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MondoPrimo pianoTech Mar 13 dicembre 2022

Nella guerra dei chip la Cina mobilita 140 miliardi di dollari

Il governo di Pechino risponde alle sanzioni Usa con un maxi-pacchetto per sostenere le sue aziende dei chip. Nella guerra dei chip la Cina mobilita 140 miliardi di dollari
Redazione Verità&Affari
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Redazione Verità&Affari

Il piano della Cina sui chip

La Cina sta preparando un pacchetto di aiuti da 1.000 miliardi di yuan (143 miliardi di dollari) per la sua industria dei chip. Secondo quanto riporta l’agenzia Reuters, l’obiettivo del governo di Pechino è raggiungere l’autonomia del settore (nel quale la dipendenza dall’estero è ancora molto forte) in risposta alle recenti mosse dell’amministrazione americana, che ha imposto limitazioni alle esportazioni di tecnologia verso la Cina alle aziende Usa e a quelle dei paesi alleati.

Il piano di aiuti cinese si concretizzerà in sussidi e crediti di imposta, a sostegno della ricerca e della produzione. E potrebbe essere implementato già a partire dal primo trimestre del 2023. 

La contesa con gli Usa

I semiconduttori sono la frontiera dell’innovazione tecnologica e dello scontro geopolitico tra Cina e Usa. L’ultimo atto di questa contesa risale a qualche giorno fa, quando è emersa la notizia che gli Stati Uniti sarebbero vicini a un accordo con Giappone e Olanda per limitare l’export di tecnologia usata per la produzione dei chip. In sostanza la giapponese Tokyo Electron e il gigante olandese Asml (che ha il monopolio mondiale nella produzione di macchinari a litografia ultravioletta estrema, decisivi per la produzione dei semiconduttori più avanzati tecnologicamente) accetteranno di limitare le proprie consegne a Pechino.

Gli Usa non si limitano ad applicare limiti all’export ma puntano a sviluppare la capacità domestica di produzione. A questo serve il Chips and Sciences Act, approvato dal Congresso lo scorso agosto, che mette a disposizione 52 miliardi di dollari alle aziende che decidono di stabilire i propri impianti in territorio americano.

Anche questa legge ha un risvolto anti-cinese: le aziende che beneficeranno delle sovvenzioni del governo federale, infatti, dovranno limitare per dieci anni la fornitura di componenti tecnologiche ai loro impianti presenti in Cina. Una condizione che ha portato due giganti del settore, le sudcoreane Samsung Electronics e Sk Hynix, a valutare l’opportunità di chiudere i propri stabilimenti nell’Impero di mezzo.

I titoli delle aziende di chip volano in Borsa

La Cina vuole rispondere aumentando a sua volta la capacità di produzione. In nome della sovranità tecnologica, un concetto sottolineato dal presidente Xi Jinping nel corso del Congresso del Partito comunista cinese dello scorso ottobre. Dopo la notizia del maxi-piano di aiuti i titoli di alcune aziende cinesi del settore dei semiconduttori sono volati alla borsa di Hong Kong. Smic (Semiconductor Manufacturing International Corp) ha guadagnato più dell’8%, Hua Hong Semiconductor addirittura il 17%.

La strada per la sovranità tecnologica, e per la vittoria nella guerra dei chip, è però ancora lunga. Per fare solo un esempio, Shanghai Micro Electronics Equipment Group, l’unica azienda cinese che si occupa di litografia, è in grado di produrre chip da 90 nanometri, ben al di sotto della già citata olandese Asml, che produce chip a partire da 3 nanometri.

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