Donne al lavoro, Italia ultima: una su 5 lascia con la maternità
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LavoroPrimo piano Mar 02 gennaio 2024

Donne al lavoro, Italia ultima: una su 5 lascia con la maternità

In Italia si registra un divario anche nel rapporto tra la popolazione maschile e quella femminile nel mondo del lavoro. Donne al lavoro, Italia ultima: una su 5 lascia con la maternità
Redazione Verità&Affari
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Redazione Verità&Affari

La situazione dell’occupazione femminile nel nostro Paese registra una serie di profili critici. Secondo dati Eurostat, in Italia, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni al IV trimestre 2022 è stato pari al 55 per cento, mentre la media UE è stata pari al 69,3 per cento. Da tali dati emerge la scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro in Italia, il cui tasso di occupazione risulta essere quello più basso tra gli Stati UE, di circa 14 punti percentuali al di sotto della media UE a fine 2022. È quanto emerge dal dossier “Occupazione femminile” del Servizio studi della Camera, che fa il punto anche sulle strategie a livello nazionale e sovranazionale per accrescere la parità di genere nel mondo del lavoro.

Nel nostro Paese si registra, inoltre, un divario anche nel rapporto tra la popolazione maschile e quella femminile nel mondo del lavoro: le donne occupate, infatti, sono circa 9,5 milioni, laddove i maschi occupati sono circa 13 milioni. A ciò – rileva il rapporto – si aggiunga che una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità. Tale ultimo aspetto riveste una particolare rilevanza in quanto indice della difficoltà per le donne di conciliare esigenze di vita con l’attività lavorativa. La decisione di lasciare il lavoro è infatti determinata per oltre la metà, il 52 per cento, da esigenze di conciliazione e per il 19 per cento da considerazioni economiche. In
generale, il divario lavorativo tra uomini e donne è pari al 17,5 per cento, divario che aumenta in presenza di figli ed arriva al 34 per cento in presenza di un figlio minore nella fascia di età 25-54 anni.

Anche secondo il Rapporto ISTAT SDGs 2023 la distribuzione del carico di lavoro per le cure familiari tra uomini e donne non migliora, ma l’istruzione si conferma fattore protettivo per l’occupazione delle donne con figli piccoli. Nel 2022, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra 25 e 49 anni con figli di età inferiore ai 6 anni è pari a 55,5% (+1,6 p. p. rispetto al 2021), mentre quello delle donne della stessa età senza figli è del 76,6% (+2,7 p.p. rispetto al 2021). La differenza occupazionale tra lo status di madre e non madre è molto bassa in presenza di un livello di istruzione più elevato, con un valore dell’indicatore pari a 91,5%.

L’occupazione femminile è caratterizzata anche da un accentuato divario retributivo di genere, nonché dal tipo di lavoro svolto dalle donne. Per quanto concerne la differenza di retribuzione, secondo gli ultimi dati Eurostat, il gap retributivo medio (ossia la differenza nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne) è pari al 5 per cento (al di sotto della media europea che è del 13 per cento), mentre quello complessivo (ossia la differenza tra il salario annuale medio percepito da donne e uomini) è pari al 43 per cento (al di sopra della media europea, che è invece pari al 36,2 per cento).

Secondo i dati dell’Osservatorio sui lavoratori dipendenti del settore privato dell’INPS, nel 2022 la retribuzione media annua è costantemente più alta per il genere maschile, con una differenza di 7.922 euro (26.227 euro per gli uomini contro 18.305 euro per le donne). Con riferimento a tale settore privato, si segnala che la Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 ha tra gli obiettivi
quello di ridurre il gender pay gap nel settore privato dal 17 al 10 %.

Dal punto di vista delle caratteristiche del lavoro svolto, la bassa partecipazione al lavoro delle donne è determinata da diversi fattori, come l’occupazione ridotta, in larga parte precaria, in settori a bassa remuneratività o poco strategici e una netta prevalenza del part time, che riguarda poco meno del 49 per cento delle donne occupate (contro il 26,2 per cento degli uomini).

Tra le principali misure attuate dal governo per incentivare l’occupazione femminile – evidenzia il rapporto – figurano la previsione di esoneri contributivi in favore dei datori di lavoro che assumono donne, anche in particolari condizioni di svantaggio, la realizzazione di azioni positive finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita con quelli di lavoro, attraverso la tutela della maternità, della paternità, l’assistenza ai soggetti disabili. Altre misure riguardano più strettamente il mondo del lavoro, quali quelle in tema di lavoro agile e di trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale; da ultimo, si segnala il Codice di autodisciplina delle imprese.

Il documento dà, infine, conto delle misure per la parità di genere previste nel PNRR, sia di quelle dirette, quali la certificazione di parità di genere e la promozione della creazione di imprese femminili, sia di quelle trasversali, quali, da un lato, la promozione dell’accesso da parte delle donne all’acquisizione di competenze STEM, e dall’altro, il rafforzamento dei servizi di prossimità e di supporto all’assistenza domiciliare e il potenziamento dei servizi per l’infanzia. (Teleborsa) 

 

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