazione necessari per rimettere in sesto il conto economico. Si prevedono 2.670 esuberi netti al 2025 e ritorno in utile nel 2023, dopo il pareggio di bilancio nel 2022.

Le mancate nozze con Unicredit

Si affaccia l’ipotesi delle nozze con Unicredit che però salta dopo una trattativa di alcuni mesi. Il Monte va avanti da solo ma a febbraio l’azionista Mef decide un nuovo cambio al vertice e l’ad Bastianini,
non senza frizioni con il Tesoro, lascia per Luigi Lovaglio. Lo Stato, secondo il ministro Daniele Franco, conferma l’intenzione di vendere la quota ma solo dopo l’aumento di capitale da effettuarsi entro il 2022 e comunque “non svendendo”. La banca chiude il primo trimestre dell’anno con un crollo dell’utile del 92% a 10 milioni.