S&P vede nero per l'Europa, recessione e Italia in rosso nel 2023
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Economia Lun 17 ottobre 2022

S&P vede nero per l'Europa, recessione e Italia in rosso nel 2023

Ad unirsi al coro delle preoccupazioni è arrivata l’agenzia di rating S&P che ha diffuso uno studio in cui accentua il pessimismo. S&P vede nero per l'Europa, recessione e Italia in rosso nel 2023
Fabio Pavesi
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Fabio Pavesi

Le previsioni di Standard & Poor’s

Non sarà solo l’inverno del nostro scontento, tra bollette dell’energia alle stelle e carovita generalizzato, ma ormai è sempre più scontato che il mondo, con l’Europa in testa, vivrà l’intero 2023 all’ombra della recessione. I segnali vengono da più di un osservatorio economico. Il Fondo monetario internazionale, nelle sue analisi pubblicate pochi giorni fa, dà l’economia globale in quasi sicura recessione per l’anno prossimo.

Il dato dell’inflazione americana, uscito l’altro ieri, che non accenna a diminuire, fa propendere per una tornata sempre più aggressiva di rialzi dei tassi da parte della Fed. E in Europa il conflitto ormai permanente tra Russia e Ucraina, unito alla crisi dei prezzi folli del gas e a probabili razionamenti induce a pensare che la recessione sia inevitabile e anche la più profonda in giro per il mondo. Ad unirsi al coro delle preoccupazioni è arrivata l’agenzia di rating S&P che ha diffuso uno studio in cui accentua il pessimismo sulle sue precedenti stime, già negative. Gli analisti dell’agenzia Usa hanno ipotizzato uno nuovo scenario di downside delle loro previsioni a cui assegnano una probabilità di uno a tre che si avveri.

Lo scenario pessimista sull’Europa

E lo scenario “pessimista” parte da alcune considerazioni di puro buon senso. Il dato così resiliente dell’inflazione americana che, dopo il dato diffuso l’altro ieri, mostra un sempre più difficile rientro, chiama ulteriori forti rialzi dei tassi Usa, dopo la stretta già avviata. Le banche centrali europea e inglese non potranno stare alla finestra, finendo per seguire la strada intrapresa da Powell. Con un’aggravante, dice S&P. Che il forte apprezzamento del dollaro sull’euro e la sterlina causa a sua volta inflazione importata che finisce per rendere ancora più difficile lo sforzo di Bce e Boe per domare la spirale inflazionistica.

In più l’Europa rispetto agli Usa pagherà molto cara la crisi energetica e il perdurare del conflitto russo-ucraino. Elementi aggiuntivi che fanno dire agli analisti di S&P che l’Eurozona potrebbe vedere una contrazione del Pil dell’1,3% nel corso dell’intero 2023. Una stima assai peggiore di quella formulata nei report precedenti. A soffrire di più la Germania con un calo del Pil atteso del 3,4%. A seguire l’altro paese che rischia la recessione più dura, l’Italia con una contrazione dell’1,5%. In rosso sulla decrescita dell’economia reale anche Gran Bretagna (-0,8%) e Francia (-0,7%). Si salverebbe solo la Spagna, in virtù del minor impatto della crisi energetica con un Pil in lieve progresso dello 0,7%.

Anche per gli Stati Uniti la recessione per S&P è cosa fatta nello scenario pessimistico, ma molto meno accentuata che in Europa con un calo del Pil che non dovrebbe superare lo 0,3% e con un incremento del tasso di disoccupazione al 4,8% l’anno prossimo. S&P è anche particolarmente pessimista sul rientro della fiammata inflazionistica, in particolare in Europa. L’Eurozona potrebbe vedere il tasso d’inflazione al 7,8% per l’intero 2023, con la Germania che arriverebbe a sfiorare il 12%. Anche il resto del mondo sarà contagiato dagli effetti della frenata dell’economia con l’Estremo Oriente e l’Asia in generale che manterranno segno positivo nella crescita ma fortemente ridimensionato rispetto al passato. La Cina si dovrà accontentare di una crescita di solo il 4,4%, ben lontani dalla traiettoria storica che vedeva il Pil crescere a tassi sopra il 6-7% l’anno. Queste le previsioni nello scenario più fosco dell’agenzia Usa.

L’esito della guerra

Che vede per il 2024 un recupero dalla frenata recessiva e il ritorno a una crescita positiva sia in Usa che in Europa. Ma ovviamente previsioni a lunga sono meno affidabili, dati i tanti fattori esogeni che contraddistinguono questa crisi. Primo fra tutti l’esito del conflitto che resta la variabile chiave e che si trascina con sé il tema della crisi energetica. E poi queste sono previsioni che si limitano all’economia reale e alla politica dei tassi.

Manca un’altra variabile che può inficiare le speranze di una discesa rapida dell’inflazione, uno stop al rialzo dei tassi e la fuoriuscita nel 2024 dalla recessione. Quella di una possibile crisi finanziaria che coinvolga il settore dei prestiti a leva e dei fondi che investono in obbligazioni hi yield, o anche dei fondi pensione anglosassoni su cui il rialzo dei tassi può scatenare fallimenti e crisi di liquidità. Una variabile che non si può escludere.

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