Per il pizzino contro Meloni, Berlusconi scarica la colpa su Miccichè
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Politica Mar 18 ottobre 2022

Per il pizzino contro la Meloni, Berlusconi scarica la colpa su Miccichè

La Meloni ha abbozzato fingendo di crederci anche alla spiegazione che Berlusconi ha dato del famoso fogliettino pieno di “complimenti” Per il pizzino contro la Meloni, Berlusconi scarica la colpa su Miccichè IL FOGLIETTINO
Franco Bechis
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Franco Bechis

La colpa del bigliettino di Berlusconi

Alla fine l’incontro chiarificatore c’è stato, e al di là delle sue liturgie il faccia a faccia ieri fra Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni ha reso assai più in discesa di quanto non si pensasse la strada per la formazione del nuovo governo. Il Cavaliere è stato costretto ad entrare per la seconda volta da quando è in politica nella sede di un partito che non è Forza Italia. Accadde ormai molti anni fa quando varcò il portone della sede del Pd per stringere con Matteo Renzi il patto del Nazareno. È riaccaduto ieri non per stringere un «patto della Scrofa» (la via dove c’è la sede nazionale di Fdi) che suonerebbe assai male, ma per fare capire alla Meloni che faceva lui un passo necessario per fare dimenticare pizzini e biglietti che hanno causato in questi giorni molto malumore.

Lo scaricabarile di Berlusconi

La futura premier ha capito e ha fatto gli onori da padrona di casa (anche se quella sede la frequenta assai poco) andando ad accogliere il Cavaliere nell’androne del palazzo e accompagnandolo negli uffici che furono di Gianfranco Fini al secondo piano. La Meloni ha abbozzato fingendo di crederci anche alla spiegazione che Berlusconi ha dato del famoso fogliettino pieno di “complimenti” non proprio eleganti nei suoi confronti. «Sì, la scrittura è la mia», ha dovuto ammettere il Cavaliere, «ma non rappresenta affatto il mio pensiero. Erano appunti che avevo raccolto nell’assemblea dei senatori di Forza Italia, che erano piuttosto agitati. Gran parte di quelle considerazioni venivano da Gianfranco Miccichè».

In fondo è stato un modo per seguire il consiglio che pubblicamente gli aveva dato il neo presidente del Senato, Ignazio La Russa: «Dica», aveva proposto, «che quel foglietto è un falso». Ecco falso non si poteva dire, perché la tesi sarebbe crollata di fronte a qualsiasi perizia calligrafica. Ma la via di uscita di fingersi stenografo dell’esuberanza di Miccichè ci poteva stare. E subito dopo ha finto di credervi anche il capogruppo uscente di Fratelli di Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida. Berlusconi è entrato dalla Meloni senza avere collaboratori con cartelline né alcun foglietto visibile che spuntava dalle tasche. Difficile che quella sia stata occasione per limare la lista dei ministri, che era grosso modo già stata chiarita negli incontri e nelle telefonate precedenti avute negli ultimi giorni.

Il retroscena

Ma non è stato un faccia a faccia così liscio come poi è sembrato da comunicati congiunti e dalle dichiarazioni degli stessi protagonisti. Il leader di Forza Italia ha sottolineato in più passaggi il trattamento da figlio minore ricevuto dal suo partito rispetto alla Lega di Matteo Salvini. Ha fatto presente che nelle urne i voti dei due alleati si sono quasi equivalsi, ma che avendo fatto le liste e le candidature nei collegi uninominali sulla base di sondaggi che si sono rivelati poi troppo generosi con la Lega, Forza Italia ne è risultata fortemente sottorappresentata in Parlamento. Non è entrata in gioco sulle presidenze delle Camere e quindi si attende di avere più peso della Lega nella composizione dell’esecutivo.

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