Alitalia, per Bruxelles il prestito da 400 milioni è aiuto di Stato
Sale a 1,6 miliardi il conto per i contribuenti che pagheranno per i finanziamenti concessi da Berlusconi, Gentiloni e Conte
Il finanziamento del 2019 è illegittimo
Lo ha stabilito la Commissione europea con un copione che si ripete negli anni e porta il totale degli aiuti “a fondo perduto” a vantaggio di Alitalia a quota 1,6 miliardi. Il prestito finito nel mirino della Commissione è quello concesso dal governo di Giuseppe Conte per l’ennesimo tentativo di salvataggio dell’ex compagnia di bandiera. Un anno dopo, nel 2020, sarebbe nata Ita Airways, lasciando i debiti nella bad company Alitalia Sai e licenziando il personale.
Ma già in precedenza, il governo di Paolo Gentiloni, oggi commissario europeo per l’economia, aveva pensato bene di fare credito ad Alitalia Sai, quella che sarebbe dovuta decollare grazie alla compagnia degli Emirati Ethiad. Proprio lui che oggi a Bruxelles è collega del commissario alla concorrenza, Margrethe Vestager. E anche ad Alitalia Cai, quella dei capitani coraggiosi voluti alla cloche di comando da Silvio Berlusconi.
Indipendentemente dal colore politico, quindi, la tecnica dei governi italiani sembra sempre la stessa: finanziare l’ex compagnia di bandiera sapendo che i soldi non torneranno mai indietro, contrariamente a quanto sosteneva l’ex ministro Carlo Calenda nella seconda tranche dei 900 milioni stanziati dal governo Gentiloni.
Unica nota diversa: i tempi con cui di volta in volta agisce la Commissione. Nel caso del governo Berlusconi, Bruxelles definì illeciti gli aiuti nel giro di sei mesi. Per Gentiloni, invece, il procedimento fu di gran lunga più lungo: 5 anni. Con tanto di passaggio elettorale nel mezzo.
Bruxelles ha deciso che l’Italia dovrà recuperare il denaro
Esattamente come per i prestiti di Gentolini e quello di Berlusconi, la Commissione ha intimato all’Italia ha “di recuperare da Alitalia gli aiuti illegittimi e incompatibili” con le norme Ue “maggiorati degli interessi”. Nel caso di fallimento della compagnia, Alitalia potrà rimborsare la somma “nel limite dei ricavi ottenuti dalla vendita dei suoi asset”.
In pratica, “nel caso di una impresa insolvente, l’eliminazione della distorsione della concorrenza può essere ottenuta registrando le richieste relative all’aiuto illegale nella gerarchia dei creditori della procedura fallimentare in corso sotto l’amministrazione straordinaria” ha precisato la portavoce della Commissione Europea per la Concorrenza, Arianna Podestà. “Pertanto i 400 milioni saranno ripagati da Alitalia entro i limiti dei ricavi ottenuti dalla vendita dei beni della compagnia e dal valore di qualsiasi bene rimanente che non venga venduto” ha concluso. Tradotto, siccome in Alitalia Sai è rimasto ben poco, per le casse pubbliche i prestiti si traducono in una perdita secca che grava ulteriormenre sui conti pubblici.
Per il ministro Giancarlo Giorgetti la decisione era attesa
“L’esclusione di Ita dalle richieste di restituzione del prestito ponte ad Alitalia è la dimostrazione che siamo nel giusto e continueremo su questa strada. Le conclusioni della Commissioni Ue erano attese e ampiamente previste” ha fatto sapere il ministro. Ed, in effetti, con il suo provvedimento, Bruxelles attacca solo Alitalia sai, non anche la società guidata da Fabio Lazzerini.
Non si tratta di un aspetto da poco visto che il governo teme possa emergere un profilo di continuità fra Alitalia sai e Ita. Una simile opzione mirebbe alle basi il piano di divisione della bad company dagli asset buoni finiti in Ita sulla base di un contratto di vendita che però non è stato mai reso pubblico.
Secondo quanto risulta a Verità&Affari, i tedeschi di Lufthansa temono questo argomento. Soprattutto per via del fatto che porterebbe in dote un’ondata di cause dei lavoratori e il conseguente obbligo di assunzioni di tutti gli ex lavoratori Alitalia in Ita. Anche di qui la richiesta di uno sconto sul prezzo, legato a doppio filo anche con gli aumenti di recente concessi al personale, e i ritardi nella formalizzazione dell’offerta tedesca per il 40% dell’azienda guidata da Lazzerini.