Stipendi, per il 60% dei lavoratori insufficienti contro l'inflazione
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LavoroPrimo piano Lun 14 agosto 2023

Stipendi, per il 60% dei lavoratori insufficienti contro l'inflazione

Dalla ricerca Global Workforce of The Future emerge come la maggior parte dei lavoratori non sia soddisfatta del salario Stipendi, per il 60% dei lavoratori insufficienti contro l'inflazione
Redazione Verità&Affari
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Redazione Verità&Affari

Per il 61% dei lavoratori l’attuale stipendio non è sufficiente per far fronte ai rincari dell’inflazione. È quanto è emerso da una ricerca Global Workforce of The Future. Il 46% ha dichiarato di aver scelto il proprio attuale lavoro in base allo stipendio e ai benefit offerti. In relazione alla possibilità di fissare una paga minima per legge, da una survey del Gruppo Adecco è emerso inoltre che più di 8 intervistati su 10 si dichiarano favorevoli all’introduzione del salario minimo.

In particolar modo, il 79% lo considera uno strumento per garantire maggiore equità e il 9% si dichiara favorevole purché sia al contempo incentivata la produttività delle aziende. Il 5% rimane più scettico, evidenziando che il tema deve entrare nella contrattazione collettiva attraverso una trattativa con i sindacati. Contrario invece il 7% per cui il tema non rappresenta una priorità per il Paese.

Dopo l’incontro della scorsa settimana tra il governo e le opposizione, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha affidato al Cnel di Renato Brunetta il compito di elaborare nei prossimi 60 giorni una proposta da sottoporre al giudizio del Parlamento.

All’interno di una memoria consegnata dallo stesso Brunetta in commissione Lavoro alla Camera però non c’è alcun riferimento al minimo legale. Anzi, si sottolinea la necessità di non limitarsi alla questione “salario minimo sì o salario minimo no”, ma “affrontare, a monte, i problemi che ostacolano la crescita dei salari dei lavoratori, tra cui i ritardi nei rinnovi contrattuali aggravati dalla crescita del costo della vita e dall’elevato cuneo fiscale, dall’impatto della precarietà, del part-time involontario e del ‘lavoro povero’. Il documento sottolinea infatti che quasi la totalità dei contratti si trova già al di sopra della soglia di 7-9 euro, prevista come minimo legale dalle recenti proposte di legge.

Secondo il presidente del Cnel il nodo da affrontare è infatti quello della bassa produttività, fattore spesso indicato come responsabile della scarsa se non nulla crescita dei salari in Italia. Ma si parla anche di “riforma fiscale” in favore dei salari bassi e di rilanciare la connessione tra salari e andamento di impresa. Tra le forme di decontribuzione immaginate da Brunetta vengono ipotizzate “forme di partecipazione dei lavoratori, con una più forte legislazione fiscale di sostegno, a partire dalle soluzioni di profit sharing”. Una sorta di distribuzione ai lavoratori degli utili d’impresa.

(Teleborsa) 

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