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ApprofondimentiGoverno Mer 29 novembre 2023

Manovra, scontro governo-sindacati sulle pensioni. L'esecutivo vuole tutelare i giovani

Dall'incontro con i sindacati emerge il braccio di ferro sul tema pensioni in manovra. Ancora da sciogliere i nodi sul comparto sanità Manovra, scontro governo-sindacati sulle pensioni. L'esecutivo vuole tutelare i giovani
Redazione Verità&Affari
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Il cantiere della manovra procede a ritmo serrato. L’incontro con i sindacati è stata una nuova tappa fondamentale per il governo di Giorgia Meloni. L’esecutivo ha spiegato che rivedrà la norma, contenuta nella legge di bilancio, che taglia le aliquote di rendimento delle pensioni di diverse categorie di dipendenti pubblici ovvero medici, infermieri, dipendenti di enti locali, maestri d’asilo e ufficiali giudiziari. 

Per l’esecutivo, il punto fondamentale è che se non si aumenta la base contributiva si può fare poco. “Comprendo i diritti acquisiti su alcune pensioni che vengono calcolate in un certo modo, ma dobbiamo stare attenti, perché se si assicurano delle condizioni troppo vantaggiose scarichiamo i costi sulle future generazioni” avrebbe detto la Meloni durante l’incontro. 

Bruxelles limita il campo d’azione

La premier ha poi evidenziato come alle condizioni date e considerati i vincoli esistenti, l’esecutivo ha fatto il massimo sforzo possibile sia per finanziare i contratti del pubblico impiego sia per confermare nel 2024 il taglio del cuneo contributivo e le misure a sostegno della famiglia. Detta in altri termini, più di questo non si poteva fare.

Una cospicua parte della riunione con i sindacati è stata poi occupata dalla discussione sul Pnrr e in particolare sulla revisione del Piano approvata dalla Commissione europea. A giorni dovrebbe arrivare l’ultima rata, come ha confermato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Quanto al Sud, Meloni avrebbe parlato della possibilità che l’intero Mezzogiorno diventi Zona economica speciale.

Continua il braccio di ferro sulle pensioni

Non avranno penalizzazioni le pensioni di vecchiaia non solo per il comparto sanità, ma per tutti. Quanto a medici, infermieri e al comparto sanitario il governo sta definendo “un ulteriore meccanismo di tutela in modo da ridurre la penalizzazione all’approssimarsi all’età della pensione di vecchiaia” come ha chiarito la Meloni nel tavolo con i sindacati. L’esecutivo, ha garantito Meloni, è al lavoro per “risolvere e correggere”, modificando la misura “nel migliore dei modi”.

Tuttavia, la premier ha evidenziato come la pensione dei giovani sia “un problema enorme”. Per questo l’esecutivo ha voluto una norma “giusta” a favore delle generazioni più giovani. “Il gioco di scaricare tutto il costo delle pensioni sulle generazioni che arrivano dopo non lo abbiamo fatto noi – ha aggiunto la premier -, certo è più redditizio sul piano del consenso occuparsi di chi è qui e ora, ma il costo è stato scaricato su chi non si poteva difendere e non era consapevole di quello che stava accadendo”.

C’è però chi vede il bicchiere mezzo vuoto

Sulle pensioni “il governo ha confermato in sostanza che intende intervenire e fare cassa. Siamo di fronte ad un provvedimento che introduce il concetto che si può intervenire anche retroattivamente e mantiene un profilo di incostituzionalità oltre che di gravità” ha dichiarato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, dopo l’incontro a Palazzo Chigi.

Intanto, dal prossimo gennaio pensioni un po’ più pesanti, anche se non allo stesso modo per tutti. Il governo ha fissato per il prossimo anno l’adeguamento all’inflazione al 5,4%. Ma in forza del meccanismo a fasce che garantisce la perequazione piena solo agli assegni fino a circa 2.200 euro, gli aumenti saranno diversificati, fino ad un massimo di 130 euro nelle fasce in cui si concentra la maggior parte dei pensionati.

Le misure per le donne

Mentre nel Paese s’infiamma la polemica sul patriarcato, il governo ha intanto confermato la volontà di aiutare le donne alla ricerca di lavoro. A gennaio debutterà a gennaio la nuova decontribuzione prevista per le lavoratrici con almeno due figli. Se la Legge di Bilancio non subirà modifiche, per le lavoratrici madri con tre o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (escluso il lavoro domestico), per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026, è infatti previsto un esonero del 100% della quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore fino al mese di compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, nel limite massimo annuo di 3mila euro riparametrato su base mensile.

Per le lavoratrici madri con due figli, in via sperimentale, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, è previsto lo stesso sgravio ma fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo. Pertanto, la misura è valida per il triennio 2024-26 in favore delle madri con tre o più figli di cui almeno uno minorenne e, per il solo 2024, anche per le madri con due figli di cui almeno uno di età inferiore ai dieci anni. La misura è applicabile a tutte le lavoratrici con contratti a tempo indeterminato, indipendentemente dal livello della retribuzione. Per redditi fino a 35mila l’intervento andrà di pari passo con il taglio del cuneo.

Nella relazione tecnica alla legge di Bilancio 2024 è indicato che le lavoratrici madri del settore privato con almeno tre figli – di cui uno sotto i 18 anni – sono circa 111mila. Le addette con due figli, di cui uno sotto i 10 anni, sono invece circa 571mila. Per quanto riguarda le lavoratrici dipendenti del settore pubblico la stima ufficiosa è che siano, per numerosità, pari a circa un quarto delle dipendenti private (ci si dovrebbe attestare a un quinto, ma il settore pubblico tipicamente registra più elevati tassi di occupazione femminile).  

 

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