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LavoroPrimo piano Ven 09 dicembre 2022

Pensioni, quota 41 non prima di tre anni. Intanto ecco le opzioni in campo per il 2023

Impossibile intervenire subito per la riforma previdenziale. Intanto arriva quota 103. A gennaio parte il confronto con i sindacati Pensioni, quota 41 non prima di tre anni. Intanto ecco le opzioni in campo per il 2023 Claudio Durigon, sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Impossibile intervenire subito per la riforma previdenziale

Il governo di Giorgia Meloni ha sempre saputo che la riforma del sistema pensionistico sarebbe stata una spina nel fianco. Lo è del resto anche negli altri Paesi europei. Francia in primis. Ma la Lega ne ha fatto un cavallo di battaglia durante la campagna elettorale, e come nel caso della flat tax, non ha intenzione di mollare su quota 41. Il progetto è però a lungo termine e non si potrà realizzare prima del 2026. Intanto con il nuovo anno scatta Quota 103, che prevede la possibilità lasciare il mondo del lavoro con 41 anni di contributi e 62 anni d’età. La nuova finestra è prevista dalla manovra e, salvo colpi di scena, entrerà in vigore per un anno a partire dal primo gennaio 2023.

A gennaio i primi incontri con il sindacato per la riforma

Intanto, con l’inizio del nuovo anno, parte anche il confronto fra l’esecutivo e i sindacati sulla riorganizzazione del sistema previdenziale. Come riferisce IlSole24Ore,  il 19 gennaio ci sarà il primo tavolo di discussione sulla nuova riforma organica della previdenza, che sarà preceduto il 12 gennaio dal tavolo sul lavoro. In prima linea nella partita, il sottosegretario leghista al lavoro e alle politiche sociali, Claudio Durigon, ideatore di Quota 41. Durante gli incontri si discuterà della questione a tutto raggio incluse le ipotesi di eventuali soluzioni flessibili. 

Intanto a gennaio scatta quota 103. Con opzione donna “rettificata” e Ape sociale

A partire dall’inizio del nuovo anno per dodici mesi si andrà in pensione con Quota 103. Si potrà quindi andare in pensione con almeno 41 anni di contributi e 62 anni d’età come è previsto nella manovra del governo Meloni. Previsto in bozza anche il rinnovo di Opzione donna, in vigore in forma sperimentale dal 2004, limitatamente ad alcune categorie di lavoratrici in condizioni di particolare svantaggio: donne licenziate o  dipendenti in aziende con tavolo di crisi aperto al ministero, lavoratrici con disabilità (almeno del 74%) o che assistono familiari disabili. Se non ci saranno ripensamenti, l’età per andare in pensione con Opzione donna salirà a 60 anni  sia per le dipendenti che per le autonome, ma con la possibilità di guadagnare 1 anno per ogni figlio, entro un massimo di due. La manovra prevede anche il rinnovo dell’anticipo pensionistico sociale, il cosiddetto Ape sociale fino alla fine del 2023. Potranno utilizzare l’Ape sociale solo i lavoratori che si trovano in determinate condizioni e non meno di 63 anni d’età con 30 di contributi: disoccupati, persone che assistono familiari non autosufficienti, invalidi oltre il 74% o lavoratori che abbiano svolto mansioni gravose con almeno 36 anni

Le ipotesi sul tavolo per il futuro

Il ritorno alla Fornero è quindi scongiurato, ma la costruzione di un nuovo sistema previdenziale richiederà un grande impegno lungo un percorso in cui è possibile vengano create delle quote flessibili. Intanto il governo sta valutando la possibilità di alleggerire la tassazione sui fondi pensione per garantire maggiormente le nuove generazioni. Inoltre sta valutando l’ipotesi di “silenzio-assenso” per la destinazione del Tfr alle forme integrative. Ma soprattutto l’esecutivo è concentrato sulla variabile generazionale che è oggi sbilanciata su chi è già in pensione. Saranno così nuovamente valutate le possibilità di riscatto della laurea e bonus per le madri lavoratrici. Naturalmente il nuovo quadro dovrà tenere in conto lo Stato di salute delle casse pubbliche sapendo che la spesa pensionistica rappresenta la più importante voce di uscita del bilancio pubblico. 

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