Open Fiber batte cassa. Punta ai ristori per gli aumenti dei prezzi
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ApprofondimentiTlc Ven 10 marzo 2023

Open Fiber batte cassa. Punta ai ristori per gli aumenti dei prezzi

La società mira ad ottenere dal Tesoro circa 300 milioni di compensazioni per extracosti. In partita anche Tim Open Fiber batte cassa. Punta ai ristori per gli aumenti dei prezzi SERVIZIO POSA FIBRA OTTICA
Fiorina Capozzi
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Fiorina Capozzi

Giornalista di economia e finanza con esperienza internazionale e autrice di "Vincent Bolloré, il nuovo re dei media europei" (2015) e "Telecommedia a banda larga" (2020). Riconosciuta da Reporters without borders per il suo lavoro sui media europei.

Non solo un aumento di capitale da 400 milioni

Open Fiber chiede di più. Complice l’aumento dei prezzi, la società controllata da Cassa Depositi e Prestiti e dal fondo australiano Macquarie, punta ad avere degli adeguamenti sul compenso pattuito per il cablaggio delle zone a fallimento di mercato  nelle aree grigie. Causa Covid e inflazione legata alla guerra, la società guidata da Mario Rossetti ha infatti bussato alla porta del minstro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti, per domandare poco meno di 300 milioni di extracosti. La rivale Tim l’ha seguita a ruota chiedendo compensazioni per 312 milioni.

Alla base della richiesta, l’articolo 30 del decreto Aiuti Ter in cui il governo di Mario Draghi ha previsto che Infratel possa valutare compensazioni per extracosti a valere sui risparmi di gara che, per le sole aree grigie, ammontano a circa 700 milioni, cifra non lontana dalle pretese cumulate dei due operatori di tlc.

Naturalmente Infratel e anche il Tesoro dovranno in qualche modo giustificare nuovi eventuali ristori per le due società, oltre che naturalmente l’aggravio di costi per le casse pubbliche. Difficilmente la motivazione potrà essere l’impatto della pandemia sui cantieri visto che i bandi risalgono infatti alla primavera del 2022 quando il Covid era già in una versione meno aggressiva rispetto a due anni prima. Quanto agli incrementi di prezzo causati dalla guerra, le commesse sono state assegnate un mese dopo l’inizio del conflitto fra Russia e Ucraina. E quindi con una visibilità sulla situazione economico-finanziaria, inclusi trend delle materie prime e di energia, già decisamente elevata. Ma è evidente che spetterà ad Infratel valutare il da farsi.  

Di certo con le compensazioni si prospetta una boccata d’ossigeno

Open Fiber nagiva in acque agitate. L’azienda ha cumulato debiti per 5 miliardi di euro . Non sono ancora noti i risultati 2022. Il consiglio si riunirà la prossima settimana. Ma è noto che l’azienda che necessita una ricapitalizzazione da 390 milioni e il fondo australiano Macquarie che non è intenzionato a mettere mano al portafoglio. Il denaro è però necessario a portare avanti i progetti di investimento per la quota di capitale privato (30%) complementare a quella pubblica (70%). 

Sullo stato di avanzamento dei lavori, c’è poi un altro problema: Open Fiber è in ritardo sulla costruzione della nuova rete in fibra con i soldi pubblici dei bandi confezionati dall’azienda del Mise, Infratel. Il gruppo guidato da Rossetti ha infatti cablato circa 2,3 milioni di unità immobiliari. Ne avrebbe dovuto coprire 6,4 milioni. Non a caso Infratel ha comminato oltre 40 milioni di multa ad Open Fiber.

A maggio di due anni fa, l’azienda guidata da Marco Bellezza ha infatti avviato la procedura per sanzionare Open Fiber a causa dei ritardi nei lavori. Ad ottobre la multa era già di 40 milioni, destinata a salire ulteriormente di un milone al mese. Senza contare che, nei termini del contratto, le ammende pecuniarie per i ritardi potrebbero salire fino a 140 milioni. Finora Open Fiber non ha pagato. Anzi ha fatto ricorso in tribunale. La società sostiene infatti che i ritardi non le siano imputabili, ma siano piuttosto da attribuire alla lentezza con cui i comuni sottoscrivono la convenzione con Infratel, oltre che all’effetto Covid che ha rallentato i lavori di posa della fibra. Fatto sta che sono stati cumulati circa due anni di ritardo rispetto alla tabella di marcia. 

L’intera questione rischia di pesare sul riassetto Tim

C’è infatti un problema di valutazione di Open Fiber come asset da conferire nell’ipotesi di nozze con la rete di Tim, di cui Cassa Depositi e Prestiti è socio. La situazione finanziaria, lo stato di avanzamento dei lavori e il rischio multe che pesa sull’azienda guidata da Rossetti potrebbero avere un impatto sulla valutazione e di conseguenza sul concambio fra le due società. Con in più l’aggravante che Cdp, essendo socio di entrambe le aziende, si ritrova in un irrisolto e anomalo conflitto d’interesse. Prova ne è il fatto che, nella valutazione delle offerte, Tim ha attivato immediatamente il comitato per le procedure con parti correlate. E pensare che il ministro Giorgetti, appena insediatosi, aveva promesso di risolvere il nodo Cdp relativo al ruolo in Tim e in Open Fiber. Ma poi la questione è finita nel dimenticatoio. E’ arrivata invece l’offerta di Cdp-Macquarie per Tim con il governo che ancora non ha preso una posizione netta sul futuro dell’ex monopolista pubblico.  

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