"Sistema fraudolento": le motivazioni della sentenza Juve - V&A
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Primo pianoSport Lun 30 gennaio 2023

Caso plusvalenze, le motivazioni della sentenza Juventus: "C'era un sistema fraudolento"

La Corte federale ha pubblicato le motivazioni della sentenza Juventus: il -15 dettato dalla "presenza di un sistema fraudolento in partenza" Caso plusvalenze, le motivazioni della sentenza Juventus: "C'era un sistema fraudolento"
Alberto Mapelli
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Alberto Mapelli

Caso plusvalenze, le motivazioni della sentenza Juventus

La stangata di 15 punti alla Juventus per il caso plusvalenze è stata dettata dalla “presenza di un sistema fraudolento in partenza” che la Corte federale “non aveva potuto conoscere”. La maxi-penalizzazione della Juventus viene motivata in 36 pagine dalla Corte federale d’appello della Federcalcio, decisa ribaltando l’assoluzione in primo grado, è stata dettata da “un quadro dei fatti radicalmente diverso per l’impressionante mole di documenti giunti dalla Procura della Repubblica di Torino“. Prove che, secondo la Corte federale, hanno “evidenziato l’intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori“. E la pesantezza della sanzione è stata determinata dalla “particolare gravità e della natura ripetuta e prolungata della violazione e della stessa intensità e diffusione di consapevolezza della situazione nei colloqui tra i dirigenti della Juventus”. 

Nelle motivazioni però non viene illustrato solo il motivo per cui è stata decisa la stangata della Juventus, de facto basata sui documenti e le intercettazioni della Procura di Torino non a disposizione in sede di primo grado. Dei quali emergono anche novità, come il caso di una fattura del Marsiglia corretta a penna dai dirigenti della Juventus. Spiegato inoltre il motivo per cui non sono state inflitte penalità ad altre società: perché, si spiega nelle carte, “non sussistono evidenze dimostrative specifiche che consentano di sostenere efficacemente l’accusa”.

La fattura del Marsiglia corretta a penna

Nelle motivazioni della sentenza vengono esplicate in modo ampio e con numerosi esempi le motivazioni per cui è stato deciso di condannare, dal punto di vista sportivo, la Juventus. Pur ammettendo che si possa assistere “ad un’operazione atipica, una tantum”, la Corte sottolinea che il valore di cessione di un asset della società e la conseguente plusvalenza “richiede fondamenti logici“. “Non può accadere – scrivono i giudici – che sistematicamente sia invertito il processo, come invece emerge dal nuovo quadro probatorio disponibile”. Sistema che sarebbe provato dalla mole di documenti provenienti dalla Procura di Torino, a partire dal “Libro nero” di Paratici e dalle intercettazioni.

A supporto la Corte federale porta, tra gli altri, l’esempio di una fattura corretta a penna nell’ambito dello scambio Akè/Tongya con il Marsiglia. L’operazione, apparentemente costruita con contratti indipendenti, è in realtà un vero e proprio scambio e viene così qualificato dalle mail interne: “Scambiamo Tongya con Akè, entrambi trasferimenti definitivi identici” . E alla richiesta se “dobbiamo condizionarli l’uno
all’altro?” la risposta è “li abbiamo condizionati l’uno all’altro”.

Per rafforzare il fatto che fossero operazioni separate i dirigenti della Juventus chiedono infatti modifiche a una fattura emersa dal Marsiglia. Si chiede, si legge nelle motivazioni, correggendo a penna e rispedendola al mittente chiedendolo “espressamente” di modificare la causale “compensazione”. I giudici sottolineano come i dirigenti della Juventus “debbano persino superare una resistenza” di quelli francesi, che si sentono costretti a “un richiamo a buona fede nel chiedere che sia mantenuta la dicitura ‘compensazione'”. 

Perché la Corte federale non ha penalizzato altri club

Ma perché allora non condannare anche le altre società che si sono prestate a questo sistema? Nella sentenza pubblicata viene sottolineato come, a differenza di quanto accade per la Juventus, per le altre società “non sussistono evidenze dimostrative specifiche che consentano di sostenere efficacemente l’accusa”. Senza contare che è impossibile sostenere che vi sia stata “una sistematica alterazione di più bilanci” per Sampdoria, Pro Vercelli, Genoa, Parma, Pisa, Empoli, Novara e Pescara.

In altre parole: la documentazione acquisita dalla Procura di Torino non fornisce prove sufficienti perché sia possibile ricondurre alle società e ai loro dirigenti un molteplice utilizzo di plusvalenze fittizie. Certo, viene riconosciuto che alcune operazioni siano “sospette”. Ad esempio quella tra Juventus e Sampdoria che coinvolge Audero, Peeters e Mulé. Per cui però, secondo le motivazioni,  “non può raggiungersi (quanto meno dal lato della Sampdoria) certezza di illiceità e che comunque non appare sufficiente per sostenere un’accusa rivolta ad una sistematica alterazione dei bilanci”.

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