I vitalizi della Camera reversibili anche per le unioni civili dello stesso sesso
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Politica Ven 17 giugno 2022

I vitalizi della Camera reversibili anche per le unioni civili dello stesso sesso

Dovevano scomparire dal vocabolario. Almeno secondo il verbo del Movimento5Stelle. E invece i vitalizi godono di ottima salute. I vitalizi della Camera reversibili anche per le unioni civili dello stesso sesso
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

I vitalizi della Camera

Dovevano scomparire dal vocabolario della politica. Almeno secondo il verbo del Movimento5Stelle della prima ora. E invece i vitalizi godono di ottima salute. Anzi, meglio, «si moltiplicano». Mentre il Paese affronta una crisi economica senza precedenti, la politica trova infatti il tempo di sistemare le norme che la riguardano. O meglio che riguardano i parlamentari e pure i loro affetti più vicini, applicando il classico «tengo famiglia», come direbbero a Napoli. L’ufficio di presidenza di Montecitorio ha infatti approvato a maggioranza la reversibilità del vitalizio del deputato non solo verso il coniuge che gli sopravviva ma anche verso la persona, anche dello stesso sesso, che con lui sia parte di una unione civile. Tutto legittimo e apprezzabile sotto il profilo dei diritti civili. La decisione recepisce infatti nell’ordinamento interno della Camera una parte della normativa statale sulle unioni civili. E naturalmente gioca a favore di deputati che sono già con un piede fuori dalla porta e che non sanno se verranno rieletti.

La casta sfrutta così a proprio vantaggio il tempo disponibile di una delle legislature più lunghe della storia repubblicana. Come raccontato da Verità&Affari del 16 giugno, i parlamentari stanno sfruttando ogni pretesto per restare attaccati alla poltrona il più a lungo possibile: la pandemia, la guerra, il Pnrr e ora anche lo spread. E così guadagnano poco meno di 19mila euro al mese, oltre al tempo per «adeguare» le regole sui vitalizi a quelle previste per i comuni mortali che non intascano certo cifre così consistenti. Del resto, terminata la legislatura che potrebbe andare avanti fino al 28 maggio 2023 (se non ad inizio giugno), sarà difficile ritornare in parlamento. Peserà come un macigno il taglio di 230 deputati e 115 senatori sancito dalla legge costituzionale del 2019 e suggellato dal referendum dell’anno dopo in cui, pur non essendoci bisogno di quorum, andò a votare il 51% degli italiani (il 70% dei quali diede la sua approvazione alla sforbiciata ai parlamentari).

Il taglio degli emolumenti

E pensare che il Movimento5Stelle, seguito a ruota da una parte del Pd, aveva fatto del taglio dei vitalizi una vera e propria battaglia di civiltà. L’ipotesi di una sforbiciata agli emolumenti degli ex parlamentari era finita in una bozza della legge di Stabilità del 2016. Il senatore Matteo Richetti, oggi +Europa, aveva anche presentato un disegno di legge sul tema: n. 3225: «Disposizioni in materia di abolizione dei vitalizi e nuova disciplina dei trattamenti pensionistici dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali». Ma dopo tre anni al vaglio della commissione affari costituzionali della Camera con tanto di comitato dei nove costituito ad hoc, il disegno di legge non ha mai ottenuto il via libera definitivo. Alla fine la montagna ha partorito un topolino: l’emolumento è rimasto, ma sono cambiate le modalità di calcolo dell’assegno senza intaccare il privilegio dei parlamentari. Eppure, all’epoca dei fatti, l’allora presidente dell’Inps, l’economista Tito Boeri, aveva chiaramente spiegato che non c’era alcun problema ad operare la sforbiciata ad un emolumento di cui beneficiano circa 2.700 ex parlamentari (di cui 1.200 solo a Montecitorio), per un importo totale di circa 200 milioni di euro. Ma non c’è stato nulla da fare.

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