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ApprofondimentiRisparmio Mar 07 febbraio 2023

Tango Bond, dopo 10 anni i giudici chiedono i soldi indietro ad un cliente Mps

Il cliente dovrà restituire 120mila euro. Ma ha già ridato i titoli alla banca che ha incassato 90mila euro dall'accordo con l'Argentina Tango Bond, dopo 10 anni i giudici chiedono i soldi indietro ad un cliente Mps obbligazioni
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Il crack argentino del 2001 mette di nuovo a rischio i risparmiatori

Una sentenza della Corte d’appello di Roma cambia le carte in tavola per un piccolo risparmiatore, P.T., che aveva investito tempo fa in Tango bond, le obbligazioni argentine comprate da circa 450mila italiani. I magistrati della terza sezione hanno ribalzato il giudizio di primo grado che dava ragione al risparmiatore chiedendogli indietro tutta la somma investita, oltre alle spese legali. Totale: 120mila euro.

Tutto questo anche a dispetto del fatto che il cliente avesse restituito a suo tempo i titoli alla banca che ne aveva ricavato dei soldi aderendo all’accordo di ristrutturazione del debito argentino. Insomma, oltre al danno anche la beffa per l’ottuagenario investitore. E il rischio, sullo sfondo, che un giudizio analogo possa riproporsi anche per altri investitori coinvolti nel crack del Paese Sudamericano. Ma andiamo per gradi. 

Tutto inizia nel 2000

È all’epoca che Banca 121 spa piazzò al signor T. circa 60 mila euro di bond argentini che finirono poi nel default del Paese sudamericano nel dicembre 2001. Come altri risparmiatori, il signor T., classe 1940, non si rassegnò all’idea di veder andare in fumo i suoi soldi. Anche per via del fatto che riteneva la banca gli avesse proposto un tipo di investimento estremamente a rischio, in contrasto con il suo profilo. Per di più senza fornire i debiti chiarimenti e in assenza di un contratto ad hoc.  

Sulla base di queste considerazioni, al pari di altri risparmiatori, il risparmiatore decise di far causa alla banca. Così nel 2010 intraprese un’azione giudiziaria contro Mps, che intanto aveva assorbito Banca 121. Due anni dopo arrivò la sentenza favorevole del Tribunale di Roma che obbligava la banca a restituire al cliente più di 66 mila euro.

“I magistrati dichiararono la nullità dell’ordine d’acquisto per mancata sottoscrizione del contratto quadro” spiega l’avvocato Lucio Golino . Risultato: la banca venne condannata alla restituzione al cliente della somma investita e al pagamento delle spese legali. Al cliente i magistrati imposero invece la restituzione dei Tango bond all’istituto di credito. 

La storia non finisce qui

Mps fece appello contro la sentenza sostenendo che basta la firma di un contratto di mediazione mobiliare per giustificare gli acquisti. Tesi accolta dalla Corte d’appello che descrive il signor T. come fortemente orientato al rischio perché nel profilo “Scheda cliente” segnala “tra le finalità del proprio investimento, quella di rendere fruttifero il suo risparmio e di avere, come obiettivo di investimento, quello di aumentare il capitale investito” come si legge nella sentenza. 

Di qui la decisione del collegio presieduto dal giudice Giuseppe Lo Sinno (consiglieri Attilio Mari e Antonella Myriam Sterlicchio) di condannare il cliente alla restituzione delle somme, oltre al pagamento delle spese legali. Senza considerare che, a seguito della sentenza di primo grado, i Tango bond erano stati restituiti alla banca. Dettaglio non da poco quest’ultimo dal momento che nel 2016 con un accordo nell’arbitrato internazionale, il governo argentino accettò di pagare ai possessori di quei bond, emessi alla fine degli anni ‘90 ed andati in default, il 150% del loro valore nominale. 

“È agevole dedurre che la Banca Monte dei Paschi di Siena Spa all’esito della retrocessione dei titoli nel 2013, sicuramente in possesso di informazioni privilegiate, abbia accettato l’offerta del governo argentino del 2016, Lucrando, per l’effetto, già il 50% del valore nominale sui titoli: in altri termini ha pagato 60 mila euro nel 2013 al sig. Testa e ne ha guadagnati 90 mila nel 2016 dal Governo argentino”, precisa l’avvocato. 

Non a caso, su questa base, il legale ha chiesto l’intervento al ministro della giustizia, al procuratore generale della Suprema Corte di Cassazione e del Tribunale di Perugia. Il motivo? La  banca ha dunque conseguito un  lauto guadagno per il solo fatto di essere stata condannata dal Tribunale di Roma – conclude -. Ma evidentemente per la Corte d’Appello di Roma non era ancora sufficiente”. Così ora, dopo 10 anni in Corte d’appello, il risparmiatore 83enne dovrà attendere altri altri 5 anni per il ricorso davanti alla Corte di cassazione.

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