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La storia di Unicredit

Unicredit è la seconda banca italiana con circa 2.118 sportelli nel nostro Paese e 86 mila dipendenti. È anche la più internazionale considerando che meno della metà dell’occupazione (34.887 persone) si sviluppa in Italia. Segue la Germania con 14,036 dipendenti e poi il resto distribuito in 18 Paesi.
La diversificazione geografica è figlia delle tante fusioni che hanno portato il Credito Italiano, fondato a Genova nel 1870 con capitale francese, nell’Unicredit di oggi che, in base ai dati del primo trimestre presenta ricavi per 4,8 miliardi e un utile netto di 1,2 miliardi.

La crescita della banca e l’Opa

Il salto di qualità nel 2005 quando il gruppo italiano annuncia l’Opa sulla banca tedesca Hvb. L’operazione alla lunga si sarebbe dimostrata troppo onerosa, mettendo le basi per la crisi successiva. Con questa acquisizione la banca italiana diventa una delle più importanti presenze creditizie in Germania, Austria e in tutto l’Est europeo.
Due anni dopo c’è la fusione con Capitalia, a sua volta derivazione della Banca di Roma. Un’operazione cui l’amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo, considerato in quel momento l’enfant prodige del credito in Italia, prova a opporsi. Si scontra con la determinazione di Banca d’Italia e del governo, preoccupati per la stabilità del sistema considerato il carico di sofferenze che gravava sul gruppo romano. Buona parte dei problemi venivano dall’assorbimento del Banco di Sicilia. La fusione non fu priva di qualche risvolto umoristico. Profumo impose l’utilizzo dell’inglese come lingua da utilizzare per le comunicazioni interne del gruppo. Facile immaginare lo sbigottimento dei funzionari, nelle agenzie di periferia, nel vedersi arrivare via mail disposizioni di cui non capivano il significato.

Gli anni di Profumo in Unicredit

Profumo resta alla guida della banca fino al 2010 quando viene sfiduciato dal consiglio d’amministrazione. Incidono la crisi finanziaria innescata dal crollo di Leheman, il peso dei crediti inesigibili ereditati con le fusioni degli ultimi anni e un uso fin troppo disinvolto dei contratti derivati venduti a controparti non adeguate. Fatale l’ultimo tentativo dell’amministratore delegato di cercare la sponda con i soci libici. Gli succede Federico Ghizzoni, capo delle operazioni dell’est europeo.

Gli aumenti di capitale

Nel frattempo è partita la raffica di aumenti di capitale che tra il 2009 e il 2017 costringeranno il mercato a finanziare la banca con quattro aumenti di capitale. Lo sforzo più importante viene fatto da Jean Pierre Mustier che nel 2016 aveva preso il posto di Ghizzoni. Il manager francese vara il più grande aumento di capitale della storia della Borsa di Milano: un’operazione da 13 miliardi cui si aggiungono vendite di attività importanti come Banca Pekao in Polonia, Fineco e Pioneer (risparmio gestito).
Complessivamente Mustier realizza incassi per 18 miliardi che si aggiungono ai 14 miliardi dei precedenti aumenti i capitale. A febbraio 2021 anche Mustier viene sfiduciato dal consiglio d’amministrazione. Al suo posto Andrea Orcel cui viene richiesto, da parte del governo di trovare una soluzione per Mps. Dopo lunga trattativa Unicredit si ritira con grave malumore del governo.

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