Superbonus, Poste riapre con la cessione del credito. I nodi irrisolti del 110%
La detrazione del superbonus 110% per i lavori eseguiti su immobili unifamiliari o funzionalmente indipendenti. Superbonusll Superbonus non trova pace anche se in agosto è arrivata una modifica favorevole ai contribuenti: la proroga dal 30 settembre al 31 dicembre 2023 del termine per fruire della detrazione del 110% per i lavori eseguiti su immobili unifamiliari o funzionalmente indipendenti. Dal primo gennaio 2024 la detrazione scende al 70%. Ma molti cantieri, specie dei condomini, sono in ritardo e non riusciranno a completare i lavori entro il 31 dicembre.
E quindi i proprietari rischiano di ritrovarsi un conto salato e non previsto da pagare. Per questo il governo pensa a una proroga anche per i condomini con la richiesta di certificare l’avanzamento dei lavori almeno al 60%. Mentre verrebbero esclusi quelli che non hanno ancora cominciato i lavori. La misura, che fa venire il mal di pancia al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, sarebbe costata allo Stato 146 miliardi di euro di crediti ceduti. Il condizionale è d’obbligo, perché da questa cifra bisogna comunque detrarre tutta l’iva incassata dallo stato sui materiali edili impiegati nelle opere e, ovviamente, anche le tasse che le imprese, dato che il Superbonus richiedeva regolari fatture, hanno dovuto pagare sui lavori fatti.
La cessione del credito
Una misura contestata e contestabile, che ha avuto un’importante acceleratore nella cessione del credito fiscale di chi commissionava i lavori alle banche ma anche alle stesse imprese edili. Ed è proprio questa cessione ad aver significato un aumento, di almeno il 30%, del credito fiscale ceduto rispetto al vero costo dei lavori. E dunque le imprese edili, che hanno operato il cosiddetto sconto in fattura sul Superbonus 110% e su quello al 90% per le facciate, hanno davvero straguadagnato. Ora la cessione dei crediti è praticamente ferma. Solo Poste ha annunciato una timida riapertura nel prossimo ottobre ma solo per i reali cessionari del credito, non per le imprese dunque, e per un importo massimo di 50mila euro.
Certo è che il rimborso dei crediti di imposta sarà effettuato a prezzi ben lontani da quelli che si potevano strappare solo un paio di anni fa. Infatti il rimborso dei crediti 110% a 105, ma anche al 100%, è solo un ricordo. Dato che i crediti vengono ormai acquistati riconoscendo circa 85% dei costi fatturati (quindi circa 94 euro ogni 110 di credito fiscale) quando a cedere è il committente dei lavori. Quanto alle banche anche colossi come Banca Intesa e Unicrediti non hanno ancora davvero ripreso ad acquistare i crediti fiscali.
Cosa fanno le banche
Ossia l’acquisto è condizionato solo quando alla possibilità di cederli a terzi dato che gli istituti di credito hanno dichiarato più volte di aver finito lo spazio fiscale a disposizione. L’operazione avviene nel seguente modo: la banca che ha comprato a 94 il credito fiscale potrà usufruire direttamente del rimborso del 110% in quattro anni o cedere, al prezzo che ritiene opportuno, a un cliente professionale che potrà a sua volta scaricare al 110% la quota del credito originario acquistato.
Tra le promesse fatte c’era anche quella di poter cedere crediti fiscali a partire da settembre alla piattaforma EnelX, annunciata il 27 marzo scorso nell’ambito della conversione in legge del decreto cessioni, ed era stata pensata ad hoc per assorbire le cessioni incagliate. EnelX aveva riattivato in maniera graduale l’acquisto dei crediti fiscali da chi in precedenza aveva sottoscritto contratti nel rispetto della normativa. Ma ora non accetta più nuovi contratti vista la difficoltà di trovare partner bancari.
EnelX è infatti in attesa di una licenza bancaria, che al momento non arriva, perché manca l’ok da parte di Banca d’Italia. Secondo una stima Ance (Associazione nazionale costruttori edili) relativa alla fine di maggio 2023, i crediti incagliati valevano più di 30 miliardi di euro. Ance aveva calcolato 180mila interventi bloccati sul territorio, fra condomini e villette.