Dopo la delusione delle elezioni il Pd pensa di cambiare nome
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Politica Lun 03 ottobre 2022

Dopo la delusione delle elezioni il Pd pensa di cambiare nome

La barca affonda e tu che fai? Il Pd pensa di cambiare nome per voltare pagina sperando di far dimenticare così tutti fallimenti Dopo la delusione delle elezioni il Pd pensa di cambiare nome CHIUSURA CAMPAGNA ELETTORALE DEL PD A PIAZZA DEL POPOLO BANDIERE GENTE SOSTENITORI
Marco Vassallo
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Marco Vassallo

Il Pd vuole cambiare nome

La barca affonda e tu che fai? Cambi nome per voltare pagina sperando di far dimenticare così i fallimenti. Dopo la delusione elettorale il Pd deve raccogliere i cocci e rinnovare un partito che non brilla per nuove idee. Non si sa ancora chi comanderà, ma la prima cosa che è venuta in mente ai vertici è quella di trovare un nuovo nome al partito. Altro che alleanze e ridefinizione organizzativa, i dem si lanciano su un’operazione goffa che per ora denota un vuoto di programmazione non nuovo. Più forma che sostanza, insomma. Così arrivano, inevitabilmente, già le prime critiche. Per molti infatti il restyling del brand è solo una perdita di tempo.

Le critiche del sondaggista Fabrizio Masia

In primis ci sono le critiche dei sondaggisti: “Io non capisco il senso. Mi sembra una operazione di maquillage, di forma, non di sostanza. Va ridefinito l’assetto organizzativo e comunicativo del Partito oltre al quadro di alleanze, nazionali e territoriali. Perché tanti voti si sono spostati verso il centro, premiando Calenda, ed altri verso sinistra, premiando Conte che ha etichettato il Movimento 5 stelle partito progressista – ha sottolineato così all’Adnkronos Fabrizio Masia (Emg Different) che sulla possibilità di un cambio nome del Partito democratico ha aggiunto: “Non ha senso lavorare sulla etichetta invece che sul contenuto della bevanda. Partiamo dal prodotto, l’etichetta viene dopo. Se resta tutto uguale, il cambio di etichetta è operazione di maquillage”. Più moderato il collega sondaggista Antonio Noto che dice: “Cambiare nome ha senso solo se nascerà un soggetto con un nuovo dna.

Cambiare? Sì ma solo se c’è una nuova identità

Più moderato il collega Antonio Noto che dice: “Cambiare nome ha senso solo se nascerà un soggetto con un nuovo dna. Tra le ragioni per il no, Noto argomenta: “La forza di un marchio è un elemento che trascina anche il consenso. Cambiarlo vuol dire ricominciare da capo con una strategia ben diversa, a partire dai dirigenti di oggi, che devono passare in seconda fila. C’è poi la questione posizionamento che il Pd fa fatica a trovare, preciso, ideale, di sintesi fra le due anime, Margherita e Ds, da cui nasce. Noi invece siamo passati da un mese all’altro da una alleanza con il M5s, ad una divisione traumatica, seppure nel Pd ci siano anche simpatizzanti dei 5s. Va quindi individuato un posizionamento preciso, da mantenere per fidelizzare l’elettorato”.

Critiche pure da Occhetto

Scettico anche Achille Occhetto. L’ultimo segretario del Pci, che di cambi di nomi se ne intende eccome, ha infatti commentato: “Il Pd prima dovrebbe capire cosa vuole fare, chi intende rappresentare. Qual è la sua identità? Non lo sa più. Ho sempre sostenuto che uno dei difetti della Svolta, nel 1989, fu che l’attenzione si concentrò sul cambio del nome del Pci, quando invece sostenevo che prima andavano definiti i contenuti del nuovo partito: nomina sunt consequentia rerum”.

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