Lula torna presidente: la carriera politica e la storia delle tangenti
Menu

QUOTIDIANO INDIPENDENTE - Fondato e diretto da MAURIZIO BELPIETRO

Home/ Mondo/Politica
MondoPolitica Lun 31 ottobre 2022

Lula torna presidente in Brasile: la carriera politica e la storia delle tangenti

Luis Inácio Lula da Silva, per tutti Lula, è il nuovo presidente del Brasile. L'ex sindacalista, 76 anni, una vita dedicata alla politica Lula torna presidente in Brasile: la carriera politica e la storia delle tangenti Il presidente brasiliano Ignazio Lula da Silva
Marco Vassallo
di 
Marco Vassallo

Lula di nuovo alla guida del Brasile

Luis Inácio Lula da Silva, per tutti Lula, è il nuovo presidente del Brasile. L’ex sindacalista, 76 anni, una vita dedicata alla politica, ma anche più di 500 giorni trascorsi in carcere per delle presunte tangenti ricevute, è stato eletto per la terza volta capo dello Stato, sconfiggendo il rivale Jair Bolsonaro. Personaggio che non lascia indifferenti Lula. Nella sua vita ha fatto di tutto, dal lustrascarpe, all’operaio. Fino a diventare uno dei personaggi più influenti del Sud America. Molto amato ma anche molto discusso.

Lula il tuttofare

Dopo un’attività già viva nel sindacato (nel 1978 fu eletto presidente del sindacato dei lavoratori dell’acciaio) la sua carriera in politica di fatto inizia nel 1980. Quando in piena dittatura, insieme ad altri colleghi fonda il Partido dos Trabalhadores (PT), ovvero Partito dei Lavoratori, un partito di sinistra e con idee progressiste. Nel 1982, la sua prima volta alle elezioni come governatore dello Stato di San Paolo. Perse ma ottenne sufficienti voti per non sparire. Nel corso dei decenni le sue battaglie lo hanno portato ad essere eletto presidente nel 2003 con 52,4 milioni di voti, ovvero il più alto numero di voti della recente storia democratica del Brasile.

Nel 2006 viene riconfermato presidente e rimane in carica fino al 2011. Dopo 11 anni la rielezione.”Sono risorto. Ma sono per metà felice e per metà preoccupato: ho bisogno di sapere se il presidente che abbiamo sconfitto consentirà la transizione. In qualsiasi parte del mondo il presidente sconfitto avrebbe telefonato al vincitore – ha detto Lula nella notte parlando a migliaia di sostenitori riuniti sulla Avenida Paulista, il viale più importante della megalopoli di San Paolo.

I guai giudiziari

Nel 2016 arrivano i guai giudiziari. Lula, che poi si sarebbe voluto ricandidare, viene coinvolto nella Operação Lava Jato (Operazione Autolavaggio), con l’accusa di aver ricevuto denaro dalla Petrobras, oltre a favori da parte di imprese, come la costruzione di un ranch e di un appartamento fronte mare. La presidente di allora, Dilma Rousseff ha tentato di nominare Lula ministro, secondo alcuni per sottrarlo all’inchiesta, ma la nomina è stata bloccata dai magistrati. Dopo le indagini è stato rinviato a giudizio l’anno dopo, Lula è stato ritenuto colpevole di aver accettato tangenti del valore di 3,7 milioni di reais (1,2 milioni di dollari).

Così il l 12 luglio 2017 viene condannato dal giudice Sérgio Moro, in primo grado, a nove anni e mezzo di prigione, rimanendo libero in attesa dell’appello. Quando questo è stato condannato in secondo grado la pena è stata aumentata a 12 anni e la Corte suprema ha respinto il suo appello contro la provvisoria esecutività della sentenza.

Il carcere

Il 7 aprile 2018, dopo aver tenuto un discorso di fronte al Sindacato dei Lavoratori Metallurgici dell’ABC a São Bernardo do Campo, Lula si consegna spontaneamente alla Polizia Federale per rispettare il suo mandato d’arresto e viene condotto a Curitiba a scontare la pena. In ragione della condanna, i suoi diritti politici risultano sospesi in conformità con la “Legge Fedina Pulita”. La sua candidatura diventa nulla, perché la legislazione brasiliana impedisce che i condannati in seconda istanza possano presentarsi a cariche elettive.

Dopo aver ricevuto pure un’altra accusa, dal 7 aprile 2018 all’8 novembre 2019 sconta a Curitiba una pena di  12 anni e un mese per corruzione e riciclaggio. Esce prima dal carcere per una Sentenza della Corte suprema che impedisce l’incarcerazione per chi è condannato in seconda istanza e non ha una sentenza definitiva. Nel 2021, poi la Corte suprema brasiliana annullò le sentenze per «incompetenza territoriale e materiale» della corte di Curitiba. Si parla di di processo non regolare e di parzialità del giudice federale Moro (in quegli anni fu pure ministro della Giustizia).  E si scoprì pure che procuratori e giudici dei processi avevano fabbricato prove false e le avevano rilanciate sulla stampa per darsi credito presso l’opinione pubblica.

Condividi articolo