Juventus, Fimmanò: "Organi indipendenti per controllare il calcio"
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Sport Mer 30 novembre 2022

Juventus, Fimmanò: "Organi indipendenti per controllare le società"

Caso Juventus, il giurista Fimmanò: "Il calcio ormai sposta miliardi. Organi indipendenti per controllare le società" Juventus, Fimmanò: "Organi indipendenti per controllare le società"
Maurizio Cattaneo
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Maurizio Cattaneo

Caso Juventus, servono organi indipendenti

«Non si può gestire quello che è diventato uno dei settori industriali più importanti al mondo con le regole di una bocciofila».  A poche ore dalla tempesta giudiziaria che si è abbattuta sulla Juventus, abbiamo raggiunto Francesco Fimmanò, professore ordinario di diritto commerciale e vicepresidente del consiglio di presidenza della Corte dei Conti, già componente della Corte di giustizia federale della Figc.

E Fimmanò non usa mezzi termini nel puntare l’indice su un sistema dove controllori e controllati sono di fatto gli stessi e «le regole che dovrebbero tutelare gli stakeholders e gli investitori vengono cambiate senza particolari problemi in funzione delle problematiche e delle criticità che emergono tra le società. Prendiamo il caso degli  indici di liquidità, cambiati una serie di volte lo scorso anno. Le sembra una cosa seria?».

Può spiegarci?

«La gestione del calcio passa attraverso le Federazioni, le leghe e gli organi di relativa promanazione e lo stesso accade a livello europeo con Uefa e Fifa. Ma sono tutti organismi emanazione dello stesso sistema».

Ma come è stato possibile non affrontare prima il problema ed arrivare a questo punto?

«Intanto una premessa. Oggi parliamo di Juventus ma il fenomeno è mondiale. Basti pensare a ciò che pare emergere sull’assegnazione del campionati del mondo in Qatar. E venendo a casa nostra voglio ricordare che i club professionistici falliti dal 2002 sono state ben 186, alcune di questi con due, tre fallimenti in 20 anni. Ogni volta si grida allo scandalo ma poi cambia poco o nulla».

E cosa si dovrebbe fare? E il caso Juve in particolare? Le accuse sono gravi.

«Il caso della società torinese ha proprie peculiarità anche perché si tratta di una società quotata in Borsa . Occorre ricordare che il valore di una società si basa sul titolo sportivo, sul valore di mercato dei giocatori, sui clienti cioè il pubblico ed ovviamente  i diritti televisivi, le sponsorizzazioni e così via. Una delle fonti di ricavi sono le plusvalenze realizzate tra acquisto e vendita di giocatori. Ma in presenza di regole lacunose chi certifica tutto questo? Nel caso Juventus non c’è solo la vigilanza in sede sportiva ma, vista la quotazione, c’è il  controllo della Consob. Gli interessi in gioco sono più diffusi basti pensare al crollo del titolo in Borsa che ha danneggiato gli investitori».

Dunque se fosse stato per i controllori dello sport sarebbe finita a tarallucci e vino?

«Non dico questo, anzi ricordo che l’inchiesta dove era presente anche la Juve aveva coinvolto 11 società e 61 dirigenti. E la Corte federale aveva certamente chiuso la vicenda ma stigmatizzando le anomalie ed esprimendo forti perplessità sull’operato anche se non vi erano condizioni di punibilità per mancanza di regole sulle operazioni a specchio».

Ma perché a distanza di mesi la Juve è tornata sotto tiro?

«Sono emerse nuove prove e nuovi fatti nell’indagine penale dove gli inquirenti hanno altri strumenti. D’altra parte in questo caso le violazioni che si contestano non erano dirette ad evitare il fallimento o ad iscriversi al campionato, ma per abbellire i conti e dimostrare che la gestione fosse efficiente. Una situazione che, con l’operazione sbagliata di Ronaldo, si è fatta sempre più ingestibile. Ma chi è abituato alla nebulosità della gestione sportiva finisce col pensare di vivere in un mondo a parte…».

Come far tornare i manager del mondo del calcio tra noi comuni mortali?

«Il rispetto delle regole deve essere garantito da Autorithy indipendenti come negli altri settori industriali con rilevante impatto sociale: penso a Consob, Bankitalia, Antitrust».

E per le plusvalenze come se ne esce visto che si tratta di una prassi dilagante?

«Le soluzioni regolamentari per arginare l’abuso di player trading possono essere tante ed alcune suggerite dagli stessi giudici federali che hanno prosciolto i club a maggio di quest’anno, a cominciare dalla sterilizzazione almeno parziale delle “operazioni a specchio” computando in bilancio solo la componente rispetto alla quale esiste un esborso finanziario nettata dalla compensazione. Oppure si potrebbero introdurre alcuni parametri il cui superamento qualificherebbe l’operazione come vietata. In pratica un algoritmo per stabilire il valore economico quanto più oggettivo di un calciatore. Peraltro esiste una ampia quantità di dati consolidati nel sistema calcio che potrebbe essere comparata con quella che si è formata in altri contesti ancora più collaudati in materia, come quelli delle americane National football league e della National basketball association. In alternativa si potrebbe istituire una camera di compensazione attraverso cui far passare tutti i pagamenti, in modo da garantire effettivi passaggi di denaro».

Secondo lei la tempesta di Torino rischia a questo punto di allargarsi ad altri club?

«Le dimissioni dell’intero vertice della squadra più blasonata d’Italia con nomi di grande notorietà potrebbe avere effetti sistemici. Probabilmente la vicenda contribuirà ad accelerare la riflessione sul cambiamento delle regole. Diverso è dire che potremmo vedere uno tsunami».

Ma cosa si aspetta nel prossimo futuro?

«Gli interessi in gioco sono enormi. Pensi soltanto che la Premier league muove un business che solo per i diritti televisivi vale 10 miliardi di sterline di cui più della meta all’estero. E l’industria del calcio è ormai l’ottava al mondo. Ma senza regole il rischio è che il pallone si sgonfi. Tutti gli sviluppi economici tumultuosi a un certo punto hanno bisogno di regole per sopravvivere».

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