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ApprofondimentiInvestimenti Lun 27 novembre 2023

Becker (Capital group): "La recessione ancora non c'è, ma non cantiamo vittoria"

Per il direttore investimenti di Capital group nel 2024 l'inflazione dovrebbe avvicinarsi al 3%. Scenario positivo per il reddito fisso, Becker (Capital group): "La recessione ancora non c'è, ma non cantiamo vittoria"
Gianluca Baldini
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Gianluca Baldini

La recessione non è ancora arrivata, ma il rischio non è ancora scongiurato del tutto. Verità e Affari ne ha parlato con Peter Becker, direttore investimenti di Capital Group.

Perché la recessione non è arrivata?
“Finora, i mercati sviluppati hanno evitato una recessione, ma il rischio che si manifesti non è ancora escluso. Il contesto macroeconomico attuale è decisamente peculiare. Raramente, se non mai, si è venuta a creare una combinazione così singolare di pandemia globale, tecnologie rivoluzionarie, aumento del rischio geopolitico e cambiamenti strutturali nel mercato del lavoro. Questo insieme unico di circostanze potrebbe aiutare a spiegare il motivo per cui il ciclo economico si è discostato dai pattern tradizionali. Forse gli Stati Uniti hanno evitato una recessione sincronizzata, ma hanno registrato piccole crisi l’una dopo l’altra. È possibile che non si sia manifestata una tradizionale recessione economica ampia e sincronizzata, quanto piuttosto una serie di recessioni consecutive a livello settoriale”.

Il mercato del lavoro come si è comportato?
“Il mercato del lavoro è rimasto resiliente e sta contribuendo alla crescita della spesa al consumo. Vale la pena ricordare che la spesa al consumo è un fattore chiave nella crescita economica statunitense, e rappresenta circa il 70% del Pil. Finché le persone hanno un lavoro e spendono, l’economia americana non avrà alcun problema. In questo ciclo il tasso di disoccupazione rimane estremamente basso. Le aziende hanno ancora difficoltà a trovare candidati qualificati e si tengono stretti i loro dipendenti oppure ne cercano di nuovi. Nonostante la resilienza del mercato del lavoro e dell’economia nell’ultimo anno, non ci riteniamo ancora del tutto al sicuro. La possibilità di una recessione è ancora piuttosto concreta”.

Come reagiranno le banche centrali?
“Le dinamiche dell’inflazione saranno probabilmente il fattore chiave che detterà la reazione delle banche centrali nel prossimo futuro. Nell’ultimo anno l’inflazione ha evidenziato un rallentamento, ed è plausibile che il prossimo anno tornerà ad avvicinarsi al 3%. L’inflazione primaria è in calo già da qualche tempo e l’inflazione inerziale inizia a muoversi sulla stessa traiettoria. Anche se l’inflazione è in discesa, così come la componente dei servizi core, c’è il rischio che il ritmo della disinflazione che abbiamo visto nel 2023 possa calare”.

E gli sviluppi dell’inflazione, che ruolo hanno?
“Nonostante i segnali incoraggianti nell’inflazione inerziale, la stessa rimane vischiosa e superiore al tasso target delle banche centrali. Il motivo potrebbero essere fattori strutturali come l’aumento del rischio geopolitico, il rallentamento della globalizzazione e una forza lavoro potenzialmente reclutata sul mercato domestico a un costo superiore rispetto ai decenni scorsi, quando i lavoratori erano delocalizzati in luoghi in cui la manodopera era più economica. Tutto questo potrebbe rendere più complicato ridurre stabilmente l’inflazione al 2%. La crescita dei salari nominali è ancora solida nei mercati sviluppati e rimane ben superiore ai trend pre-Covid. Nonostante questo, a causa della forte crescita dei salari e dell’importanza della credibilità delle banche centrali nel definire le aspettative sull’inflazione, i tassi potrebbero rimanere elevati più a lungo. L’elemento più importante sotto il profilo della politica monetaria è che il rallentamento dell’inflazione significa che le banche centrali potrebbero essere vicine, o aver già raggiunto, il picco dei tassi. Oggi dobbiamo chiederci non tanto di quanto la Fed alzerà ancora i tassi, ma per quanto a lungo li manterrà ai livelli attuali”.

Quali sono le conseguenze per i mercati obbligazionari?
“Nel complesso, il contesto rimane favorevole per il reddito fisso; sia lo scenario del soft landing che quello della recessione sarebbero in generale positivi per l’asset class. Soft landing. Se le banche centrali centreranno il soft landing, significa che la politica era stata fissata al livello corretto. I tassi potrebbero quindi rimanere elevati e gli investitori obbligazionari continueranno a beneficiare di un buon livello di carry. Questo dovrebbe aiutare a compensare i periodi di volatilità e supportare i rendimenti totali. Recessione. Le condizioni finanziarie più rigide, l’impatto dei tassi più alti più a lungo, i segnali eterogenei sul fronte dei consumi e le continue incertezze sulla situazione delle banche regionali americane e dell’immobiliare commerciale fanno sì che la recessione rimanga un rischio concreto. Tuttavia, in uno scenario di recessione, gli obbligazionisti continuerebbero a beneficiare di un carry iniziale elevato e della potenziale decisione delle banche centrali di tagliare i tassi di interesse al fine di stimolare la crescita economica. Una decisione del genere favorirebbe le obbligazioni, in particolare la componente di qualità elevata del mercato”.

Questo articolo è stato redatto a solo scopo informativo, non costituisce attività di consulenza né sollecitazione ad acquistare o vendere strumenti finanziari. Le informazioni riportate sono di pubblico dominio, ma possono essere suscettibili di variazioni in qualsiasi momento dopo la pubblicazione. Si declina pertanto ogni responsabilità e si ricorda che qualunque operazione finanziaria viene fatta a proprio esclusivo rischio.
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