Meloni al Vinitaly: "Pronti a sostenere settore da 30 miliardi" - V&A
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Primo pianoVino Lun 03 aprile 2023

Meloni al Vinitaly: "Pronti a sostenere un settore da 30 miliardi"

Il premier in visita alla fiera si trova di fronte a operatori che devono affrontare una serie di problemi a cominciare da quello dei costi Meloni al Vinitaly: "Pronti a sostenere un settore da 30 miliardi"
Maurizio Cattaneo
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Maurizio Cattaneo

Meloni al Vinitaly: “Pronti a sostenere un settore che vale 30 miliardi”

È un dovere sostenere l’enologia italiana perché funziona anche grazie alla capacità di mettere insieme tradizione e modernità” lo ha detto il premier Giorgia Meloni al suo arrivo al Vinitaly. “L’impegno del governo – ha aggiunto – è anche con i provvedimenti che abbiamo immaginato non solo per le imprese, ma anche per i giovani”.

Il premier visita un salone specchio di un settore dai numeri record ma che sta affrontando numerose sfide: dalle etichette allarmistiche proposte a livello comunitario, al grave problema dei falsi sino ai costi raddoppiati a causa di tariffe e rincari e al taglio dei fondi per la promozione. Meloni ha quindi ricordato che il settore del vino in Italia vale 30 miliardi e conta 870mila addetti: «Siamo i primi produttori al mondo – ha detto la premier -. Ci sono famiglie che portano avanti tradizioni importanti ma fondamentale è anche il ricambio generazionale. Quindi, l’impegno del governo anche con i provvedimenti che abbiamo immaginato a sostegno non solo delle produzioni di eccellenza, non solo a sostegno dell’impresa nel suo complesso ma anche a sostegno dei giovani e del ricambio generazionale».

Il governo favorevole a un liceo del made in Italy

La prima sosta del premier è stato allo lo stand del ministero dell’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste, dove sono esposti i quadri di Caravaggio e Reni: «Considero molto affascinante la scelta dei ministri Lollobrigida e Sangiuliano di portare qui per la prima volta due opere che sono legate al mondo del vino, perché bisogna ricordare che il vino non è solo un fatto economico ma anche culturale.  C’è una storia del vino, c’è una geografia del vino, c’è una letteratura del vino, c’è un’architettura del vino e una filosofia del vino. C’è un pezzo essenziale e identitario quindi non poteva mancare la presenza del governo”. Ed di fronte a un gruppo di studenti Meloni ha quindi anticipato che il governo starebbe pensando a un liceo “del made in Italy”.

A circostanziare le preoccupazioni del premier sul fronte dell’impegno a tutela dell’enologia italiana ci ha pensato Coldiretti. “Il giusto impegno dell’Unione europea per tutelare la salute dei cittadini – ha sottolineato Coldiretti – non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate. È infatti del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità e a più bassa gradazione come la birra e il vino”. “Un approccio ideologico nei confronti di un alimento come il vino che – ha sostenuto  la Coldiretti – fa parte a pieno titolo della dieta mediterranea e conta diecimila anni di storia e le cui tracce nel mondo sono state individuate nel Caucaso”.

 “Ma il vino Made in Italy – ha spiegato l’organizzazione presieduta da Ettore Prandini – deve affrontare anche altri attacchi. Un esempio è la scelta della Ue di autorizzare nell’ambito delle pratiche enologiche l’eliminazione totale o parziale dell’alcol anche nei vini a denominazione di origine. In questo modo viene permesso ancora di chiamare vino un prodotto – sottolinea la Coldiretti – in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalità per effetto di trattamento invasivo che interviene nel secolare processo di trasformazione dell’uva in mosto e quindi in vino”.

Precedente pericoloso

Si tratta “di un precedente pericoloso che apre la strada all’introduzione di derive che mettono fortemente a rischio l’identità del vino italiano, che è la principale voce dell’export agroalimentare nazionale” afferma Prandini nel sottolineare che “è in atto una demonizzazione indiscriminata, pilotata da alcune multinazionali, che punta ad affermare un nuovo modello alimentare e culturale che danneggia il settore e mette in discussione storia, cultura e valori fortemente radicati nel cibo e nei vini made in Italy, la dieta mediterranea stessa, patrimonio Unesco e il consumo moderato e responsabile che contraddistingue il vino in Italia”.

Ma tra le pratiche discutibili c’è anche lo zuccheraggio del vino – spiega la Coldiretti – che è ad esempio permesso nell’Unione Europea ad eccezione di Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, Malta e in alcune aree della Francia che rappresentano però circa l’80% della produzione comunitaria. Negli Stati Uniti – riferisce la Coldiretti – è addirittura consentita l’aggiunta di acqua al mosto per diminuire la percentuale di zuccheri secondo una pratica considerata una vera e propria adulterazione in Italia. Miscele di vini da tavola bianchi e rossi per produrre un “finto rosè” vietate in Europa sono possibili invece in Nuova Zelanda e in Australia.

Il mercato dei falsi

“L’Unione europea però – continua la Coldiretti – ha dato il via libera anche al vino senza uva con l’autorizzazione alla produzione e commercializzazioni di vini ottenuti dalla fermentazione di frutti diversi dall’uva come lamponi e ribes molto diffusi nei Paesi dell’Est. “Il problema non è legato solo all’utilizzo delle pregiate denominazioni del Belpaese poiché in base alla normativa europea del vino, non è possibile aggiungere acqua nel vino o nei mosti”, lamenta Coldiretti, e segnala che “a pesare sono anche i rischi legati alle richieste di riconoscimento di denominazioni che evocano le eccellenze Made in Italy come nel caso del Prosek croato, un vino dolce da dessert tradizionalmente proveniente dalla zona meridionale della Dalmazia, contro la cui domanda di registrazione tra le menzioni tradizionale l’Italia ha fatto ricorso, in virtù del fatto che potrebbe danneggiare il Prosecco”.

Quello dei falsi resta comunque un mercato molto florido dove i rischi riguardano l’utilizzo delle stesse o simili denominazioni o simili per indicare prodotti molto diversi. Dal Bordolino argentino nella versione bianco e rosso con tanto di bandiera tricolore al Kressecco tedesco, ma ci sono anche il Barbera bianco prodotto in Romania e il Chianti fatto in California, il Marsala sudamericano e quello statunitense tra le contraffazioni e imitazioni dei nostri vini e liquori più prestigiosi che, calcola Coldiretti, “complessivamente provocano perdite stimabili in oltre un miliardo di euro sui mercati mondiali alle produzioni Made in Italy”.

 

 

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