Reddito di cittadinanza, in 3 milioni hanno provato a fregare lo Stato
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Personaggi Ven 11 novembre 2022

Reddito di cittadinanza: «Già 3 milioni hanno provato a fregare lo Stato»

Il direttore generale dell’Inps, Vincenzo Caridi spiega come abbiano tentato di ricevere il reddito di cittadinanza non dovuto. Reddito di cittadinanza: «Già 3 milioni hanno provato a fregare lo Stato» UFFICIO POSTALE DI SAN PAOLO ROMA POSTE REDDITO DI CITTADINANZA AVVISO REDDITO DI CITTADINANZA FILE UFFICIO POSTALE
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Il dg Inps Vincenzo Caridi sul Reddito di cittadinanza

Da quando è diventato legge dello Stato ad oggi il reddito di cittadinanza è diventato il boccone più goloso mai esistito per gli italiani più furbi, quelli che pensano sempre di fregare lo Stato. Molti ci sono riusciti lo stesso, e ogni tanto vengono pizzicati dalla polizia giudiziaria in varie inchieste. Ma è un vero e proprio esercito ad averci provato sbattendo per fortuna il muso prima di fare danni alle casse dello Stato. A svelarlo a Verità&Affari è il direttore generale dell’Inps, Vincenzo Caridi.

Che spiega come in circa 3 anni abbiano tentato di ricevere il reddito non dovuto quasi 3 milioni di italiani. Sono numeri impressionanti: 1,7 milioni lo hanno chiesto senza averne diritto e sono stati respinti sulla porta. Poco meno di un milione è stato fatto decadere dallo stesso Inps da un beneficio che non poteva in quel momento ricevere.

E a più di 200 mila italiani l’assegno è stato revocato dall’istituto di previdenza pubblico. Che naturalmente Caridi in questa intervista difende, anche in alcune vicende dove sembra impossibile farlo…

Direttore, il suo presidente Pasquale Tridico ha detto che il Reddito di Cittadinanza è da rivedere. Finalmente vi siete accorti che qualcosa nei vostri controlli non va?

«Il Presidente ha detto che è giusto dare il Reddito a chi ne ha bisogno. E ci mancherebbe altro. Abbiamo introdotto i controlli preventivi ancor prima che la legge andasse in questa direzione, proprio per evitare indebiti. E la direzione giusta è effettuare tutti i controlli ex ante prima dell’erogazione del beneficio e questo non deve riguardare solo il reddito di cittadinanza».

E le dichiarazioni di Tridico sul salario minimo le condivide?

«Non posso fare nessun commento sul salario minimo, non è il mio ruolo. L’Inps è al servizio dei Ministeri vigilanti ed è deputato all’attuazione delle norme, non a legiferare».

Parliamo di attuazione delle norme allora: le cronache riportano casi su casi di abusi anche del reddito di cittadinanza.

«Voglio chiarire che è interesse dell’Inps evitare che questo succeda. Proprio per quanto riguarda il reddito di cittadinanza abbiamo siglato intese coi Comuni per la verifica ex ante dei dati anagrafici, con l’Agenzia delle Entrate per monitorare gli Isee, con l’Aci per controllare i “beni durevoli”, col ministero della Giustizia per le verifiche sul Casellario e stiamo chiudendo una convenzione anche con il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria per conoscere in anticipo lo stato detentivo di eventuali richiedenti il Reddito. Sono coinvolte tante amministrazioni e con tutte lavoriamo attivamente, come collaboriamo attivamente con le indagini di polizia giudiziaria sulle truffe. Dal 2019 ad oggi sono state respinte oltre 1 mln 700 mila domande grazie ai controlli ex ante, le decadenze sono state 871mila e le revoche 214mila. Sono dati che aggiorniamo ogni mese: abbiamo creato un osservatorio ad hoc pubblicato sul nostro sito proprio per garantire massima trasparenza».

Coinvolgere tutte queste Amministrazioni non rischia di creare problemi sui dati? Lei era Direttore dell’Informatica quando con la pandemia saltò il sito dell’Inps.

«Nessuno era preparato al Covid e allo stato di emergenza. Il primo aprile ci sono stati 25 minuti di databreach, ma è pur vero che sul sito dell’Inps solo quel giorno ci sono stati 4 milioni 170 mila accessi. Tra il primo e il 2 aprile sono stati circa 10 milioni gli accessi “loggati” e solo per il “bonus 600 euro”, sempre nei primi due giorni, le domande regolarmente presentate e disponibili nei sistemi Inps sono state oltre 2 milioni. Numeri eccezionali, cui abbiamo fatto fronte con le risorse e le tecnologie che avevamo; abbiamo gestito i pochi minuti di crash con il coraggio necessario in quel particolare momento, senza interrompere servizi e relazione con i nostri utenti».

Quali misure di sicurezza state adottando affinché non si ripeta la violazione dei dati?

«Stiamo investendo molte risorse sulla cybersecurity, impiegando anche esperti di settore nel monitoraggio del flusso dati e mantenendo una costante collaborazione con le forze dell’ordine per tutelare il patrimonio informativo custodito nelle nostre banche dati. Per limitare ulteriormente i rischi effettuiamo controlli continui sugli accessi con avanzati sistemi di tracciamento. A tutela della nostra utenza, inoltre, l’Istituto interviene in maniera proattiva con continue campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini, anche tramite social, fornendo loro consigli su come interpretare un tentativo di truffa tramite mail o sms».

Nel frattempo. avete riorganizzato l’istituto e dall’esterno, i sindacati sembrano aver battuto cassa.

«Ma davvero si pensa che un Istituto come l’Inps possa guardare alle sigle sindacali per selezionare un dirigente? Valutiamo il merito, i risultati. Chi dirige ai più alti livelli una struttura dev’essere all’altezza del compito, altrimenti i cittadini ne pagano lo scotto e le assicuro che non fanno sconti a nessuno. È ininfluente l’appartenenza a questa o a quella sigla».

Qualcuno l’ha accusata di essere sessista, di aver premiato troppi uomini.

«Figuriamoci. Sono tra i primi a sostenere che una maggiore consapevolezza del contributo offerto dalle dirigenti sia un’assoluta necessità per il futuro dell’INPS e del Paese. Sostenere che ciò sia frutto della mia volontà e non della mancata assegnazione, negli anni passati, di posti di responsabilità utili ai fini della carriera non è riduttivo? È un problema di politiche generali, su cui semmai ambiamo a marcare un tratto di discontinuità già con i prossimi incarichi dirigenziali».

Quindi questa riorganizzazione non è l’ennesimo tentativo di sistemare persone?

«La riorganizzazione è un percorso di cambiamento. Quello che nel privato viene visto come “miglioramento” nel pubblico viene sempre guardato con sospetto. Noi abbiamo modificato la struttura organizzativa in chiave utente-centrica, ricalibrando le attività del personale nelle sedi per dare consulenze di alto livello ai lavoratori e alle famiglie».

Una delle ultime decisioni dell’Inps è stata quella di internalizzare il call center. Questa operazione non rischia di trasformarsi in uno spreco, accompagnato da una scarsa qualità del servizio che si è registrata finora?

«L’internalizzazione del contact center è una scelta che l’Inps ha fatto a garanzia dell’efficienza nell’erogazione delle prestazioni. Attraverso Inps Servizi entro il primo dicembre saranno assunti 3.014 dipendenti selezionati la scorsa estate e in particolare 2895 operatori, 98 team leader, 13 responsabili di sala e 8 specialisti di formazione e qualità. Questa decisione è stata presa per rendere stabile l’organizzazione dell’informazione all’utenza, fornendo un servizio di maggiore efficienza e qualità. Per il personale è infatti prevista una formazione aggiornata e adeguata alle nuove esigenze della collettività, con l’intento di rafforzare il servizio di prossimità all’utenza».

Che cosa può dirci sull’Assegno Unico, che non ha raggiunto tutti i potenziali beneficiari? State provvedendo in qualche modo?

«Abbiamo pagato tempestivamente tutti gli aventi diritto. Di più: stiamo lavorando affinché, da gennaio 2023, l’Assegno Unico Universale sia liquidato in modo automatico alle famiglie che ne hanno già fatto richiesta nel 2022, senza dover presentare una nuova domanda. Dal momento che siamo già in possesso dei dati necessari, è inutile chiedere ai cittadini di presentare una nuova richiesta. Vogliamo semplificare la vita alle famiglie, utilizzando i dati già presenti nei nostri archivi, e agire in continuità con i pagamenti sulle domande già accolte in precedenza, evitando così eventuali problemi derivanti dai “click day”: gli utenti dovranno intervenire sulla domanda soltanto in caso di variazioni sui requisiti necessari».

Come ad esempio l’Isee?

«Esatto. Per il 2023 dovranno essere presentati nuovi Isee per circa 7,5 milioni di figli. Ciò per non avere un assegno calcolato sull’importo minimo. Facendo riferimento all’Isee in corso di validità a dicembre dell’anno precedente, eviteremo ingorghi sulla presentazione delle domande, che altrimenti intaserebbero il sito dell’Istituto e i Caf. Una volta che il richiedente ha un nuovo Isee, se diverso da quello del 2022, verranno ricalcolati gli importi e pagati gli arretrati o effettuati i conguagli. Stiamo applicando anche all’Assegno Unico quell’innovazione basata sulla proattività che stiamo portando avanti da tempo».

Cosa intende esattamente?

«Parlo di proattività nell’individuazione dei bisogni dell’utenza, nel miglioramento e nella semplificazione degli strumenti per la fruizione dei servizi Inps, che realizziamo utilizzando il patrimonio informativo che l’Inps ha accumulato nel corso di decine di anni di automazione dei servizi erogati a milioni di cittadini. Per non parlare poi dell’interoperabilità con le altre pubbliche amministrazioni e gli intermediari: vorrei soltanto ricordare che l’Inps partecipa come primo partner ai progetti del Pnrr e al progetto della Ue per la costituzione di un hub centralizzato a livello comunitario per lo scambio dati tra Enti europei, il Single Digital Gateway. La digitalizzazione è la chiave di tutto questo. Tanto per fare altri esempi: stiamo migliorando anche la fruizione e la navigazione dei servizi web e usiamo l’intelligenza artificiale per aumentare l’efficacia dei nostri interventi».

Niente più “carrozzone” quindi?

«L’approccio digitale rappresenta per l’Inps un passaggio fondamentale: l’Istituto ha intrapreso un percorso d’innovazione già da diversi anni, e oggi può definirsi una realtà prevalentemente digitale, che ha cambiato il proprio rapporto con i cittadini. Abbiamo reso più efficienti i processi informativi, personalizzando la modalità di contatto con l’utenza, abbiamo integrato alcuni servizi sull’applicazione PagoPA e stiamo rafforzando l’impegno su tecnologia e organizzazione. Se oggi un milione di datori di lavoro domestici può pagare il contributo direttamente dallo smartphone, è grazie al lavoro svolto. Inoltre, stiamo anche lavorando per realizzare un mix tra esperienza e nuove professionalità: in questo senso le assunzioni effettuate negli ultimi anni e le procedure in corso garantiranno nuova linfa all’Ente».

Ha parlato di Pnrr. Come state sfruttando i finanziamenti?

«Stiamo sviluppando progetti basati su business intelligence, intelligenza artificiale e automazione. Lo scopo è rendere l’Inps un ente che eroga in modo automatico le prestazioni, potenziando il lato consulenziale e personalizzato per gestire i casi complessi. Abbiamo già reingegnerizzato la NASpI e la Dis-Coll, la domanda di reversibilità precompilata e automatizzata, semplificato il riconoscimento dell’invalidità civile, sviluppato la procedura PensAMI e il Consulente digitale delle pensioni, che favorisce il riconoscimento dei diritti inespressi segnalando agli utenti come accedere alle relative prestazioni. Stiamo pensando anche alle imprese: la piattaforma unica per le integrazioni salariali, ad esempio, un hub operativo e informativo per l’attuazione della riforma degli ammortizzatori sociali prevista dalla legge di bilancio per il 2022, che ha l’obiettivo di garantire modularità nella gestione delle prestazioni e di migliorare gli automatismi dei processi».

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