Furto record alla Masi, dove può finire l'Amarone rubato - V&A
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AperturaVino & Cibo Gio 26 gennaio 2023

Furto record alla Masi, parla Boscaini. Ecco dove può finire l'Amarone rubato

All'indomani del maxi furto alla Masi da oltre 300 mila euro Raffaele Boscaini fa il punto: "Con la tracciabilità bottiglie ritrovabili". Furto record alla Masi, parla Boscaini. Ecco dove può finire l'Amarone rubato
Maurizio Cattaneo
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Maurizio Cattaneo

“Quando avviene un furto di un vino di qualità il danno non è solo economico, tra l’altro nel nostro caso il prodotto era assicurato, ma anche di immagine. Se infatti un prodotto di altra gamma, che sia Amarone, Brunello o Barolo,  finisce in canali di vendita non consoni e a prezzi sbagliati il rischio di un danno all’immagine può esserci”.  Raffaele Boscaini,  direttore marketing e settima generazione della famiglia proprietaria di Masi, fa il punto all’indomani del furto di 1.500 casse, per un totale di 9mila bottiglie, di Amarone Costasera Masi. Si tratta di uno dei prodotti di punta della storica cantina del Veronese quotata in Borsa. Un furto del  valore di circa  315mila euro.

Ma dove può essere piazzato un così ingente quantitativo di vino rubato?

“Intanto la premessa è che c’è la tracciabilità. Non solo legata alla marca del vino ma anche alla fascetta che ne certifica la bontà e la provenienza. Quindi chi si appresta ad acquistare il prodotto lo fa sapendo che si tratta di merce di dubbia provenienza. Inoltre una così ingente quantità di vino non può essere piazzata scatolone per scatolone”.

E dunque chi lo compra? Forse va all’estero?

“Per superare le dogane ci sono tutta una serie di formalità da espletare. È pur vero che c’è anche chi rischia e cerca di passare la frontiera con documenti falsificati. Più probabile è che i ladri cerchino di piazzare il prodotto in piccole catene di supermercati. Ma anche in questo caso non è facile, proprio per il tema della tracciabilità”.

Quindi è possibile arrivare ai responsabili?

“Le indagini sono in corso. Non posso dire di più”.

Intanto dovrete trasformare le cantine in caveau…

“Il furto è stato fatto in un centro logistico che ha i propri sistemi di sicurezza. Tra l’altro, altri vini presenti sul posto non sono stati toccati.  Per quanto riguarda le nostre cantine il vino è ben protetto. In ogni caso vedremo i riscontri delle indagini”.

Masi agricola, radicata in Valpolicella Classica, è uno dei produttori italiani di vini d’eccellenza più conosciuti al mondo. La storia dell’azienda inizia nel 1772, data della prima vendemmia della famiglia Boscaini. Oggi il gruppo guidato dal padre di Raffaele, Sandro (non a caso chiamato mister Amarone), vanta prodotti conosciuti in oltre 120 Paesi.

Dottor Boscaini. lei è anche presidente degli industriali di Verona e la sua azienda è partner in associazioni e organismi che esprimono l’eccellenza del Made in Italy  come Fondazione Altagamma, Comitato Leonardo, Istituto Grandi Marchi, Le Famiglie Storiche. Come tutelare le eccellenze italiane?

“La qualità del Made in Italy è costruita attraverso la continua ricerca della qualità e dell’eccellenza. Noi siamo ambasciatori non solo del nostro prodotto ma del Paese Italia. Per questo la cura avviene a tutti i livelli. Nel nostro caso si parte dai campi alla cantina fino alla distribuzione finale. Io parlo del vino ma stesso discorso vale per tutto l’agroalimentare tricolore e in altri settori industriali. Non è un caso che Confindustria spinga molto sul fronte della qualità. È solo così che si vince”.

Non sono stati anni facili. La Masi come sta andando?

“Siamo una società quotata in Borsa. Abbiamo diffuso i dati dei primi tre trimestri dello scorso anno che mostrano una buona crescita. Il vino di qualità è un prodotto sempre più apprezzato. E lo stiamo riscontrando su tutti i mercati in cui siamo presenti”.

Poi però arriva qualcuno, come la virologa Antonella Viola, a dire che il vino fa male. E grazie alla notorietà acquisita con il Covid finisce sulle prime pagine dei giornali…

“Il vino di qualità non fa male. In ogni caso il problema, anche in ambito comunitario riguardo alle scritte sulle etichette, è mal posto. Non si deve parlare di consumo ma di abuso. E se pensiamo all’abuso, quanti sono i prodotti che, se consumati in dosi massicce, fanno male alla salute?  Moltissimi. Occorre dunque sviluppare una concezione della salute e della sostenibilità a tavola e non lanciare slogan che possono solo fare danni”.

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