Governo Draghi, dalla crisi al voto di fiducia: cosa è successo
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PoliticaPrimo piano Mer 20 luglio 2022

La giornata di Mario Draghi: il discorso al Senato, lo strappo con il centrodestra e il voto di fiducia

Che le cose si fossero messe male di era capito già il giorno prima. Con il premier dimissionario Mario Draghi del governo. La giornata di Mario Draghi: il discorso al Senato, lo strappo con il centrodestra e il voto di fiducia MARIO DRAGHI PREMIER
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Il finale del governo Draghi

Che le cose si fossero messe male di era capito già il giorno prima. Con il premier dimissionario Mario Draghi che aveva visto il segretario del Pd, Enrico Letta in mattinata, senza coinvolgere il centrodestra di governo riunito invece a Villa Grande, residenza romana di Silvio Berlusconi. Solo dopo le proteste della Lega e di Forza Italia, l’ex governatore della Bce ha deciso di incontrare anche Matteo Salvini, Antonio Tajani, Maurizio Lupi e Lorenzo Cesa.

Il vertice del centrodestra 

Dopo il confronto con il premier è seguito un nuovo incontro a Villa Grande, Lega, Forza Italia e Udc durato cinque ore. Al termine, il centrodestra di governo si è detto disponibile a sostenere un governo Draghi Bis, ma senza i 5Stelle, responsabili della crisi. Inoltre, il centrodestra ha posto alcune condizioni imprescindibili, ovvero la necessità di procedere alla revisione del reddito di cittadinanza, la pace fiscale e la rottamazione delle cartelle esattoriali, l’investimento sul nucleare di ultima generazione e il contrasto all’immigrazione clandestina. Draghi invece è salito al Colle per riferire l’esito degli incontri al presidente Sergio Mattarella.

Le tappe della crisi del governo Draghi

In mattinata, alle 9,30 il discorso di Draghi al Senato in cui si rivendicano i risultati raggiunti dal governo. Ma allo stesso tempo fissano i paletti per il futuro. Il premier chiede alle forze politiche “nell’interesse del Paese”. Ma senza ambiguità perché ci sono le riforme da fare. Quelle fiscali, innanzitutto, ma anche la riforma della pubblica amministrazione e della giustizia. Dopo mezz’ora in Parlamento scatta l’applauso. Ma all’appello mancano i parlamentari di Lega e 5Stelle. Draghi esce dall’aula per un confronto con i ministri dopo l’intervento del capogruppo leghista Massimiliano Romeo che ha ribadito la posizione del partito per votare la fiducia: “Governo nuovo, senza M5s, o voto anticipato“,

Cosa chiede la Lega a Draghi

I motivi dello strappo li spiegano immediatamente i leghisti Massimo Bitonci, capogruppo in commissione Bilancio e capo dipartimento attività produttive e Alberto Gusmeroli, vicepresidente commissione Finanze e responsabile Unità fisco del dipartimento Economia della Lega. “Siamo stupiti dal discorso del presidente Draghi: nessun accenno a flat tax e pace fiscale nonostante 50 milioni di cartelle esattoriali già partite o in partenza che rappresentano un’emergenza nazionale – precisano -. Anche il passaggio sul credito di 1.100 miliardi di magazzino fiscale che l’Agenzia delle Entrate ha nei confronti di cittadini e imprese ci lascia perplessi. In questo momento di grave crisi economica con l’aumento delle bollette e delle materie prime anche alimentari, cosa si chiede? Di rimborsare subito? Se non bastano pandemia e guerra per un rinnovato patto fiscale tra cittadini, fisco e agenzia delle entrate cos’altro dovremmo aspettare?”.

Il finale di giornata

Nel pomeriggio Draghi ha replicato piccatamente e anche un po’ infastidito alla critiche mosse al suo discorso. E ha chiesto di votare la fiducia alla risoluzione di Pier Ferdinando Casini, chiudendo la porta a qualsiasi mediazione. Lega e Forza Italia hanno scelto, però, di uscire dall’Aula, aprendo le porte al rischio che manchi il numero legale alla votazione in Senato. In quel caso, in base al regolamento di palazzo Madama, occorrerà una nuova votazione. Ma la presenza del Movimento 5 Stelle ha evitato l’empasse. La votazione si è chiusa con 95 sì e 38 no. Il presidente del Consiglio, però, ha scelto di non rassegnare le dimissioni in serata ed è probabile che si presenti domani mattina alla Camera.

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