Crisi? I consigli del gestore: «Come proteggere gli investimenti»
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Risparmio Mar 20 settembre 2022

Crisi? I consigli del gestore: «Ridurre le azioni europee ed evitare bund»

Ridurre gli investimenti azionari in Europa e puntare su sanità. Per l’obbligazionario, male Bund e titoli di Stato americani. Crisi? I consigli del gestore: «Ridurre le azioni europee ed evitare bund»
Redazione Verità&Affari
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Redazione Verità&Affari

I consigli del gestore sugli investimenti

Ridurre gli investimenti azionari in Europa e puntare su sanità e servizi pubblici. Per l’obbligazionario, freno tirato su Bund e titoli di Stato americani. È la ricetta che Marco Willner, a capo della strategia di investimento di NN IP, ha condiviso con Verità&Affari. Alla luce della crisi energetica, degli ultimi dati sull’inflazione e di politiche monetarie restrittive, qual è il destino dell’Europa?

«In Europa gli ultimi dati sull’inflazione dell’Eurozona hanno superato le aspettative e hanno persino indicato un aumento della pressione inflazionistica che va oltre i settori dei generi alimentari e dell’energia. La crisi energetica sta soffocando l’economia europea. I consumatori si trovano ad affrontare un forte calo del reddito reale e del potere d’acquisto. Le imprese vedono aumentare i costi e alcune stanno addirittura pensando di chiudere temporaneamente gli impianti di produzione ad alta intensità energetica perché non è più conveniente tenerli aperti. In Europa una recessione sembra inevitabile. A peggiorare le cose, il panorama politico incerto, con le imminenti elezioni in Italia in un momento poco opportuno. Infine, gli utili aziendali sono in calo e le attuali previsioni di consenso per il 2023 sembrano ancora troppo elevate. Gli indicatori prospettici sono negativi, con un numero maggiore di declassamenti rispetto agli aggiornamenti degli utili dei prossimi 12 mesi. Ci aspettiamo che questa tendenza continui».

In questo contesto, qual è la vostra posizione sul mercato azionario?

«Manteniamo il nostro sottopeso sull’azionario globale. Il trade-off crescita/inflazione/politica non è migliorato dopo l’esito della conferenza di Jackson Hole e gli ultimi dati sull’inflazione in Europa. Da un punto di vista regionale, abbiamo aumentato il nostro sottopeso nell’Eurozona. La regione è più sensibile all’impennata dei prezzi dell’energia, data la sua dipendenza dal gas russo. Inoltre, è più sensibile alla crescita globale rispetto agli Stati Uniti. Una recessione nell’Eurozona è il nostro scenario di base. La Bce aumenterà i tassi in modo aggressivo per combattere l’inflazione e rischia di commettere un errore di politica restrittiva».

E a livello settoriale?

«A livello settoriale, ci concentriamo maggiormente sul rallentamento della crescita. Abbiamo ridotto la nostra esposizione al settore energetico, riflettendo così la nostra visione più equilibrata sul prezzo del petrolio. Siamo positivi invece sui settori difensivi della sanità e dei servizi pubblici».

Qualche idea invece sul fronte obbligazionario?

«I rendimenti obbligazionari sono aumentati significativamente in agosto dopo che la Fed e la Bce hanno riaffermato la loro determinazione nella lotta contro l’inflazione. Abbiamo una posizione di sottopeso in Bund e titoli di Stato americani poiché continuiamo a vedere il rischio di un aumento dei tassi causato dall’inflazione elevata e da una politica monetaria più restrittiva. Allo stesso tempo, i dubbi sulle prospettive di crescita potrebbero pesare sulle obbligazioni a più lunga scadenza. Abbiamo inoltre ripristinato un’ampia sottoponderazione sugli spread del reddito fisso. Riteniamo che la volatilità dei tassi d’interesse stia tornando a salire bruscamente dopo la riunione di Jackson Hole, esercitando così una pressione al rialzo sugli spread del credito dei mercati sviluppati. Inoltre, l’attenzione potrebbe spostarsi verso un indebolimento delle prospettive macro-globali. Anche se i dati degli Stati Uniti sono più eterogenei e presentano ancora alcuni elementi relativamente più forti rispetto all’economia europea, riteniamo che il mercato abbia preso troppo sul serio il cosiddetto “perno della Fed” e che questo abbia portato a una valutazione eccessivamente ottimistica delle prospettive macro. Gli spread sono ancora a rischio sia a causa di una banca centrale falco sia a causa di un rallentamento della crescita, e noi rimaniamo ribassisti».

Come valutate invece il mercato delle materie prime?

«Siamo neutrali sulle materie prime. Nel complesso delle materie prime sono in gioco forze opposte. Le scarse scorte stanno creando una certa tensione sui mercati fisici, in particolare sui prodotti petroliferi, e le curve sono in calo. In Cina i dati macro sono deboli, soprattutto nel settore immobiliare, ma gli stimoli sono in aumento. I rischi di interruzione legati alle sanzioni permangono e il posizionamento degli investitori è basso. Allo stesso tempo, si profila il rischio reale di recessione. Storicamente, i rischi di recessione hanno frenato le materie prime, soprattutto i ciclici energia e metalli industriali, ma anche l’agricoltura. Questi timori di recessione rimarranno in primo piano e saranno alimentati dalla possibilità di un razionamento della domanda, qualora la Russia dovesse ridurre ulteriormente i flussi di gas verso l’Europa. Le materie prime devono inoltre affrontare la persistente incertezza relativa alle riaperture e alle chiusure cinesi e un dollaro forte».

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