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ApprofondimentiMercati Lun 18 marzo 2024

Piazza Affari da record nel 2023 ma non riesce ad attrarre investitori

Nonostante l’introduzione dei Pir nel 2017, il mercato non ha attratto investitori, forse subendo anche la concorrenza dei titoli di Stato. Piazza Affari da record nel 2023 ma non riesce ad attrarre investitori
Maddalena Camera
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Maddalena Camera

Nel 2023, la Borsa di Milano è stata uno dei migliori listini del mondo, con l’indice Morningstar Italy che ha segnato un +31,8%, contro il +17,41% dell’indice globale (in euro) o il +18,39% dell’Eurozona, ma gli investitori hanno perso il rialzo. Infatti, secondo le stime di Morningstar, dai fondi azionari Italia sono usciti quasi 1,4 miliardi di euro. Nell’ultimo decennio, ci sono stati solo quattro anni di raccolta netta positiva. “Il mercato italiano sembra essere poco sexy -ha detto Francesco Paganelli, senior manager research analyst di Morningstar- Nonostante l’introduzione dei Pir (Piani individuali di risparmio) nel 2017, che avevano l’obiettivo di aumentare gli investimenti nelle aziende quotate italiane, il mercato non ha attratto investitori, forse subendo anche la concorrenza dei titoli di Stato, che negli ultimi anni sono tornati a dare rendimenti interessanti”.

Troppi delisting: dal 2007 è sceso il valore giornaliero degli scambi

Il listino azionario italiano regolamentato presenta oggi un rapporto capitalizzazione su Pil inferiore rispetto a quello precedente la crisi finanziaria del 2008-2009, si legge in una recente ricerca di Intermonte e del Politecnico di Milano. Il problema è che  tanti delisting hanno causato un’importante perdita di capitalizzazione e il valore giornaliero degli scambi nel 2023 è crollato a 2,27 miliardi di euro (erano 6,2 miliardi nel 2007).

Nel 2023 persi 2,3 miliardi e da inizio anno già cinque aziende hanno lasciato il listino

Il numero di società quotate continua a scendere e – secondo il rapporto – “negli ultimi 15 anni si sono persi diversi miliardi nei frequenti delisting”. Solo nel 2023 ne sono evaporati 2,3. E da inizio anno hanno già lasciato il listino cinque aziende importanti. Cnh, Tod’s, Saras, Pierrel e Renergetica. Esiste, inoltre, un problema di concentrazione degli scambi, che però non riguarda solo Piazza Affari, basti pensare al ruolo dei magnifici sette a Wall Street. In Italia, negli ultimi sei anni, le cosiddette blue chips sono arrivate a rappresentare l’89,9% (nel 2022), nonostante il debutto di molte small cap, che rappresentano il tessuto produttivo del Belpaese.

I tre quarti della performance borsistica generata da soli 5 titoli

L’anno scorso, i tre quarti della performance sono stati generati da cinque titoli: Unicredit, Intesa Sanpaolo, Stellantis, Ferrari ed Enel. I fondi di investimento italiani mostrano una presenza sostanzialmente stabile nel segmento delle large cap (8% degli investitori istituzionali nel 2023), percentuale inferiore a quella di altri paesi come la Francia e la Germania (rispettivamente 25 e 26%). Sono invece più attivi nelle small e mid cap, grazie in particolare allo sviluppo dei Pir. La ricerca di Intermonte e Politecnico di Milano rivela anche che negli ultimi due anni Piazza Affari ha avuto difficoltà ad attrarre investitori internazionali, con l’unica eccezione delle mid cap. Inoltre, è cresciuto il ruolo degli ETF (Exchange traded fund) e dei fondi passivi, che fino al 2007 era del tutto marginale. “Sul FTSE MIB hanno raggiunto il 26% del totale, sulle mid e small Cap rappresentano rispettivamente il 16% e il 10%”, si legge nel report.

Gli investitori istituzionali sono importanti: spronano al miglioramento

“Il listino azionario italiano è purtroppo caratterizzato da alcuni limiti evidenti: la mancanza di una base consistente di investitori residenti, la storica dipendenza delle imprese dal sistema bancario che riduce la domanda di capitali da altre fonti di finanziamento come le Ipo (offerte pubbliche iniziali) e una generale difficoltà nell’attrarre investitori- ha detto Guglielmo Manetti, amministratore delegato di Intermonte- gli investitori istituzionali sono importanti perchè  apportano liquidità, sono investitori ‘stabili’ e svolgono un ruolo di monitoraggio nei confronti delle imprese partecipate, spronandole a migliorare i propri risultati finanziari e non finanziari”.

Per essere competitivi bisogna incoraggiare le performance di sistema

L’esigenza di favorire lo sviluppo del mercato dei capitali è sotto gli occhi di tutti. Nel 2023, l’Italia è stata al penultimo posto in Europa per numero di Ipo, dietro a paesi come la Francia, la Germania e la Svizzera, secondo l’Osservatorio sui mercati dei capitali di Equita e Università Bocconi. “La spinta normativa è un primo importante passo, ma da solo non basta- ha spiegato Andrea Vismara ad di Equita- Per essere davvero competitivi è fondamentale incoraggiare e sostenere iniziative di sistema, che risolvano, o almeno affrontino seriamente, il tema della mancanza di investitori specializzati in società a media capitalizzazione”.

 

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