Via il tetto ai salari dei dirigenti pubblici Draghi contro il Mef
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Politica Mer 14 settembre 2022

Via il tetto ai salari dei dirigenti pubblici, Draghi contro Franco

È caduto e si è fatto piuttosto male il famoso tetto dei 240 mila euro lordi di stipendio annui che da anni esiste. Via il tetto ai salari dei dirigenti pubblici, Draghi contro Franco
Franco Bechis
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Franco Bechis

Il tetto ai salari dei manager pubblici

È caduto e si è fatto piuttosto male il famoso tetto dei 240 mila euro lordi di stipendio annui che da anni esiste per tutto il sistema pubblico dell’economia con la sola eccezione di manager di società quotate. Aveva resistito tanto, ma si è schiantato ieri in Senato grazie a un misterioso emendamento al decreto aiuti per cui un minuto dopo averlo approvato alla quasi unanimità prima in commissione e poi in aula tutti si sono accusati a vicenda.

Quell’emendamento in realtà non abroga la norma sul tetto massimo, ma concede deroghe assai larghe grazie a un fondo del Tesoro di 25 milioni di euro da cui si potrà attingere per dare uno stipendio integrativo a tutti i capi delle forze dell’ordine e delle forze armate oltre che al segretario generale di Palazzo Chigi e ai capi della macchina burocratica di ogni ministero. Chi l’ha voluto? Il governo accusa i partiti politici, ma molte fonti dicono che è parto esclusivo del Tesoro.

L’irritazione di Draghi

Di sicuro è restato di sasso quando ne è venuto a conoscenza il presidente del Consiglio, Mario Draghi, che in ogni caso si è irritato sia con il ministro dell’Economia Daniele Franco che con il ministro dei rapporti con il Parlamento Federico D’Incà per non essere stato avvertito di quel che stava accadendo, al di là della discussione su quale manina lo avesse scritto. Siamo in campagna elettorale, e sarebbe stato facile come bere un bicchiere d’acqua accusarsi fra forze politiche per quell’emendamento sicuramente impopolare. Eppure non è accaduto. Solo da ambienti governativi si è puntato il dito contro un senatore di Forza Italia, Marco Perosino, che in origine aveva proposto di dare una indennità premiale a chi guida le forze dell’ordine.

Il tetto ai dirigenti pubblici

Non lo ha fatto nessuno degli avversari politici. Perché sapevano benissimo come era andata. Lo sapeva di sicuro Matteo Renzi che introdusse quel tetto di 240 mila euro a tutti i dirigenti e manager pubblici ed è sempre stato molto fiero di averlo fatto. Ai suoi e qualche anno dopo anche a chi ora scrive Renzi confidò di avere avuto come era naturale una grande opposizione a quella norma da tutta la macchina burocratica. E che un secondo prima di metterla al voto e farla approvare dall’aula trasformandola in legge lo avvicinò in un ultimo disperato tentativo di fermarla l’allora Ragioniere generale dello Stato: «Lei», disse, «vuole che tutti noi andiamo a finire nel privato. Perché a queste condizioni è ovvio che non resteremo qui».

Il nome di quel Ragioniere generale era quello di Daniele Franco, oggi ministro dell’Economia nel governo Draghi. Già solo per questo motivo sono più che evidenti le impronte lasciate ieri su quel testo. Anche fonti parlamentari vicine al governo sostengono che quell’emendamento era solo in origine di natura parlamentare, presentato appunto da Perosino. Il Tesoro che doveva dare il suo parere positivo o negativo lo ha fatto ritirare chiedendone la riformulazione. E ha poi consegnato a Perosino il nuovo testo su cui ha immediatamente dato parere positivo insieme al relatore. Quelli che l’hanno visto approdare in aula ed erano contrari (lo stesso Renzi era lì) hanno dovuto mandarlo giù perché altrimenti avrebbero bloccato gli aiuti sulle bollette.

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