Il ricatto della lobby dei farmaci generici: più soldi o ne avrete meno
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CronacaPrimo piano Gio 29 settembre 2022

Il ricatto della lobby dei farmaci generici: alzateci i prezzi o avrete meno medicine

La richiesta della lobby che rappresenta i produttori di farmaci generici, cioè il 70% dei farmaci utilizzati nel vecchio continente. Il ricatto della lobby dei farmaci generici: alzateci i prezzi o avrete meno medicine
Alessandro Giorgiutti
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Alessandro Giorgiutti

Nato a Udine nel 1978, ha lavorato vari anni a Libero con una breve parentesi al Giornale.

La lobby dei farmaci generici

Quando il governo indiano di Narendra Modi, nel marzo del 2020, limitò l’esportazione dei principi attivi usati per la produzione dei farmaci allora più richiesti contro il coronavirus, in Europa si pose il tema della “sovranità farmaceutica”. Una delle lezioni del Covid – si disse allora – sarebbe stata la consapevolezza di dover aumentare la produzione farmaceutica del continente, riducendo la dipendenza dall’Asia, da dove proveniva oltre il 70% delle forniture. Un obiettivo che rischia di essere compromesso in seguito all’impennata dei prezzi dell’energia.

A lanciare l’allarme è stata Medicines for Europe, la lobby che rappresenta i produttori di farmaci generici, cioè il 70% dei farmaci utilizzati nel vecchio continente. In una lettera aperta inviata ai ministri dell’energia e della salute della Ue e ad alcuni commissari europei, la presidente dell’associazione, Elisabeth Stampa, ha paventato una possibile riduzione della produzione a causa di un aumento dei costi ormai «insostenibile» e di una regolamentazione dei prezzi giudicata troppo rigida.

Per le aziende del settore, i costi delle materie prime hanno subito rialzi tra il 50 e il 160%, i costi di trasporto fino al 500% e i costi dell’elettricità «in alcuni stabilimenti sono aumentati di dieci volte», rendendo di fatto impossibile «competere con la Cina, dove i prezzi dell’energia industriale sono controllati».

La concorrenza

Nella sua qualità di amministratore delegato di Medichem, azienda farmaceutica con sede in Catalogna, la Stampa ha stimato che «a causa dell’impatto diretto e indiretto dell’aumento dei costi energetici potremmo sospendere la produzione di forse tre, forse cinque prodotti». Se così fosse, i clienti avrebbero da sei a dodici mesi per trovare un fornitore alternativo.

«Qualsiasi interruzione della produzione, anche temporanea, avrebbe effetti negativi sulla fornitura di farmaci ai pazienti e richiederebbe uno sforzo significativo e lunghi ritardi per riprendere le attività», sottolinea Medicines for Europe. «Molti farmaci (ad esempio medicinali sterili, biologici e antibiotici) sono prodotti attraverso complessi processi di riscaldamento e raffreddamento altamente specializzati per la loro produzione e consegna a ospedali e cliniche, o richiedono processi ad alta intensità energetica per la produzione di ingredienti attivi o formulazioni. Ciò richiede una fornitura continua di energia a prezzi accessibili».

Le richieste

L’associazione chiede a governi europei e Commissione che le aziende del settore, indipendentemente dalla loro dimensione, possano beneficiare degli interventi taglia-bollette pensati per le pmi; che siano esentate dall’obbligo di razionare i consumi di gas; e che possano beneficiare di aiuti di Stato. Qualche riga della lettera aperta è dedicata anche alla regolamentazione dei prezzi. «Tutti i nostri fornitori stanno aumentando i loro costi, il nostro settore non può adeguare i prezzi dei propri prodotti».

In particolare, si sottolinea che la maggior parte dei paesi Ue «applica ulteriori misure di riduzione dei prezzi ai nostri farmaci sotto forma di congelamento dei prezzi, misure di clawback, sconti obbligatori, contratti di sconto e riduzioni di prezzo non negoziabili». La conclusione è che la «combinazione di inflazione dei costi e politiche di controllo dei prezzi minaccia la disponibilità dei farmaci e rende insostenibile la produzione dell’Ue». Ad approfittarne potrebbe essere proprio l’India, il più grande produttore mondiale di farmaci generici, oltre che la Cina, da cui peraltro la stessa Nuova Delhi importa la grande maggioranza dei principi attivi che utilizza.

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